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Contro il palazzo

Petizione contro l’abolizione delle cure primarie agli immigrati su Facebook

Da circa 24 ore siamo operativi anche lingua italiana su Facebook col nome “Gruppo ecumenici” e stiamo già lavorando su una petizione condivisa da molte organizzazioni umanitarie e singoli cittadini su questo tema sopra richiamato. Nel raccogliere adesioni – tra l’altro – siamo già segnalati dai promotori come fra i migliori recrutatori della causa. Occorre però mobilitarsi almeno fino a martedì sera e per chi vive a Roma partecipare anche al sit-in di protesta di mercoledì davanti a Montecitorio. Parteciperanno organizzazioni umanitarie e religiose.

Se il palazzo dovesse approvare il provvedimento della barbarie contro gli immigrati è bene iniziarsi a prepararsi fin da subito per mandare a casa tutt* dal Parlamento: maggioranza e opposizione. Non pensavamo francamente di doverci occuparti anche del tema della crisi della democrazia in Italia ma lo stato delle cose ci impone di non far finta di non vendere, di non sentire e di non parlare.

Qui sulla Mailing list riprendiamo volentieri l’appello pubblicato sul blog Nessuno escluso ( http://giulianofalco.blogspot.com  ) di Giuliano Falco, amico a noi collegato.

 

Dal giuramento d’Ippocrate:
Giuro di osservare il segreto su tutto ciò che mi è confidato, che vedo o che ho veduto, inteso o intuito nell’esercizio della mia professione o in ragione del mio stato

APPELLO

“DIVIETO DI SEGNALAZIONE”
siamo medici ed infermieri, non siamo spie

Le organizzazioni firmatarie esprimono preoccupazione ed allarme per le conseguenze della possibile approvazione dell’emendamento 39.306 presentato in sede di esame del DDL 733 all’Assemblea del Senato, volto a sopprimere il comma 5 dell’articolo 35 del Decreto Legislativo 286 del 1998 (Testo Unico sull’immigrazione) che sancisce il divieto di “segnalazione alle autorità”.

Il suddetto comma 5 attualmente prevede che “l’accesso alle strutture sanitarie (sia ospedaliere, sia territoriali n.d.r.) da parte dello straniero non in regola con le norme sul soggiorno non può comportare alcun tipo di segnalazione all’autorità, salvo i casi in cui sia obbligatorio il referto, a parità di condizioni con il cittadino italiano”.
Questa disposizione normativa è presente nell’ordinamento italiano già dal 1995, attraverso l’art. 13, proposto da una vasta area della società civile, del decreto legge n. 489/95, più volte reiterato, voluto ed approvato dal centro destra anche con i voti della Lega. La “logica” della norma non è solo quella di “aiutare/curare l’immigrato irregolare”, ma anche quella di dare piena attuazione all’art. 32 della Costituzione, in base al quale la salute è tutelata dalle istituzioni in quanto riconosciuta come diritto pieno ed incondizionato della persona in sé, senza limitazioni di alcuna natura, comprese – nello specifico – quelle derivanti dalla cittadinanza o dalla condizione giuridica dello straniero. Il concreto rischio di segnalazione e/o denuncia contestuale alla prestazione sanitaria creerebbe nell’immigrato privo di permesso di soggiorno e bisognoso di cure mediche una reazione di paura e diffidenza in grado di ostacolarne l’accesso alle strutture sanitarie.
Tutto ciò potrebbe provocare una pericolosa “marginalizzazione sanitaria” di una fetta della popolazione straniera presente sul territorio, anche aumentando i fattori di rischio per la salute collettiva. Il citato obbligo di non segnalazione risulta quindi essere una disposizione fondamentale al fine di garantire la tutela del diritto costituzionale alla salute.
Appare pertanto priva di significato l’ipotesi di affidare alla libera scelta del personale sanitario se procedere o meno alla segnalazione dello straniero poiché ciò, in contrasto con il principio della certezza della norma, lascerebbe al mero arbitrio dei singoli l’applicazione di principi normativi di portata fondamentale.
La cancellazione di questo comma vanificherebbe inoltre un’impostazione che nei 13 anni di applicazione ha prodotto importanti successi nella tutela sanitaria degli stranieri testimoniato, ad esempio, dalla riduzione dei tassi di Aids, dalla stabilizzazione di quelli relativi alla Tubercolosi, dalla riduzione degli esiti sfavorevoli negli indicatori materno infantili (basso peso alla nascita, mortalità perinatale e neonatale …). E tutto questo con evidente effetto sul contenimento dei costi, in quanto l’utilizzo tempestivo e appropriato dei servizi (quando non sia impedito da problemi di accessibilità) si dimostra non solo più efficace, ma anche più “efficiente” in termini di economia sanitaria.

Riteniamo pertanto inutile e dannoso il provvedimento perché:

– spingerà verso l’invisibilità una fetta di popolazione straniera che in tal modo sfuggirà ad ogni tutela sanitaria;

– incentiverà la nascita e la diffusione di percorsi sanitari ed organizzazioni sanitarie “parallele”, al di fuori dei sistemi di controllo e di verifica della sanità pubblica (gravidanze non tutelate, rischio di aborti clandestini, minori non assistiti, …);

– creerà condizioni di salute particolarmente gravi poiché gli stranieri non accederanno ai servizi se non in situazioni di urgenza indifferibile;

– avrà ripercussioni sulla salute collettiva con il rischio di diffusione di eventuali focolai di malattie trasmissibili, a causa dei ritardi negli interventi e della probabile irreperibilità dei destinatari di interventi di prevenzione;

– produrrà un significativo aumento dei costi, in quanto comunque le prestazioni di pronto soccorso dovranno essere garantite e, in ragione dei mancati interventi precedenti di terapia e di profilassi, le condizioni di arrivo presso tali strutture saranno verosimilmente più gravi e necessiteranno di interventi più complessi e prolungati.

Hanno espresso posizioni analoghe gli Ordini ed i Collegi che rappresentano, su base nazionale, le principali categorie di operatori impegnati nell’assistenza socio-sanitaria alle persone immigrate: Federazione Nazionale degli Ordini dei Medici Chirurghi ed Odontoiatri (FnOMCEO), Federazione Nazionale Collegi Infermieri (IPASVI), Federazione Nazionale dei Collegi delle Ostetriche (FNCO), Consiglio Nazionale dell’Ordine degli Assistenti Sociali (CNOAS).

Per le ragioni sopraesposte rivolgiamo un sentito appello affinché i senatori di qualunque schieramento respingano la citata proposta emendativa all’art. 35 del Dlgs.286/98 e comunque, nell’incertezza di una eventuale riformulazione di emendamenti specifici, chiediamo che l’articolo 35 del Dlgs.286/98 rimanga per intero nella sua attuale formulazione.

Si prega di comunicare SUBITO l’adesione all’appello
prima del 29 all’indirizzo mail: ombretta.scattoni@rome.msf.org
Per informazioni: 06/4486921 – 329/9636533

Primi firmatari
Medici senza Frontiere (MSF)
Società Italiana di Medicina delle Migrazioni (SIMM)
Associazione Studi Giuridici sull’Immigrazione (ASGI)

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Babilonia

“Stiamo parlando di persone che non hanno ancora sottoscritto la dichiarazione sulla libertà di religione e il decreto sugli ebrei” Così si esprime Il teologo cattolico Hans Kueng sugli ultratradizionalisti lefebvriani riammessi in Vaticano, avendo come punto di riferimento specifico i documenti conciliari della chiesa di Roma.

Non si tratta a ben vedere e ad avviso di questo illustre intellettuale critico di un sostanziale riposizionamento conservatore o restauratore di una chiesa (sempre più dai caratteri locali o meglio particolari) ma di una messa in discussione dei contenuti che hanno basato ossia fondato e alimentato il dialogo negli ultimi decenni con le altre religioni e le altre confessioni religiose.

L’immagine della chiesa moderna nel mondo. E non soltanto quindi il rapporto che intercorre con gli ebrei…

Francamente, da più parti, ci si chiede – a solo titolo di esempio – che valore autentico possano avere le scuse espresse da Bernad Fellay della Confraternita di mons. Richard Williamson, noto  negazionista, per le interviste di questo spregiudicato e diabolico religioso rilasciate recentemente ai media.

Per Roma da domani non sarà nemmeno più sufficiente l’elezione – già avvenuta – di un patriarca moscovita ultraconservatore e reazionario al fine di promuovere un cammino solitario di progressiva integrazione con Mosca (già esclusa in una recente intervista dallo stesso Kirill, anche se non si escludono – a priori – reciproci scambi di visite pastorali o intese su singole tematiche etiche).  Che il Papa parlerà solo di omosessualità da condannare e di aborto è possibile ma non dimentichiamoci che Roma per sua propria natura tende ad acquisire e gestire denaro e a condizionare le lobbies politiche internazionali, non solo nel sud Europa. E difficilmente potrà sperare di farlo ad est.

Si insinua il dubbio – sempre più insistente per molti osservatori – che il Vaticano abbia imboccato una via senza alcuna uscita e che serviranno a poco le attuali sostituzioni in Olanda nei confronti dei preti e vescovi liberals così come in altri paesi dei cinque continenti. La bancarotta della chiesa di Roma negli States è un dato di fatto che condiziona fortemente il suo agire. Non c’è alcun otto per mille – grazie a Dio! – negli USA.

Il problema tutto interno al cattolicesimo è la tenuta complessiva di questo sistema gerarchico e il potere complessivo che lo caratterizza ancora oggi. L’organizzazione insomma. Quello che per molti e per circa due millenni hanno individuato proprio come il suo principale punto di forza.

La postmodernità potrebbe riservare insomma amare, amarissime sorprese al rappresentante ecclesiastico di origine bavarese. E non serviranno i patti col diavolo questa volta. Come in una scacchiera il re non riesce a muoversi liberamente. E se lo fa rischia di farsi mangiare i pedoni. Da altri cristiani e perfino da ebrei e dagli islamici e non solo dal mondo secolarizzato.

Si iniziano a sentire le prime crepe fra le mure vaticane…  Lutero aveva quindi ragione?

Io mi auguro solo che Oscar Cullman sia già un autore da considerarsi superato nel Protestantesimo moderno. Almeno per quanto concerne la sua visione ecumenica. Diciamo per cause di forza maggiore. Quello che non aveva proprio previsto si sta delineando all’orizzonte.

Teniamo gli occhi ben aperti. E auguriamoci di avere presto profeti, che ci indichino il nuovo cammino.

 

Maurizio Benazzi

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DOCENTI PRECARI: LO STIPENDIO AUMENTA SOLO SE INSEGNI RELIGIONE. E UN TRIBUNALE CONDANNA IL MINISTERO PER DISCRIMINAZIONE

 

Una sentenza destinata a riaprire la vexata questio dei privilegi concessi dallo Stato ai docenti di religione, quella emessa dal Tribunale di Roma, che ha condannato il Ministero della Pubblica Istruzione a risarcire Alessandra Rizzuto, insegnante di Diritto in una scuola superiore di Roma, a causa della differenza ingiustificata e dal “profilo di tutta evidenza discriminatorio” tra il trattamento economico che le è stato riconosciuto negli anni di precariato rispetto a quello dei suoi colleghi che insegnano religione. Il giudice ha perciò condannato il Ministero a risarcire la professoressa con 2.611 euro e 36 centesimi, cifra calcolata sommando gli aumenti che avrebbe avuto se avesse insegnato religione.

Che gli insegnanti di religione siano una categoria privilegiata all’interno del corpo docente è un fatto noto. Soprattutto da quando, nel 2003, l’allora ministro dell’Istruzione Letizia Moratti volle bandire appositamente per loro un corso-concorso che ne immise in ruolo circa il 70%. Ma anche il restante 30% dei docenti di religione rimasto precario non se la passa male. Si tratta infatti di una precariato “di lusso” rispetto a quello di tutti gli altri insegnanti: per molti aspetti, infatti, come i permessi ed i giorni di malattia, ai docenti di religione viene riservato il trattamento concesso agli insegnanti di ruolo. Inoltre, gli insegnanti di religione assumono servizio il 1 settembre e terminano il 31 agosto dell’anno successivo. Hanno quindi le ferie estive pagate, al contrario della maggior parte degli altri docenti precari, il cui contratto scade il 30 giugno, con una perdita secca di due mesi di stipendio (solo in piccola parte recuperati attraverso la domanda di disoccupazione estiva). Essendo poi l’insegnamento della religione cattolica facoltativo, il numero dei docenti chiamati ad impartirlo è legato alle richieste degli studenti che decidono di avvalersi o meno di tale insegnamento. Ma per prevedere la presenza di un insegnante di religione può bastare anche un solo alunno per così, l’organico dei docenti di religione negli ultimi anni è rimasto sostanzialmente stabile, nonostante siano diminuiti (nelle scuole superiori anche in modo sensibile), il numero degli studenti “avvalentisi”. Per gli altri insegnanti invece, sono stati anni di tagli continui di organico, in virtù ad un rapporto insegnanti-alunni che è progressivamente aumentato e che la prossima legge Finanziaria vuole ulteriormente incrementare.

La questione che fa più “scandalo”, in ogni caso, è legata ad una legge del 1961 (la n. 831 del 28 luglio), che in realtà riguardava tutti gli insegnanti precari, ma il cui effetto – attraverso una serie di circolari ministeriali – è stato nel corso degli anni limitato ai soli docenti di religione: la legge prevede per questi insegnanti un aumento di stipendio del 2,5% ogni due anni. Dopo otto anni di lavoro, rispetto ai colleghi di altre materie, un docente di religione guadagna insomma circa 130 euro netti al mese in più. Gli altri insegnanti precari non hanno diritto a nessuno scatto di anzianità, finché non ottengono il ruolo.

A ben guardare, una logica, nel complicato meccanismo che concedeva gli aumenti solo agli insegnanti di religione, c’era: fino al 2003, infatti, gli insegnanti di religione non passavano mai di ruolo. Scelti dalle Curie, ricevevano dal vescovo un nulla osta all’insegnamento, revocabile in qualsiasi momento; venivano perciò assunti dallo Stato con contratti annuali, rinnovati nel caso l’autorità ecclesiastica confermasse la propria “fiducia” al docente. Nel 2003, il governo di centrodestra cambiò le carte in tavola. All’ordinario diocesano rimaneva per intero il diritto di concedere o revocare il nulla osta all’insegnamento, ma lo Stato si impegnava ugualmente a garantire il posto fisso a gran parte dell’organico dei docenti di religione. Con il paradosso che – in caso di revoca del nulla osta da parte del vescovo – gli ormai ex docenti di religione sarebbero stati impiegati nell’insegnamento di altre materie (scavalcando dunque gli altri docenti nelle graduatorie delle altre discipline) o assegnati ad incarichi diversi (ministero, provveditorato, Irsae, biblioteche scolastiche, ecc.).

L’assurdità che un insegnante di una materia opzionale come Religione cattolica guadagni più di un professore di Lettere, di uno di Matematica, di Lingua, insomma di una qualsiasi delle materie obbligatorie nella scuola italiana è stato oggi riportato alla ribalta da Alessandra Rizzuto, il cui caso è stato fatto proprio dai Radicali, in particolare dal deputato Maurizio Turco e dal fiscalista Carlo Pontesilli, da tempo specializzati nella lotta ai privilegi ecclesiastici. L’avvocato Claudio Zaza ha fatto il resto: ha sollevato davanti al Tribunale di Roma la questione del carattere discriminatorio di quegli scatti automatici di anzianità previsti per i soli professori di religione. E il giudice del lavoro gli ha dato ragione.

Secondo una stima approssimativa fatta dai radicali, circa 200mila insegnanti potrebbero presentare un ricorso simile a quello della professoressa Rizzuto: tutti i precari della scuola italiana, cioè, che hanno avuto almeno due incarichi annuali (e quindi il diritto allo scatto di anzianità), più quelli che sono passati di ruolo dal 2003 in poi, (nelle cause di lavoro dopo cinque anni arriva la prescrizione).

E se vincessero, lo Stato dovrebbe tirar fuori 2 miliardi e mezzo di euro. Del resto, ogni anno l’ora facoltativa di religione costa ai contribuenti italiani circa un miliardo di euro. È la seconda voce di finanziamento diretto dello Stato alla confessione cattolica, di pochi milioni inferiore all’otto per mille.

(valerio gigante)

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