Sabarmati Ashram

Back to India, Gandhi decided to found an “ashram” like his farm in Phoenix and Tolstoi’s Farm. He settled in Ahmedabar, in the Indian state of Gujarat, 460 kilometres far from Porbandar, the town on the Arabic Coast where he was born. He would serve his country using “gujarati”, his mother tongue. The first “aspram” was built in 1915. Gandhi called it Satyagraha Ashram, because – he explained – “I wanted to let know our method used in South Africa and see if, in India, would be the conditions to do something similar”. His life in the new ashram was quite peaceful until the day there was a pestilence in the village of Kocharab. Then Gandhi decided to leave the place where he was living  and moved to a northern place respect to Ahmedabar, placed on the right bank of the river Sabarmati. There he found a new ashram known as Sabarmati Ashtram. 

It was opened by Gandhi himself on 17th June 1917. At that time, he was  supported  by  40 people ,  more or less.  At the beginning,  they  lived  in a small camp altogether, although there were lots of dangerous snakes around that place. At the entrance of the ashram we can still find, listed in English, all the duties  that the people who lived in the ashram had to follow: “Thruth, Non-violence or Love, Chastity (Brahmacharia), Control of the Palate, Non-stealing, Non-possession or Poverty, Swadeshi, Fearlessness, Removal of Untouchability, Equality of Religions, Physical Labour”. Gandhi’s followers still live in that house and its area and they sometimes find peace  resting in  its garden.

We can find a notice on an outer wall: “I wouldn’t like to see my home  bricked up, neither the windows. I would like to see that all the cultures all over the world may enter freely into my home. But I will never accept that anybody tries to throw me out of my home. Mahatma Gandhi. It seems as Gandhi gave some suggestions to nowadays Indian society and how it has to face the challenge of modernization.

It is in this way that we begin our visit to this Indian Museum, fight emblem of spirituality. The shots were taken a few hours ago by an Indian friend and they will be spread on this site with the advice to show always the origin: www.ecumenici.eu   We think that will be the best way to begin the celebrations about Gandhi’s birthday, on next 2nd October, called by the great Indian poet Tagore Mahatma (or Great Soul in Sanskrit), Every year, on 2nd October, we celebrate the world day of Non-violence.

Gandhi is known as one of the main pioneers fighting against any form of tyranny applying the massive civil disobedience, which drove India to its Indipendence.

(translation by Antonio Pinto – Photos by Sushmit)

Tornato in India, Gandhi decise di fondare un ashram sulla falsariga della Fattoria di Phoenix e la Tolstoi Farm. Scelse di stabilirsi ad Ahmedabad, nello stato indiano del Gujarat, a 460 chilometri da Porbandar, la cittadina sulla costa del Mare Arabico che gli aveva dato i natali. Voleva  «servire così il Paese» usando la lingua gujarati, la sua lingua madre. Il primo aspram fu costruito nel 1915. Gandhi lo chiamò Satyagraha Ashram perché, disse: «volevo far conoscere il metodo sperimentato in Sud Africa e verificare se, in India, ci fossero le condizioni per riproporlo». La vita nell’ashram trascorreva alquanto tranquilla quando, un giorno, nel villaggio di Kocharab scoppiò un’epidemia di peste nera. Gandhi decise allora di abbandonare quel luogo e si trasferì a nord di Ahmedabad, sulla riva destra del fiume Sabarmati. Fondò un nuovo ashram che verrà conosciuto come Sabarmati Ashram.

Il Sabarmati Ashram venne inaugurato da Gandhi stesso il 17 giugno 1917. Il numero dei suoi seguaci era di circa 40 persone. Nei primi tempi, vivevano tutti accampati in una piccola tendopoli, malgrado il luogo fosse infestato dai serpenti. All’ingresso dell’ ashram, sono ancora elencati, in lingua inglese, gli obblighi che gli ashramiti sono tenuti a rispettare: «Truth, Non-violence or Love, Chastity (Brahmacharia), Control of the Palate, Non-stealing, Non-possession or Poverty, Swadeshi, Fearlessness, Removal of Untouchability, Equality of Religions, Physical Labour». La casa e i dintorni sono ancora oggi abitati dalla sua comunità, che trova momenti di ristoro nel giardino.

Appeso a una parete esterna della costruzione c’é un cartello. Vi si legge:«Non voglio che la mia casa sia murata da ogni lato e le mie finestre siano tappate. Voglio che le culture di tutto il mondo entrino liberamente a casa mia. Ma non accetterò mai che qualcuno cerchi di buttarmi fuori casa. Mahatma Gandhi». Sembrano le indicazioni di Gandhi, agli indiani di oggi, su come affrontare un’epoca segnata dalla globalizzazione.

Inizia così questa visita all’interno del museo indiano simbolo di lotta e di spiritualità. Le foto sono state scattate poche ore fa da un amico indiano e verranno diffuse anche sul sito con preghiera di indicare sempre la fonte di www.ecumenici.eu  Ci sembra il modo migliore per iniziare i festeggiamenti per il 2 ottobre, data di nascita del Mahatma (“grande anima” in sanscrito ), appellativo che gli fu conferito per la prima volta dal poeta Tagore.  Ogni anno il 2 ottobre si celebra la giornata internazionale della non violenza.

Gandhi è riconosciuto universalmente come uno dei pionieri della resistenza all’oppressione tramite la disobbedienza civile di massa, che ha portato l’India all’indipendenza.

 

Ecco una carrellata di pannelli esposti nel museo. Abbiamo individuato quelli piu’ ricchi di contenuti e stili:

Diritti e Doveri

E affermo che noi non riusciremo ad ottenere nulla di doverosamente nostro con l’uso della violenza. C’è solo un modo di ottenere i nostri diritti, come ho già avuto modo di spiegare, e che piace a tutti voi. Mi è stato chiesto quali siano i diritti di ognuno di noi, e cosa si deve fare per ottenerli. Dico che la gente non ha assolutamente alcun diritto. Chi non ha doveri non ha allo stesso modo alcun diritto. Ciò significa che tutti i diritti derivano dai propri doveri. Perciò, non ci sono diritti acquisiti. Va da sé che se soddisfo certi doveri ottengo dei risultati. Questi risultati sono i miei diritti.

 

Perchè Dandi March ( riferimento a Ghandi [il Dandi in Marcia]) è diventato una pietra miliare nella lotta nazionale contro il colonialismo?

” Interi villaggi si sono svuotati. Non mi aspettavo questo straordinario risultato… La questione cruciale è che la disobbedienza cessa di essere una risorsa dai rapidi effetti quando è usata dalle masse. Sto minando le fondamenta stesse dell’imperialismo britannico.

 

Durante una lezione sulla pulizia ai poveri, cosa imparò Gandhi stesso?

Durante il periodo del Champaran Satyagraha, Gandhi chiese a Kasturba di dire alle povere donne del villaggio di Bhitiharva di indossare vestiti puliti. Una delle donne portò Ba sino alla sua capanna e disse: “Guarda da te stesso. Non ci sono nè armadi ne altri posti dove conservare i vestiti. Questo sari che indosso è il solo che ho. Come potrei lavarlo anche volendo? Vai a dire al Mahatma di procurarci vestiti cosicchè ci possiamo fare il bagno ogni giorno e indossare vestiti puliti”.
Quando Ba raccontò ciò a Gandhi, egli comprese la reale portata della povertà in India.

 


La non-violenza del coraggioso

Per imparare la non-violenza del coraggioso dovremo apprendere nuove lezioni. Ammetto una sola cosa, che per imparare tale lezione dovrò morire. Ma voi, naturalmente, non pensiate che voglia commettere suicidio, come strangolandomi… e poi non posso farvi alcuna lezione sulla non-violenza. La non-violenza del coraggioso potrà essere appresa quando qualcuno cercherà di ammazzarmi, di uccidermi. Persino allora non ci sarà nulla di coraggioso in tutto ciò, in qualcuno che mi voglia uccidere, cioè nel non morire. Ma poi, persino allora dirò a me stesso: “Dio, per favore, non fargli male, non voglio che gli si arrechi danno”. Quando sarò in grado di dire ciò e morire con il sorriso sulle labbra, allora voi direte: “Questa è la non-violenza del coraggioso”.

16 giugno 1947
Birla House, Nuova Delhi
Incontro per la preghiera serale
Discorso originale in hindi

 

Perchè Gandhi scelse la tassa ordinaria sul sale come una importante questione nella lotta per la libertà?

“Accanto all’aria e all’acqua, il sale rappresenta forse una delle più grandi necessità della vita. E’ l’unico condimento dei poveri. Persine il bestiame non riesce a vivere senza sale.” Fu così che Gandhi scrisse al Vicerè: “Io considero questa tassa come la più ingiusta fra tutte dal punto di vista dei poveri. Dato che il movimento di indipendenza è essenzialmente per i poveri di questa terra, all’inizio ci converrà combattere questo male.”

 

Perchè una marcia di 241 miglia per una manciata di sale?

“Per suscitare consapevolezza e risveglio delle coscienze tra la popolazione…il prossimo 12 marzo partirò da Sabarmati Ashram con tutti i collaboratori dell’ashram che potrò portarmi appresso, in modo da ignorare le leggi sulla distribuzione del sale.”
Lo scopo di Gandhi era quello di educare la gente sul significato dello swaraj. Lungo tutto il percorso della marcia, si rivolse alla popolazione e la esortò ad impegnarsi all’autopurificazione nazionale applicando azioni come il Khadi, l’armonia collettiva e l’abolizione dell’intoccabilità.

Egli ha dato al mondo un nuovo tipo di filosofia. Quella della ineluttabile dignità dell’uomo, di ogni singolo uomo, che sia comandato o al comando, libero o schiavo, che sia bianco, di colore o giallo. Egli l’ha chiamata verità e non-violenza. Egli l’ha chiamata religione.

 

Il Satyagraha Ashram fu il punto cruciale delle attività iniziali di Gandhi dopo il suo ritorno in India. Capi politici e intellettuali provenienti da tutte le parti del paese giunsero qui per cercare la sua guida. Tra il 1915 e il 1930, l’anno della Marcia di Dandi, l’ashram fu testimone di molti avvenimenti di importanza sia locale che nazionale. Gli esperimenti di gandhi sul terreno della verità e dell’azione presero origine qui. Perciò la sua permanenza ad Ahmedabad è una importante fase della sua vita.
Per aiutare i visitatori a capire la vita e l’opera di Gandhi, quel periodo è presentato in questa mostra. Abbiamo seguito la formula della domanda-risposta. Le risposte sono, nella maggioranza dei casi, date attraverso le parole stesse usate da Gandhi.
In pratica, nessun documento scritto di questo periodo è rintracciabile. Copie di documenti e oggetti di quell’epoca sono esibite qui.

Interpretazione dei voti

I cinque voti del Satya (Verità), Ahimsa (Non-violenza), Brahmacharya (Celibato), Aparigraha (Rinuncia ai beni materiali), e Asteya (Non-rubare) sono i “voti” proclamati a Patanjali. I voti poi aggiunti da Gandhi furono: Asprushyatanivaran (Sradicamento dell’Intoccabilità), Swashraya (Lavoro del pane), Sarvadharma Samabhav (Rispetto per tutte le religioni), Swadeshi (Uso dei beni locali), Abhay (Dimostrazione di coraggio) e Aswad (Moderazione nel mangiare). Le interpretazioni di Gandhi di questi voti li ha resi importanti nel tempo.

 

Come è riuscito Gandhi a rompere le basi dell’intoccabilità?

“L’intoccabilità non solo dà poca fiducia all’Induismo ma arreca un serio danno ad esso… Per estirpare l’intoccabilità bisogna fare penitenza come forma di autopurificazione per la casta Hindu.  …E sull’Induismo dico pure che c’è un punto debole in esso, quello dell’intoccabilità.”

Perchè la lotta di Champaran può essere considerata una lotta contro l’ingiustizia?
I latifondisti bianchi di Champaran erano abituati a obbligare i poveri contadini a coltivare piante di indigofera sul 15% della loro terra e per le quali pagavano poco. Assieme a Babu Rajenda Prasad e altri capi politici di Bihar, Gandhi iniziò una serie di agitazioni contro questa abitudine. “Ho deciso di sottostare all’ammenda della disobbedienza senza proteste    …obbedendo alla più alta legge del nostro essere – la voce della coscienza.” Alla fine, su insistenza del Governo, Gandhi accettò di fare parte della Commissione di inchiesta relativa al problema.

E’ Stato capace Gandhi di raggiungere il risultato desiderato col digiuno?

Il digiuno di Gandhi ebbe uno straordinario effetto sull’intera nazione. I proprietari di mulini furono messi sotto pressione per raggiungere un accordo. Loro pregarono Gandhi di terminare il suo digiuno. E così fecero i lavoratori di Jugaldas Chawl. Altri lavoratori promisero solennemmente: “Anche se lo sciopero andasse avanti per mesi, noi non ci piegheremo.” Gandhi stesso disse: “Mi sembra che, col trascorrere dei giorni, non solo Ahmedabad ma l’intera India sarà fiera di questi 22 giorni di lotta.”


La Non-Cooperazione

La Non-Cooperazione è un’arma di ineguagliabile potenza.   …La Non-Cooperazione non è un modo d’essere passivo.   …Non è originata da cattiva volontà o da odio.   …E’ una forma di Jehad.   …La Non-Cooperazione significa   …allenamento all’auto-difesa … è fine a se stessa.”

Perchè Gandhi fece il passo estremo di bruciare abiti prodotti all’estero?

Mentre bruciava abiti di produzione estera il 31 luglio 1920 a Bombay, Gandhi affermò:  “Lo Swaray (Il lavoro del Pane) è impossibile senza lo Swadeshi (l’uso di abiti di produzione locale). Perciò, io considero la cerimonia della bruciatura degli abiti come un rito sacro.”   A Calcutta il 4 Marzo 1929, mentre accendeva una pira simile all’altra per bruciare abiti di produzione estera, disse: “Ho raggiunto una tale conclusione dopo aver viaggiato per tutta L’India… (per) estirpare lo sfruttamento di milioni di Indiani l’unico mezzo è boicottare gli abiti esteri.”