Identikit del futuro papa: l’appello di duemila teologi cattolici
28 febbraio 13
(ve/adista) Sono arrivate a quasi 2mila le adesioni al documento lanciato da un gruppo di teologi cattolici di tutto il mondo nell’ottobre scorso, in occasione dei 50 anni dell’apertura del Concilio Vaticano II, che traccia l’identikit del futuro papa e le priorità del prossimo pontificato. Da Hans Küng a Leonardo …Boff, da Paul Knitter a mons. Calsaldáliga, da Peter Phan a Paul Collins, tutti i più grandi nomi della teologia cattolica compaiono in calce a un documento che torna prepotentemente di attualità in questi giorni precedenti il Conclave. Di seguito il testo integrale.
“Molti insegnamenti del Vaticano II non sono stati affatto, o solo parzialmente, tradotti in pratica. Questo è dovuto alla resistenza di certi ambienti, ma anche, in una certa misura, alla irrisolta ambiguità di alcuni documenti del Concilio.
Una delle principali cause della stagnazione odierna dipende dal fraintendimento e abuso nell’esercizio dell’autorità nella nostra Chiesa. In concreto le seguenti tematiche richiedono una urgente riformulazione.
Il ruolo del papato necessita di una chiara ri-definizione in linea con le intenzioni di Cristo. Come supremo pastore, elemento unificante e principale testimone di fede, il papa contribuisce in modo essenziale al bene della Chiesa universale. Ma la sua autorità non dovrebbe mai oscurare, diminuire o sopprimere l’autentica autorità che Cristo ha dato direttamente a tutti i membri del Popolo di Dio.
I vescovi sono vicari di Cristo e non vicari del papa. Essi hanno la diretta responsabilità del popolo delle loro diocesi, e una condivisa responsabilità con gli altri vescovi e con il papa, nell’ambito dell’universale comunità di fede.
Il sinodo centrale dei vescovi dovrebbe assumere un più decisivo ruolo nel pianificare e guidare il mantenimento e la crescita di fede nel nostro mondo così complesso.
Il Concilio Vaticano II ha prescritto collegialità e co-responsabilità a tutti i livelli. Questo non è stato messo in atto. I vari organismi presbiterali e consigli pastorali, previsti dal Concilio, dovrebbero coinvolgere i fedeli in modo più diretto nelle decisioni riguardanti la formulazione della dottrina, l’esercizio del ministero pastorale e l’evangelizzazione nell’ambito della società secolare.
L’abuso di coprire posti di guida nella Chiesa con soli candidati di una determinata mentalità è una scelta che dovrebbe essere sradicata. Al suo posto dovrebbero essere formulate e monitorate nuove norme che assicurino che le elezioni a queste cariche siano condotte in modo corretto, trasparente e il più possibile democratico.
La Curia romana ha bisogno di una riforma più radicale in linea con le istruzioni e la visione del Vaticano II. La Curia si dovrebbe limitare ai suoi utili ruoli amministrativi ed esecutivi.
La Congregazione per la Dottrina della Fede dovrebbe essere coadiuvata da commissioni internazionali di esperti, scelti indipendentemente per la loro competenza professionale.
Questi non sono tutti i cambiamenti necessari. Ci rendiamo anche conto che l’attuazione di queste revisioni strutturali necessitano una elaborazione dettagliata in linea con le possibilità e le limitazioni delle circostanze presenti e future. Sottolineiamo, però, che le riforme, sintetizzate qui sopra, sono urgenti e la loro attuazione dovrebbe partire immediatamente.
L’esercizio dell’autorità nella nostra Chiesa dovrebbe emulare gli standard di apertura, responsabilità e democrazia raggiunti nella società moderna. La leadership dovrebbe essere corretta e credibile; ispirata dall’umiltà e dal servizio; con una trasparente sollecitudine per il popolo invece di preoccuparsi delle regole e della disciplina; irradiare Cristo che ci rende liberi; prestare ascolto allo Spirito di Cristo che parla e agisce attraverso tutti e ciascuno”.
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Il protestantesimo italiano conta quasi meno di zero ma non è così per quello europeo dove c’è un dibattito vivo sul prossimo Conclave che si aprirà settimana prossima. Sono prospettive oggettivamente diverse da quelle valdesi, di una chiesa alpina. Cerchiamo di capirci qualcosa.
Interrogativi, perplessità e proposte concrete rivolte all’ipotetico successore di Benedetto XVI
(Daniel Marguerat)… Sua Santità, Lei è stato appena eletto dal santo conclave dei cardinali, e la fumata bianca uscita dalla Cappella Sistina ha annunciato al mondo: habemus papam. Addossarsi la carica politico-religiosa più pesante al mondo ispira un infinito rispetto. Permetta ad un protestante di condividere questo rispetto e di rivolgerle i propri voti, cioè i propri auguri. Infatti la storia mostra che protestanti e cattolici hanno destini profondamente legati; tornerò su questo punto.
I suoi predecessori sono stati un grande intellettuale (Paolo VI), un fine politico (Giovanni Paolo II), un teologo guardiano del dogma (Benedetto XVI). Lei che cosa sarà: un pastore? Un organizzatore? Uno spirituale? Comunque sia, una persona che abbia talenti di aggregatore è indispensabile ad una Chiesa cattolica tormentata come non mai.
Il gelo dell’ecumenismo ha deluso milioni di fedeli che si erano impegnati in progetti comuni con le altre Chiese e si trovano oggi respinti da giovani preti rigidi quanto il loro colletto romano. La teologia della liberazione, che aveva suscitato in America Latina un grande entusiasmo popolare è oggi esangue; affermare “l’opzione prioritaria di Dio per i poveri” evidentemente non è più d’attualità, né in Brasile né altrove. Lo scandalo dei preti pedofili ha scosso la fiducia dei fedeli nell’istituzione, non solo a causa dell’immoralità ma anche perché ha rivelato il persistente silenzio dei vescovi davanti a delitti che non ignoravano. Quanto alla penuria di preti, non è il caso di insistere.
Lei mi dirà, Santo Padre, che il quadro non deve essere reso più cupo di quanto non sia, che bisogna tener conto anche degli impressionanti raduni di folle attirate da Giovanni Paolo II. E che lo scisma degli integralisti di Écône stava per essere riassorbito. E che la comunità di Taizé, che tanti giovani attira, ormai fa professione di fede romana. Sarebbe certo ingiusto trascurare queste positività che giocano a favore dell’identità cattolica.
Ma, appunto, come deve essere affermata oggi l’identità cattolica? Giovanni Paolo II, suo brillante predecessore a cui lei sarà continuamente paragonato, ha applicato al mondo intero la visione polacca dell’affermazione religiosa, cioè il ripiegamento identitario. A lungo sottoposto all’ostilità comunista, il cattolicesimo polacco ha vissuto proprio del ripiegarsi sulla sua credenza fondamentale e del marcare le sue frontiere di fronte a un mondo esterno aggressivo. Di questa strategia faceva parte anche la dimostrazione di forza costituita dai raduni di folle. Bisogna certamente constatare che questa strategia è stata pagante, in particolare di fronte a un protestantesimo dal volto incerto e dalla diversità sconcertante.
Serrare le fila ha però un costo, che la Chiesa cattolica paga oggi a caro prezzo, e cioè con i tormenti che ho prima enumerato, tra i quali la fine degli slanci ecumenici ispirati da Paolo VI. Ora, per quanto possa parere paradossale, il destino dei protestanti e quello dei cattolici romani sono indissolubilmente legati. Più ancora: protestantesimo e cattolicesimo hanno bisogno l’uno dell’altro per esistere.
Ne dubita forse? Mi spiego. Forza e debolezza del protestantesimo e del cattolicesimo sono il rovescio l’una dell’altra. La forza protestante sta nel rispettare la sua pluralità, ma la sua fragilità genetica è un’incapacità ad esprimere e mettere in atto la sua unità. La forza del cattolicesimo romano risiede in un sentimento di appartenenza che lo unifica, ma non sa accogliere la sua diversità interna, che tende a rifiutare.
Protestanti e cattolici hanno quindi molto da imparare gli uni dagli altri, e solo una frequentazione regolare e rispettosa permette loro un arricchimento reciproco.
Arriverà il giorno in cui tutte le Chiese cristiane riconosceranno di essere insieme eredità di Cristo? Verrà il giorno in cui si riconosceranno compagne di un movimento religioso chiamato “cristianesimo”, senza che nessuna ne rivendichi per sé sola tutta la verità? Quando quel giorno sarà arrivato e si concepirà l’unità del cristianesimo in termini di pluralità e non più di uniformità, allora l’annuale “settimana di preghiera per l’unità dei cristiani” cesserà di essere un insipido ritornello.
Perché quel giorno la preghiera di Gesù affinché i suoi si riconoscano uniti nella loro diversità sarà finalmente salita fino al cuore delle gerarchie istituzionali.
Questo ci riconduce alla questione dell’identità. Le sarà chiesto di essere saldo. Ma come dire oggi l’identità cattolica all’interno del cristianesimo e, più ampiamente, l’identità cristiana all’interno delle religioni del mondo? Io mi auguro un papa che unisca l’affermazione identitaria forte allo spirito di apertura. Infatti, manifestare una identità aperta piuttosto che chiusa, un’identità che non esclude l’altro ma lo rispetta, che manifesta la sua differenza senza negare il valore dell’altro, non significa forse superare una posizione di paura? Perfino i partiti politici riconoscono, a seconda delle loro alleanze, di operare insieme per il bene comune…
Bisognerà anche farla finita un giorno con l’idea che i cristiani sono al 100% nella luce mentre i miliardi di adepti di altre religioni del mondo sarebbero al 100% nell’oscurità. Essere convinti che la propria religione è nel vero non equivale a negare alle altre credenze ogni accesso, anche se parziale, al divino.
C’è un’urgenza che la attende, Santo Padre: quella relativa al mondo economico. A partire dalle recenti crisi finanziarie, nei media imperversa il discorso economico. Valore delle monete, tasso di disoccupazione e crescita del PIL sono diventati i nuovi mantra. La salvezza passa ormai dalla salute finanziaria, e i governi si fissano esclusivamente su questo compito.
Di fronte a questa lettura dominante della situazione, il silenzio delle Chiese è assordante. Giovanni Paolo II ha avuto il merito di protestare contro la disumanizzazione del capitalismo sfrenato e di fare appello ad una più giusta ripartizione dei profitti. Quelle dichiarazioni sono poco conosciute, ma occorre che una voce si levi nuovamente per ricordare ai soggetti economici i valori di umanità, equità e benessere sociale.
La Sua Chiesa, Santo Padre, è stanca di sbattere la testa contro gli stessi problemi: la penuria di preti, il celibato obbligatorio (fonte di tante devianze…), l’emarginazione delle donne, una morale sessuale di un’altra epoca… Il papa che restituirà dignità al celibato sarà quello che ne farà per i preti una libera scelta e non più un obbligo; quello che permetterà al cattolicesimo romano di tornare alla tradizione cristiana più antica, adottata da tutte le altre Chiese, che consacrano al ministero sia celibi che sposati.
Questo ritorno alle fonti restituirà di conseguenza alla donna, nella Chiesa, il suo posto e la sua dignità. Il papa che farà questo passerà nella storia come colui che avrà attinto dalla tradizione gli impulsi più innovatori.
Sarà lei quel papa? Saprà suscitare una fiducia sufficiente a ridare slancio alla sua istituzione un po’ stanca? È ciò che le auguro di cuore da protestante quale io sono. (in “garriguesetsentiers.org” del 24 febbraio 2013; trad. it. finesettimana.org; Daniel Marguerat [nella foto] è ex decano della Facoltà di teologia di Losanna e professore onorario di quell’università)
Politica regionale
Nella riunione dei giorni scorsi si è fatto presente che il Pdl indicherà Raffaele Cattaneo come presidente del Consiglio regionale della Lombardia. Lo si è appreso da fonti qualificate. Proprio la persona che volevamo escludere dal cast (degli impresentabili) per via dei trascorsi in ambito di CL. Poco male è anche un ruolo più soggetto al controllo delle minoranze sia essa Pd che M5S. Vedremo quello che sanno fare come opposizione: chiacchiere come hanno promesso oppure inciucio. Maroni ha escluso che via siano altri riciclati. Noi auguriamo alle opposizioni una buona battaglia fin dall’inizio, che lo metta alla berlina. Si può avere un atteggiamento non pregiudizievoli nei confronti di Maroni ma la lotta alla mafia non può conoscere tregua alcuna.
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