Archivi tag: Ecumenici

Tempo di bilanci: è il vostro successo di laici liberi

Ecumenici ringrazia sentitamente per i contributi versati  la dottoressa psicanalista Grazia Aloi, lo scrittore – editore di “Quale vita” Pasquale Ianamorelli, la signora Oriella Orazi  amante della poesia, della spiritualità e della mistica e il politico verde Alberto Milazzo.  Grandi e eccezionali sul serio!!!

Sono 1000 i contatti di amici nel profilo di Facebook e ben 487 i nuovi iscritti alla newsletter in un solo anno. Un successo di un collettivo non dichiarato, libero, autonomo e indipendente da partiti o chiese. Una sfida aperta dal 1999 che continuerà a dire quello che deve e a fare quello che gli altri semplicemente non sanno o vogliono fare! L’ecumenismo laico in Italia siamo noi, non il SAE, i cattolici o i valdesi. Su Yahoo oggi registriamo 3573 iscritti alla stessa newsletter ecumenici.

In lingua inglese dobbiamo ancora crescere ma da Londra gli Amici ci daranno una mano ben presto. Salutiamo anche loro 151 di Ecumenics con simpatia e amicizia.

 
Proprio grandi applausi a tutt*

I

“E’ nella ricerca dell’impossibile che l’uomo

 ha sempre realizzato il possibile

chi saggiamente si è fermato al buon possibile

non è mai andato avanti di un sol passo”

Michail Bakunin

 

… questo il mio augurio per te!!!

Da Oriella a tutti noi

Commenti disabilitati su Tempo di bilanci: è il vostro successo di laici liberi

Archiviato in Eventi

Chat pubblica di Ecumenici su Skype dopo le h. 20

http://www.skype.com/go/joinpublicchat?chat&skypename=maurizio.benazzi&topic=Ecumenici&blob=M8MpL8DQcKThb2b3d1oaXtjB5n5CzGZzK4Zrw5jURj1k_cGo05lq-sZFHbcxhCu0RZ0s8iaLCv8

 

Il dono dell’amicizia

 

Parlando dell’amicizia lo scrittore francese Michel de Montaigne, vissuto nel sedicesimo secolo, ha scritto pagine fulminanti: “Quella che noi solitamente chiamiamo amicizia”, dice, “non è spesso altro che abitudine e familiarità”. La vera amicizia è un sentimento più profondo e più coinvolgente. E perciò molto più raro.
“Di qualunque cosa si parli”, con l’amico, “le nostre anime si uniscono fino a confondersi”. E se dovessi dire perché io amo l’amico, aggiunge Montaigne, non potrei fare altro che dire “perché è lui. E perché sono io”. Sono parole dette a proposito del suo grande amico Etienne de la Boétie, morto di peste nel 1563, che Montaigne ha accompagnato fino all’ultimo, senza preoccuparsi del pericolo di ammalarsi a sua volta.
Ci sono tanti modi di diventare amici. Ci sono amicizie che risalgono agli anni dell’infanzia e che durano nel tempo; ci sono amicizie nate per caso e che con il passare degli anni sono maturate; ci sono amicizie nate su banchi di scuola o sul lavoro; amicizie sbocciate durante le vacanze; amicizie nate frequentando un’associazione, o allo stadio; amicizie che risalgono ai primi tempi della vita di coppia. L’amicizia ha tanti aspetti, tanti modi, varia con il passare del tempo e dell’età. Nella sua espressione più alta è sempre caratterizzata dalla gioia per l’esistenza dell’altro.
L’amico non desidera altro che la gioia dell’amico, l’amicizia vera non tollera egoismo. È una delle più importanti ed essenziali realtà umane. È una pausa nella lotta della vita, un tempo di riposo, di gratuità. Non c’è nulla di peggio che soffrire senza amici.
L’amicizia è sorprendente perché può nascere tra esseri che apparentemente non hanno nulla in comune. Può superare le barriere dell’età o del sesso, delle culture e anche delle religioni. A condizione di fare i conti con l’estraneità dell’altro, senza negare né nascondere le diversità, e senza rinnegare se stessi. E a condizione di prendersi tempo e pazienza.
“L’amico viene donato all’amico non dal greve suolo dove sangue, stirpe e giuramento sono potenti e santi, ma dal libero piacere e dalla libera esigenza dello spirito che non ha bisogno del giuramento né della legge”, scrive – a un amico – il pastore Dietrich Bonhoffer, dalla sua cella nel carcere militare di Berlino, nell’agosto del 1944. E conclude: “Lontano o vicino, nella felicità o nell’infelicità, l’uno riconosce nell’altro colui che fedelmente aiuta alla libertà e ad essere uomo”.
Quali sono i frutti dell’amicizia? La gioia di una presenza, la scoperta di un’intesa, di un’armonia. L’amico sa tenere per sé ciò che non si deve divulgare e sa dire al momento opportuno ciò che va detto. Ricorda i benefici e lascia sempre spazio al perdono.
Quando l’amicizia assume queste caratteristiche, essa parla di Dio. “Io non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo signore; ma vi ho chiamati amici, perché vi ho fatto conoscere tutte le cose che ho udite da mio Padre” (Giovanni 15,15). Sono parole dette da Gesù di Nazareth, poco prima di essere tradito da uno che diceva di essergli amico.

(ve- Paolo Tognina)

Complimenti a Gruppo ecumenici su Facebook primo recruiter nella raccolta di firme sull’abolizione delle barriere architettoniche a danno dei disabili e in particolare per:

  1. Obbligare Comuni e Provincie al rispetto della L.13/89
  2. Adeguamento dell’Edilizia Pubblica
  3. Adeguamento della Viabilità Pubblica e Privata
  4. Obbligare i Costruttori al rispetto di ulteriori norme oltre la L.13/90 attraverso i Regolamenti Edilizi & Urbanistici
  5. Redigere una Bozza di Legge da sottoporre all’Opinione Pubblica e al Ministero Competente

Commenti disabilitati su Chat pubblica di Ecumenici su Skype dopo le h. 20

Archiviato in Eventi

Progetto 2009: Facebook

Cerchiamo una persona che gestisca i rapporti amicali di Ecumenici (sostenitori anche nel 2009 di www.MLP.org  e di www.associazione31ottobre.it  ) su Facebook attraverso un gruppo internazionale, che basa la propria comunicazione sulla lingua inglese.

Trattasi di un impegno settimanale molto stimolante che lo vedrà coinvolto con gli aderenti ad associazioni amiche in Olanda, in Germania e negli States. Persone che offriranno un punto di vista molto differente dal contesto conservatore italiano.

Si tratta di costituire una ragnatela di relazioni dall’Olanda agli USA per scardinare gli stereotipi e creare una comunità fuori dal provincialismo e dai condizionamenti interni. Non siamo un gruppo politico ma cerchiamo di elaborare una teologia politica per la pace, la giustizia e la salvaguardia del creato. Siamo rigorosamente contro la violenza, da qualsiasi parte essa provenga. Non siamo sionisti o antisionisti. Se dovessimo guardare alle radici socialiste del sionismo non esiteremo a schierarci in suo favore. Ma le cose oggi non stanno esattamente come lo erano in origine del movimento.

Siamo semplicemente cristiani in dialogo.

 

Ospitalità:

——————————————————————————–

INTERDEPENDENCE newsletter

Se gli altri esseri sono separati da me, sarà legittima la mia indifferenza per la loro sorte; ma se essi sono inseparabili da me come io da loro, se la mia stessa identità è formata dal tessuto delle relazioni in cui sono coinvolto, allora ogni autentica cura verso me stesso coincide con l’agire responsabile nel contesto che mi comprende.

———————————————-

Da alcuni anni negli Stati Uniti il terzo lunedì del mese di gennaio, in prossimità dell’anniversario della nascita di Martin Luther King, si celebra il Martin Luther King Day. Quest’anno, a Torino, per la prima volta sarà celebrato in Italia e la ricorrenza ha un significato eccezionale, essendo il 19 gennaio la vigilia dell’insediamento di Obama alla presidenza degli Stati Uniti.Il sogno del pastore King prende forma nel modo più straordinario, e gli uomini e le donne di ogni continente hanno in quel sogno il fondamento di un futuro comune. Le immagini di morte che ossessivamente in questi giorni si sono riversate da Gaza sono invece un incubo da cui vogliamo uscire. Occorre saper voltare pagina, cercare vie nuove, uscire dalla spirale dell’odio e della paura. Possa un più lungimirante senso di responsabilità e di giustizia guidare coloro che reggono le sorti del mondo.

www.interdependence.it

Commenti disabilitati su Progetto 2009: Facebook

Archiviato in Giovani

Obiettivo 2009: la riconciliazione

Natale nel segno della riconciliazione
Il messaggio natalizio di Samuel Kobia, segretario del Consiglio ecumenico delle chiese

 

17 dicembre 2008 – (voce evangelica) “E la Parola è diventata carne e ha abitato per un tempo fra di noi, piena di grazia e di verità; e noi abbiamo contemplato la sua gloria, gloria come di unigenito dal Padre” (Giovanni 1,14). Si apre con questa citazione dell’evangelo secondo Giovanni il consueto messaggio di Natale del segretario generale del Consiglio ecumenico delle chiese (CEC), Samuel Kobia. “In Cristo”, scrive nel suo messaggio centrato sul tema della riconciliazione, “Dio ha riconciliato il mondo a lui. Riconciliazione è un messaggio glorioso. Offre la possibilità che qualcosa di sbagliato del passato possa essere rimessa a posto, che la verità si possa affermare comunque, che si possa cercare il perdono e persino che antichi nemici possano vivere insieme in un clima di rispetto reciproco. È un messaggio di grazia e di speranza che riflette il grande dono dell’amore di Dio in Gesù Cristo”.
Le Nazioni Unite hanno dichiarato il 2009 anno della riconciliazione e, nota Kobia, le chiese di tutto il mondo e il CEC stanno sostenendo questo sforzo attraverso progetti e iniziative che si inquadrano nel “Decennio per sconfiggere la violenza” che si concluderà nel 2010.
“Come cristiani”, conclude, “e con la forza dello Spirito santo impegniamo noi stessi per questo grande obiettivo. E ringraziamo Dio, padre del nostro Signore Gesù Cristo, per l’opportunità che ci dona di lavorare per la riconciliazione con donne uomini di buona volontà in tutto il mondo”.

Il CEC è il più ampio organismo ecumenico mondiale. Ha sede a Ginevra e raccoglie 349 chiese protestanti, ortodosse e anglicane presenti in 110 paesi del mondo per un totale di circa 660 milioni di membri. Il CEC ha rapporti permanenti con la Chiesa cattolica. Il segretario generale, pastore Samuel Kobia, proviene dalla chiesa metodista del Kenya.

Commenti disabilitati su Obiettivo 2009: la riconciliazione

Archiviato in Pace

Idoli religiosi e non

Il Gruppo VARCO

invita ad una Conversazione con

DANIELA DI CARLO

Pastora della Chiesa Valdese di Angrogna (TO)

 

L’elogio del margine

L’”indecente” progetto della Teologia Queer

che si terrà

Lunedì 17 Novembre 2008 alle ore 21.00
Chiesa Evangelica Valdese –  via della Signora 10, Milano

(presso la Sala Arcobaleno)

“La teologia queer nasce come risposta alla TT (teologia totalitaria) che attraverso il terrorismo ecclesiastico e’ portatrice non tanto di un progetto evangelico, quanto di un progetto sessuale al cui interno la pratica eterosessuale e’vista come l’unica pratica naturale e benedetta da Dio.

Le ed i credenti queer sono allora coloro che sfidano la TT e tentano di creare una teologia biografica che parte dalla vita reale.” (D. Di Carlo)

La conversazione sarà preceduta da un momento conviviale “bring and share”

a partire dalle ore 20

VARCO – Gruppo evangelico per la Valorizzazione e il Riconoscimento della Comunità Omosessuale, membro della Rete evangelica di fede e omosessualità – Milano – http://gruppovarco.altervista.org/

 

 uccello

 

Ecumenici nel riprendere lo stimolante articolo proposto da Daniela Tuscano ricorda che la newsletter non ha mai utilizzato immagini c.d. sacre circa la rappresentazione del divino. Per noi è pura idolatria umana anche e forse soprattutto quando lambisce l’ ambito religioso. Troppo comodo parlare del Dio denaro nell’individuare l’idolatria quando poi tutti  cerchiamo il nostro tornaconto personale. E – se mi è consentito – preferiamo in questo caso specifico adottare il linguaggio duro dei profeti per affermare che Dio, nella Fede monoteista, è il totalmente altro. Non per questo ci sottraiamo al dibattito e osiamo affermare che Dio non è solo padre ma anche madre, tentando così di scardinare millenni di cultura patriarcale e maschilista. Ma proprio durante il cristianesimo anche tragicamente omofobica.

Nelle nostre casse quest’anno sono entrati solo 10 euro come donazione e immaginiamo – stante il contesto italiano – che se avessimo utilizzato altre strategie di impatto “religioso” potremmo forse offrire testi da leggere ai carcerati, avere un canale professionale per la distribuzione della newsletter, organizzare un evento su psicanalisi e religione come ci è stato chiesto da una lettrice psicologa di Milano. Non lo possiamo fare ma siamo anche  fieri di aver rinunciato a tutti, ma proprio tutti gli idoli.

Le opere non sono la nostra salvezza ma semmai l’amore di Dio madre e Dio padre, non omofobo. Di questo siamo testimoni. Così come voi siete testimoni diretti  che questa newsletter continua la sua attività anche senza un euro di fondi otto per mille.

Ma è meglio così: non potremmo rinunciare alla liberta. Non la si mangia a pranzo e non la si accumula nel tempo. La si vive nel quotidiano.

Maurizio Benazzi

 

PS: in considerazione della presenza nella nostra lista  di Lorenza Giangregorio, della sua spontanea amicizia e stima reciproca ma anche per le sue funzioni a Roma, la newsletter rivede la propria posizione sul silenzio circa le iniziative di Amnesty International, quale segno di protesta nei confronti di un referente leghista nel dipartimento migranti della regione Lombardia. Questo non ci impedirà di ricordare a più riprese che anche nei santuari c.d. laici occorre fare piazza pulita degli idoli politici. Qualunque essi siano che parlino romano o padanense.

 

 

 
—————————————————–

 

L’immagine della ragazza crocifissa sul letto, che Telefono Donna ha lanciato per la ricorrenza del 25 novembre, toglie il sonno all’assessore milanese Cadeo (Maurizio, non Cesare), di Alleanza nazionale. Secondo quest’ultimo, il ritratto offenderebbe la tradizione cristiana.

“Il seno è nudo – annota Stefano Rossi di “Repubblica” – la bella ragazza bruna è sdraiata sul letto…”; sul medesimo quotidiano don Andrea D’Asta, gesuita e critico d’arte, è più dettagliato: “C’è una donna bella e attraente che assume innegabilmente la posizione della croce ma che contemporaneamente ricorda la posa ammiccante della protagonista torbida del film American Beauty. Fotografata dall’alto, per insistere sul suo corpo. E’ posta nuda su di un letto invitante, soffice, con cuscini collocati in modo da insistere sulla forma della croce. Ha i capelli scomposti, ma non le alterano il volto. Il richiamo alla croce è evidente, ma l’atteggiamento della donna è attraversato da una intensa sensualità, accentuata da un atteggiamento di resa invitante. La frase ‘Chi paga i peccati dell’uomo?’ è sovrapposta al pube”.

Questa lunga citazione non manca di sorprendere, data la sua completa consonanza col giudizio ben più grossolano, ma senza infingimenti, dell’assessore Cadeo.

Non ci si attende, dall’assessore Cadeo, una conoscenza approfondita di Storia dell’arte. D’altro lato, giacché si proclama così ligio alla tradizione cristiana, si sarà pure accorto, anche distrattamente, anche sbadatamente, della presenza di numerose immagini licenziose nelle chiese, soprattutto antiche. Riguardo alla ragazza nuda l’accostamento con Guido Reni, rilevato da alcuni osservatori, pare evidente.

Anche Cristo era nudo; il Crocifisso di Santo Spirito, opera giovanile di Michelangelo, lo è poi totalmente. Privo persino di quel nubente e arioso panneggio che svela più di quanto vorrebbe celare e che si confonde con le tenere e lattee carni del Redentore. La casta virilità del Buonarroti non poteva accettare questi eufemismi pittorici: maschi o femmine, indistintamente, avevano per lui un’essenzialità spartana e sacrale. Via tutto, nel segno del definitivo incontro con Dio, di fronte al quale ognuno compare irrimediabilmente disadorno.

Nelle opere di Michelangelo si ravvisa sempre una perentorietà scultorea. Ben diversa da quello spirito balzano e ridente di Leonardo, dal cui san Giovanni trapelano fantasiose estasi ambigue, estri da soubrette, capricci di santi. E’ il cielo, in fondo, a sfuggirci come un tinnulo monello. Per non parlare di San Sebastiano: presentissimo nelle pale d’altare, oggi dimenticato dai devoti (ma recuperato dalla cultura gay che ne ha fatto una sorta di icona: curiosando sul web ho trovato questa breve carrellata, piuttosto accurata anche se non vi compare un piccolo gioiello della cinematografia contemporanea, il Sebastiane di Derek Jarman).
Di fronte a questi Cristi in deshabillé, martiri discinti, profeti scollacciati la “tradizione cristiana” si è sempre devotamente genuflessa, compresi i principi della Chiesa che solo in uno dei momenti più bui della loro storia hanno pensato di ricorrere al “Braghettone” per cancellare, con la nudità dei corpi michelangioleschi, il proprio morboso tarlo.

Che l’assessore teocon, fra l’altro per nulla turbato dalla quotidiana esibizione di veline e ninfette da parte delle tv del suo potente alleato, lo ignori platealmente, non può meravigliare. Stupirebbe, semmai, che la sua “valutazione” sia sostanzialmente condivisa da uno stimato critico d’arte. In realtà, il paesaggio di formazione dei due è in fondo il medesimo.

Quanto a don D’Asta, solo un temperamento creativo, o, al contrario, molto occhiuto, poteva concepire associazioni di idee tanto ardite: la ragazza martirizzata ma bella (il prete ne preferiva una brutta, evidentemente), sul letto “soffice” (demoniaci languori, forse era meglio un rozzo tavolaccio), e, suprema empietà, quella frase “sovrapposta al pube”: e a questo punto verrebbe da chiedere al padre molto reverendo dove l’avrebbe collocata, dato che si parla di stupro.

Il vero motivo di questa levata di scudi non è stato ravvisato, a mio parere, nemmeno dal pur ottimo Michele Serra, che preferisce soffermarsi sullo scandalo suscitato dalla Croce. Non che tale scandalo smetta di accecare: il guaio è che agli attuali farisei mancano persino gli occhi, e gli è rimasta solo la stoltezza. Quando la croce si reimpossessa del suo significato profondo è inevitabilmente legata al corpo, e al corpo nudo, straziato, certo, ma anche polposo, estenuato e serico come i quadri di Reni, perché anche in essi palpita il murmure dell’innocenza violata. La croce è sangue e terra, disfatta e rinascita della carne umana. Appartiene all’umanità, vi si identifica.

Ebbene. Cristo, san Sebastiano, san Giovanni e pure il re Davide (quello che danzava svestito davanti all’arca del Signore) erano spogliati, dolenti, languidi, ammiccanti, sanguigni o siderei, ma tuttavia maschi.
La donna crocifissa, dunque – peraltro non la prima in assoluto, un’immagine simile comparve sulla copertina dell'”Espresso” negli anni ’70, in occasione del dibattito sull’aborto – traumatizza l’incolto Cadeo e l’erudito D’Asta perché essa stessa bestemmia. Scandalizza non la sua sensualità, ma il suo sesso.

E’ chiaro: l’uomo, nudo o vestito che sia, è immagine di Dio. La donna, no. Malgrado tardive e ipocrite dichiarazioni di principio, Dio, secondo la tradizione cattolica, continua ad avere un sesso ben preciso e quel sesso è maschile: in un maschio Dio si è incarnato, un maschio celebra e benedice, in persona Christi, dall’altare. Il recente Sinodo dei vescovi, ignorando alteramente le richieste d’una maggior partecipazione delle donne alla vita della Chiesa, ha presentato come “novità” la concessione alle femmine d’accedere al lettorato e di distribuire la comunione: compiti che, in verità, esse svolgono da molti anni. In compenso è riaffiorata l’antica contrarietà papale alle chierichette, la cui presenza Ratzinger, da cardinale, combatté vigorosamente. Anche qui, per lo stesso motivo: la donna non è degna di rappresentare Dio.

“Dio è certamente padre, ma è anche e soprattutto Madre”: queste dolcissime parole, pronunciate dal dimenticato Giovanni Paolo I, riecheggiano in realtà numerosi passi biblici, in cui il Signore stesso si paragona a una donna incinta, a una chioccia, a una casalinga accorta. Ma Ratzinger, seguendo, in ciò, la linea del suo predecessore, ha ritenuto opportuno rimettere tutti (e tutte) in riga, decretando: “Madre non è un appellativo con cui rivolgersi a Dio”.

Se la donna non è in nessun modo accostabile a Dio, figurarsi il suo corpo, naturalmente peccaminoso e tentatore. Non per nulla il padre D’Asta puntualizza: “Paula Luttringer, fotografa argentina sequestrata ai tempi della dittatura militare, parla della violenza delle donne desaparecidas fotografando semplicemente dettagli delle carceri in cui avvenivano le sevizie. Queste immagini mostrano il grande pudore e discrezione di un’artista che denuncia, suggerendo ‘frammenti’ di un dolore sconvolgente”.

A. Gentileschi, Susanna e i vecchioni, 1610 (Pommersfelden, Collezione Graf von Schönborn). L’artista, da giovane, subì violenza.

Non dubitiamo della forza degli scatti della Luttringer, ma crediamo che il dolore sia necessariamente spudorato, altrimenti diventa a sua volta menzogna e violenza.

Negare Cristo nella donna comporta inevitabilmente negare il dolore totalizzante dello stupro, la sua universalità, la sua, direi, cittadinanza. Negare Cristo nella donna significa che la sofferenza di quest’ultima non ci riguarda, perché appartenente a una creatura altra o, peggio, a una “non-creatura”. Ma il dolore crocifisso passa anche per un corpo concreto e visibile, grida dal suo pube, langue nelle sue viscere e sul suo petto martoriato. Anche se quel corpo è un parziale, sconsacrato, indecente corpo femminile.

(Domenica 16 novembre, ore 8.09, 1° settimana dell’Avvento ambrosiano).

Commenti disabilitati su Idoli religiosi e non

Archiviato in teologia

Grazie

 binettofolia

 

Un alternativa c’è sicuramente in Italia …

Ecumenici

www.ecumenici.eu

 Grazie ai nostri 3636 lettori di oggi!

Indica sul tuo sito anche il nostro link

 

 

 

 

Invito
 

 

  Il potere della musica
 

   Una serata di musica corale           

   con:

 

Entrata libera

                                            
     Musica Cristiana Moderna             Canti Filippini                Canti Gospel

                            

15 Novembre, 2008

ore 20.30

 

Chiesa Evangelica Metodista

 Via Porro Lambertenghi 28 – Milano

(MM Zara, MM Garibaldi, tram 7,11)

 

 

 

http/www.methodistichurchofmilan.com

Commenti disabilitati su Grazie

Archiviato in Eventi

Il sabato e il sermone del monte

Tom Fox, 54 anni, cittadino americano che era fra i quattro attivisti cristiani rapiti in Iraq, è stato ucciso nel marzo 2006. Era un volontario dell’ong Christiasn Peacemaker Teams. Il suo cadavere fu trovato avvolto da una coperta, gettato in una scarpata in un terreno vicino alla ferrovia alla periferia ovest di Baghdad, nel quartiere di Al Mansur. Prima di sparargli, sembra – dai segni notati sulle mani e da tagli e bruciature sulla schiena– che sia stato legato e torturato. I rapitori si qualificarono come ‘Brigate delle Spade della Rettitudine’.  Conosciamo i loro assassini come giustizieri selvaggi contro qualsiasi presenza – anche non armata – a stelle e strisce, allo stesso tempo improvvisati difensori del muro in fra Palestina e Israele contro il quale Fox aveva manifestato più volte in nome della non violenza. Fu l’FBI a effettuare l’identificazione all’epoca, non senza sconcerto. La figlia di Tom scrisse infatti: “Mio padre ha scelto di andare in Iraq e ascoltare chi non ha voce. Incontra famiglie che soffrono per la mancanza di persone care. Per gran parte del tempo passato in Iraq, ha cercato di far liberare dei detenuti”

Di certo Tom è un martire dimenticato dai cristiani. Uno dei tanti. Aveva la colpa di non appartenere ad una chiesa. Un quacchero irriducibile insomma.  Non fa parte di alcun martirologio e sulla presenza di nomi italiani sul pagina web del suo Memorial è meglio tacere…

Iniziamo così un appuntamento periodico con la lettura de “Il sermone del monte” di Leohnard Ragaz. Riproposto in un contesto attuale. Inutile cercarlo in libreria non lo troverete. Nessuna casa editrice lo ripubblica. A nessuno conviene parlare del socialismo biblico. Tutti fanno a gara semmai  a dirsi  più liberali degli altri. Quasi come se il liberismo nell’era attuale non fosse una causa del male della società in cui viviamo.

 

Beati gli operatori di pace è scritto nel Vangelo ma queste parole sembrano rivolte agli altri più che a noi stessi. E’ terribilmente comodo cedere al più forte, coprire i contrasti e tacere davanti alla miseria e all’ingiustizia. Ma chi lotta per la pace lo può fare solo per mezzo della verità. Poiché la verità è l’ordine di Dio, e solo dove esso è compiuto, ivi è la pace. Non possiamo essere soddisfatti della nostra pace personale e lasciar correre il mondo come vuole ma dobbiamo lottare per la pace. Il mondo cerca il suo Io. Vuole anzi tutto se stesso, la propria gloria, la propria potenza, il proprio presunto diritto. Questo è il suo possesso. Ma il possesso provoca la contesa che assume poi nella guerra la sua forma più massiccia.

 

Quale gloria e quale grandezza rappresenta dunque il rompere questo circolo vizioso. Coloro che lo fanno sono più grandi degli eroi della guerra e delle persone armate. Sono i figli e le figlie di Dio. E’ da qui che si scopre il valore del perdono del Padre e dei suoi amati e delle sue amate, che riescono a spezzare l’odio che alimenta la catena della violenza e della guerra.

 

E proprio quando l’ingiuria, la persecuzione e la menzogna scaglieranno ogni sorta di male contro chi ama la giustizia è possibile mantenere la pace solo attraverso la rivoluzione del mondo per opera di Dio.

 

Questo è quello che cominciamo a leggere oggi, con parole nuove di Ragaz: non lo amiamo perché si dilettava a leggere Dante o a insegnava la lingua italiana nella Svizzera interna. Lo comprendiamo semmai come  un teologo che non partecipava al culto nel tempio e che ha osato offrire una grande testimonianza oltre i confini confessionali e religiosi. Senza nulla rinunciare al cuore della Scrittura.

 

Riprendiamo così  il servizio al nostro nono  anno di attività formativa e informativa. Buona continuazione nella lettura.

 

Maurizio Benazzi

Commenti disabilitati su Il sabato e il sermone del monte

Archiviato in Pace, Quaccheri del mondo