Leonhard Ragaz e Clara Nadig

« Cristo è più grande del cristianesimo, ed è diverso dal cristianesimo. Dio può essere là dove la religione non è, e può non essere là dove la religione è. Egli è presente dove è fatta la sua volontà in verità, libertà, umanità e amore, nella giustizia del suo Regno. Dio odia il credo, odia la teologia, odia l’erudizione dei dottori della Legge, odia la pietà, odia il culto dove non è fatta la sua volontà nella giustizia, ma è presente dove è fatta la sua volontà anche se egli non è conosciuto o nominato. Dio si serve dei non credenti per giudicare i credenti, si serve dei pagani per svergognare i cristiani. Non il cristianesimo, ma il Regno, e nel Regno l’uomo. »
(Leonhard Ragaz)

 

Leonhard Ragaz cristiano pacifista

Considerato un precursore dai teologi sudamericani della liberazione, trovò nella Bibbia la radice del proprio impegno politico e sociale

Leonhard Ragaz cristiano pacifista

(Markus Mattmüller) Nato 150 anni fa a Tamins, nei Grigioni, il 28 luglio 1868, Leonhard Ragaz era figlio di una modesta famiglia di contadini. Cresciuto in un villaggio di montagna dove gran parte del suolo era di proprietà pubblica, riconobbe le possibilità inerenti a un socialismo istituzionalizzato, al sistema cooperativistico, a una democrazia comunitaria viva e al federalismo.

Teologia e lotta sociale
Spinto a studiare teologia a motivo della facilità con cui ciò permetteva di ottenere una borsa di studio, dopo alcuni semestri trascorsi a Basilea, Jena e Berlino, a 22 anni divenne pastore e assunse la cura di tre parrocchie di montagna. Successivamente fu pastore a Coira, e nel 1903 venne chiamato alla cattedrale di Basilea. Fino a quel momento non si era distinto in nulla dagli altri teologi liberali del suo tempo, la cui carriera era accompagnata da successo e popolarità. Ma le cose erano destinate a cambiare radicalmente.

Leonhard Ragaz cristiano pacifista

Nella città industriale di Basilea, la lotta sociale raggiunse il suo culmine, costringendo Ragaz a prendere posizione. Nella primavera del 1903, scoppiò un conflitto tra impresari edili e muratori e manovali. Uno sciopero di grandi dimensioni venne sciolto dall’intervento delle truppe cantonali. La domenica dopo Pasqua, Ragaz salì sul pulpito della cattedrale di Basilea e affermò che la questione operaia era il problema più urgente del suo tempo: “Il cristiano deve sempre schierarsi dalla parte del debole, dalla parte di coloro che nella lotta sociale tendono verso l’alto. Il cristiano deve sapere che siamo fratelli, non deve solo guardare a se stesso e pretendere che Dio badi a tutti gli altri, ma riconoscere che come figli di Dio siamo responsabili gli uni degli altri”.

Da Basilea a Zurigo
Per la prima volta Ragaz espresse la convinzione che nel movimento operaio si manifesti una forma di cristianesimo inconsapevole, istintiva. Nello stesso anno, parlò per la prima volta del contrasto tra “la religione statica, immobile, quieta e la religione che si muove dinamicamente in avanti. Il primo tipo”, disse, “vede nella religione un luogo di riposo dove coltivare una pietà individualistica e fa del cristianesimo un potere conservatore. I rappresentanti della seconda forma sottolineano invece non la fede in Cristo, bensì la sequela di Cristo. Non difendono la chiesa intesa come istituzione, ma rivendicano il regno di Dio”.

Il cristiano deve sempre schierarsi dalla parte del debole

Chiamato a Zurigo, nel 1908, dalla Facoltà di teologia dell’Università, come professore di teologia sistematica e pratica, Ragaz tenne una serie di corsi sulla filosofia della religione, sull’etica, sul cristianesimo e la questione sociale.

Lo scoppio della guerra
L’inizio del conflitto mondiale, nel 1914, fu considerato da Ragaz come il giudizio sulla società capitalista e militaristica, ma anche sulla chiesa imborghesita e troppo leale verso lo stato. Da quel momento in poi, l’ex comandante dei cadetti e cappellano militare diventò uno dei leader del movimento pacifista svizzero. Gli anni della guerra diedero al suo pensiero teologico l’impronta definitiva: il regno di Dio non è interiore o trascendente, ma vuole trasformare la società e liberare i poveri.

Leonhard Ragaz cristiano pacifista

La sua critica alla chiesa, alla teologia e a un cristianesimo borghese, lo spinse a riconoscere la contraddizione esistente tra le sue convinzioni e il suo stato privilegiato di teologo accademico. Nel 1921, all’età di 53 anni, senza il diritto ad una pensione, abbandonò la cattedra e si trasferì nel quartiere operaio di Zurigo-Aussersihl, alla Gartenhofstrasse, dove fondò un’accademia popolare. Da allora in poi, si guadagnò da vivere con le modeste entrate provenienti dal lavoro giornalistico.

Leonhard Ragaz

Leonhard Ragaz cristiano pacifista

La svolta
Da quel momento in poi, Ragaz concentrò le sue attività su tre argomenti principali, tutti di carattere “profano”: la formazione operaia, il socialismo e la pace mondiale.
Nel centro di formazione, dibatté questioni sociali, giuridiche e politiche. Dopo il 1921 non predicò più in nessuna chiesa. Le sue riflessioni, esposte nella saletta della Gartenhofstrasse, e i suoi contributi, pubblicati sulla rivista Neue Wege, costituirono per molti anni le sue uniche testimonianze teologiche. Ragaz leggeva i testi biblici nel contesto degli avvenimenti contemporanei: soprattutto durante gli anni della seconda guerra mondiale questo tipo di lettura permise a molti di preservare una speranza e trovare una consolazione, ma mise anche in guardia di fronte ai pericoli politici di quell’epoca buia.

Cristianesimo, ebraismo, socialismo
In molti suoi articoli Ragaz prese posizione sulla “questione giudaica”. Ribadendo che la radice del cristianesimo e dell’ebraismo è la medesima, espresse il proprio rifiuto nei confronti di qualsiasi attività missionaria verso gli ebrei. Nel novembre del 1938 condannò senza mezzi termini la notte dei cristalli, definendola un “atto barbarico”. Successivamente denunciò con forza e inequivocabilmente la “soluzione finale” nazista, e accolse nel suo centro numerosi profughi ebrei, con i quali sviluppò legami d’amicizia ed entrò in dialogo.

La notte dei cristalli (1938)

Leonhard Ragaz cristiano pacifista

Aderente all’ala sinistra del partito socialista, contraria alla guerra, Ragaz osservò attentamente gli sviluppi in Russia e riconobbe il pericolo totalitario: nell’analisi ragaziana, socialismo e violenza si escludevano.
Nel 1935 il partito socialista, la cui esistenza, nella Germania nazista, era in pericolo, adottò una posizione favorevole al riarmo; Ragaz lasciò allora il partito affermando: “Rimango socialista!“.

Pacifismo e liberazione
Nel periodo tra le due guerre, Leonhard Ragaz fu il principale esponente del movimento pacifista svizzero. Quando scoppiò la guerra e in Svizzera venne introdotta la censura, i commenti di Ragaz, pubblicati nella sua rivista Neue Wege, non passarono inosservati. Il controllo esercitato dalle autorità lo spinse a interrompere la pubblicazione della rivista. Da quel momento, le sue riflessioni, meditazioni bibliche e commenti politici vennero spediti in busta chiusa direttamente ai lettori.

Negli anni della Seconda guerra mondiale, Ragaz scrisse il suo commento a tutti i libri della Bibbia (Die Bibel. Eine Deutung), un’opera fondamentale per capire il suo pensiero politico e sociale.
Ragaz vide ancora la fine della guerra, la vittoria delle democrazie e la fondazione delle Nazioni Unite. I suoi commenti relativi a quegli avvenimenti furono pubblicati nella rivista Neue Wege, ormai liberata dalla censura. Il 6 dicembre 1945 concluse la 39. annata del periodico. La sera del giorno dopo, all’età di 77 anni, morì, a causa di un arresto cardiaco (trad. it. e adat. Paolo Tognina).

Un teologo tra gli scioperanti

Nel 1918, dopo anni di guerra, fame e privazioni, i lavoratori svizzeri avevano sete di giustizia e chiedevano la loro parte di ricchezza sociale. Il teologo Leonhard Ragaz prese le loro difese

Un teologo tra gli scioperanti

(Delf Bucher) Domenica 10 novembre 1918: sulla piazza del Fraumünster, a Zurigo, settemila lavoratori affrontano poco più di cinquanta soldati armati di mitragliatrici. È in corso la commemorazione, proibita, della Rivoluzione russa del 1917. L’ordine di evacuazione impartito dai militari viene ignorato dalla massa incollerita. Affamati dopo i lunghi anni di guerra, impoveriti dalla mobilitazione alla frontiera senza compensazione dei salari, ne hanno abbastanza della guerra e dell’esercito. Il comandante della piazza, Emil Sonderegger, ordina di sparare. E i colpi partono. Proiettili vaganti feriscono quattro manifestanti. Un colpo partito da una pistola non meglio identificata uccide un soldato.

Socialismo etico
Quel pomeriggio i colpi vengono uditi anche nell’abitazione di Leonhard Ragaz. Il professore di teologia raggiunge in fretta la terrazza del Grossmünster e osserva le scene che scatenarono lo sciopero generale di 100 anni fa. La folla si sta già disperdendo e la cavalleria si appresta a caricare.

Leonhard Ragaz (1868-1945)

Un teologo tra gli scioperanti

Poche ore dopo lo scoppio dello sciopero, Ragaz stese una dichiarazione che inizia con la frase: “Non consideriamo i fondamenti dell’ordine sociale dominante sbagliati e marci soltanto per motivi politici, sociali e economici, bensì anche e soprattutto per motivi religiosi. La fede in Cristo e nell’imminente regno di Dio, così come noi lo intendiamo, comprende tutte le più elevate e radicali promesse e richieste del socialismo”.
Una cosa era importante per lui: il socialismo doveva fondarsi su una “base spirituale ed etica” e quindi distinguersi chiaramente dalle “correnti che credono nella violenza” come il bolscevismo.

Per l’evangelo e contro la violenza
Quella domenica a Zurigo il Comitato di azione di Olten, composto da leader dei lavoratori svizzeri, impressionato dalla violenza militare, indice lo sciopero generale nazionale. Ragaz non partecipa allo sciopero. Protesta invece contro i soldati che con elmetti d’acciaio e baionette inastate pattugliano l’università. I suoi seminari di teologia sono poco frequentati. Alcuni studenti non scioperanti sono per strada a distribuire un supplemento della Neue Zürcher Zeitung nel quale si condannavano i disordini. Nel diario scrive, riferendosi ai suoi studenti di teologia, che non trova affatto piacevole “che rappresentanti del Vangelo parteggino in questo modo per le baionette e per i ricchi”.

Clara e Leonhard Ragaz-Nadig

Un teologo tra gli scioperanti

Tre anni dopo, Leonhard Ragaz lascia l’università e si trasferisce nel quartiere operaio di Aussersihl, dove insieme con la moglie Clara Ragaz-Nadig si dedica all’istruzione degli adulti.
Pochi giorni dopo la fine dello sciopero scrive un articolo per il mensile religioso-sociale “Neue Wege” [da lui fondato nel 1906, ndr.]. In esso equipara il potere dello Stato in Svizzera al sistema bolscevico. Perché, afferma, il governo svizzero è un’“autorità illegittima” che fonda il proprio potere sulla violenza.

Nessuna rivoluzione alla russa
Fu proprio l’impiego dell’esercito contro i lavoratori già in occasione dello sciopero generale di Zurigo del 1912 il fattore scatenante del fermo pacifismo di Ragaz, sostiene oggi la pastora Esther Straub. Per la consigliera sinodale zurighese, aderente al movimento religioso-sociale, che si identifica a tal punto nel pensiero di Leonhard e Clara Ragaz da considerarsi loro erede, l’attualità del teologo è indiscutibile. Perché il regno di Dio non è in un cielo lontano, ma “deve andare in scena qui, sulla terra”.

Un teologo tra gli scioperanti

Secondo Straub si può ricorrere a Ragaz anche per rispondere alla provocatoria tesi di Christoph Blocher, secondo il quale lo sciopero generale sarebbe stato lanciato, in Svizzera, come preludio di una rivoluzione “alla russa”. Ragaz era ben inserito nella rete dei lavoratori e aveva nettamente escluso quell’ipotesi. “Inoltre aveva giustamente affermato”, aggiunge Straub, “che i lavoratori svizzeri non avrebbero sopportato una dittatura del proletariato secondo il modello di Lenin per più di quattordici giorni”. (da reformiert.; trad. it. G. M. Schmitt; adat. P. Tognina)

Fonte: http://www.voceevangelica.ch

Aveva ragione Ragaz, teologo contro la chiesa cantonale, nell’eludere la legge svizzera sui profughi ebrei, che accoglieva: (ve/ref.ch) Nella seconda guerra mondiale la Svizzera ufficiale era al corrente delle uccisioni di massa nei campi di concentramento nazisti. Documenti finora non resi pubblici rivelano che nel 1942 il Consiglio federale ne fu informato. Ciononostante ordinò ulteriori respingimenti di profughi.

 

La Fede dei Socialisti Religiosi Antologia di Testi a Cura di Wolfgang Deresch

Digitalizzato sul sito http://www.quaccheri.it alla pagina “La Fede dei socialisti religiosi”

 

Ragaz

Prima parte sul socialismo religioso

 

Nato il 28 luglio 1868 in Tamins, studio della teologia a Basilea, a Jena, a Berlino; nel 1889 parroco di montagna a Flerden,nel 1892 insegnante di religione e nel 1984 parroco di Chur; nel 1904 parroco della cattedrale di Basilea; nel 1906 con la conferenza “il Vangelo e l’attuale lotta sociale” tenuta in occasione della festa della società dei predicatori svizzeri, promosse la fondazione del movimento religioso- sociale. Nel 1907 viaggio negli Usa, conferenza al Congresso mondiale per il libero cristianesimo a Bostom, nel 1908 professore di teologia sistematica e pratica a Zurigo, nel 1914 viaggio in Inghilterra; nel 1921 ritiro dall’insegnamento; dal 1921 presidente del Settlement del gardenhof (scuola popolare dei lavoratori); viaggi in Olanda. Germania, Scandinavia e Cecoslovacchia in qualità di Presidente della lega internazionale dei socialisti religiosi; morto il 6 dicembre 1945.

Ragaz e il Regno di Dio

Ragaz che aveva sofferto a causa di una religione senza legame alla realtà, vedeva con grande interesse nel socialismo un movimento, in cui ,come egli credeva, si manifestava la realtà del Regno di Dio. La questione sociale non era una verità fondamentale  del Regno di Dio? La socialdemocrazia nelle sue richieste non riprendeva delle richieste fondamentali dell’annuncio messianico? Non si rivolgeva essa, come l’annuncio messianico, ai poveri e ai diseredati? Perciò si apprenda dai socialdemocratici con quanta forza e quanta santa passione si debba annunziare accanto a un cielo nuovo una terra nuova. “E come la socialdemocrazia, anche la chiesa come il socialismo doveva intraprendere la lotta per contrastare il capitalismo, il militarismo, l’egoismo, la fede nella violenza e tutto l’ateismo sociale del nostro mondo. Questioni come disoccupazione, insufficienza di alloggio, lavoro e riposo, guadagno e profitto, tutto il problema sociale, devono essere affrontate dai suoi dirigenti, nelle chiese, scuole, giornali come parte del problema religioso. Essa deve distinguersi nello zelo per la Giustizia di Dio su una nuova terra”.

Il socialismo attirò l’attenzione di Ragaz sulle questioni sociali e l’incidenza nella realtà. Egli così lo può definire come “Giovanni il Battista” che precedette il Cristo. Tuttavia benché stimi tanto il socialismo e lo comprenda nel suo profondo, Ragaz non dimentica che il socialismo è soltanto un mutamento sociale. L’annuncio del Regno di Dio è invece più del socialismo. Anche un nuovo ordinamento sociale non orta via dal mondo il caso, la morte, la malattia, la colpa, il peccato. Tutte queste questioni sono senza risposta nel socialismo. Quale funzione spetta al socialismo all’interno dell’annunzio del Regno di Dio? Esso è prefigurazione del regno veniente. E’ l’indirizzo verso il più grande che in esso risplende, anche attraverso le sue manchevolezze e i suoi errori. E’ messaggero dell’avvento di un movimento di portata maggiore che si prepara a venire nel mondo. Questo è più grande del socialismo “ma porta sulle sue onde anche la vittoria del socialismo”. Perciò la lotta per il socialismo è lotta anticipatoria per il regno vivente”

Leonhard Ragaz: Che cosa è il socialismo religioso?

Se debbo tentare di rispondere molto brevemente, più per accenni e allusioni, che sistematicamente ed esaurientemente alla domanda: che cosa è il socialismo religioso, allora sono prima necessarie due premesse:

Prima di tutto quando si parla di socialismo religioso non si può troppo considerare in nome di questa realtà come indicazione del suo essere; per quanto io sappia, esso è sorto casualmente e non bisogna attribuirgli importanza in alcun modo. Paragonandolo con esempi maggiori: esprime tanto poco il senso e la portata della realtà alla quale richiama, quando lo fanno rispettivamente i nomi “Protestantesimo” e “Cristianesimo”. I nomi provengono spesso da circostanze esterne, occasionalmente, come ho accennato da momenti puramente casuali. Perciò si può avere qualche indicazione simbolica, ma non si può pretendere di dedurre troppo da loro, in nessun caso.

La seconda premessa è ancora più importante. Di fronte a un tale fenomeno come il socialismo religioso, facciamo bene a ricordarci delle tesi di Bergson, di definirlo il vivente. In quanto il vivente come tale è in divenire continuo è pieno di sviluppo creativo. Si può definire (vale a dire comprendere e in concetti definiti), solo il perfetto, non ciò che sta sviluppandosi, ciò che sta riposando non ciò che è mosso. Quando abbiamo a che fare con qualcosa di vivente, diveniente, crescente, non possiamo formare dei concetti finiti nei quali incarcerarlo, noi possiamo, per così dire, indicare il posto in cui si sviluppa il suo essere, accennare al suo senso e contesto, possiamo innalzare la sua bandiera ed erigere il suo vessillo. E si capisce allora da se stesso che ogni simile tentativo è soggettivo, anzi in un senso ancora diverso da quanto si verifica in ogni altro tentativo di comprendere un soggetto, pensando e guardando. La cosa si presenta allora così che colui che descrive un movimento è al tempo stesso uno che lo paragona con molti altri e lo comprende proprio nel suo modo particolare.

In questo senso sono da intendere le spiegazioni  seguenti, non vogliono essere una definizione, ma una indicazione e una testimonianza.

Vorrei affrontare il tema in modo tale che per amore di semplicità e trasparenza nella rappresentazione, io prenda l’avvio da due errori che spesso, come mostra l’esperienza, sono inerenti alla realtà chiamata socialismo religioso. Si può credere che si tratti si tratti di socialismo con un po’ di colorazione religiosa, oppure di cristianesimo con un ò di colorazione sociale. Rispettivamente, allora, ci si rivolge contro il socialismo religioso dal punto di vista religioso profondo e autonomo contro qualcosa che si ritiene una pianificazione e uno sdilinquimento preciso, deciso concepito, forse, come fortemente rivoluzionario, come contro qualcosa che si ritiene un indebolimento riformista e una deviazione ideologica e confusione della lotta socialista. Allora il socialismo religioso si trova tra religione e socialismo come qualcosa di torbido, nebuloso, debole prodotto bastardo osteggiato da tutte e due le parti, disprezzato dai più tipici rappresentanti di tutte e due le potenze.

Bisogna quindi spazzar via questo doppio malinteso se vogliamo progredire la nostra causa potentemente.

2

Comincio con ciò che è la religione nel socialismo religioso. E mi si permetta allora di parlare di cristianesimo anziché di religione, oppure quando dico “religione” si comprenda semplicemente “cristianesimo”. Poiché questo tempo davanti agli occhi, solo di questo posso parlare con una certa competenza. Ma quel che dico in proposito può certamente valere –mutatis  mutandis – anche del giudaismo per esempio che si riconosce nel socialismo religioso e felicemente vi è un tale giudaismo e, per di più, nient’altro che disprezzabile, come  pure riguarda il rapporto del protestantesimo e il cattolicesimo al socialismo religioso. Quando io parlo di “cristianesimo” anche questo è ovviamente un concetto problematico, un concetto che forse comprende in maniera esigua quel proprio che noi socialisti religiosi intendiamo, ma è il concetto che più da vicino richiama il nocciolo dell’essenza del nostro problema.

In questo senso dichiaro :il socialismo religioso non deve e non vuole essere solo un socialismo con colorazione religiosa ma semplicemente l’intero cristianesimo senza alcuna diminuzione. Esso abbraccia tutta la verità, non solo una parte di essa. Non si tratta di diminuzioni o divisioni, ma della comprensione del tutto: il socialismo religioso è una comprensione di tutto il cristianesimo di cui mette in evidenza il senso sociale.

Naturalmente anche questa definizione deve essere salvaguardata da false interpretazioni. Se il socialismo religioso mette in evidenza il senso sociale del cristianesimo, questo non vuol dire per es. che esso elimini  il senso individuale del cristianesimo. Questo resta ma si unisce al senso sociale. Il rapporto reciproco dei due elementi lo si può concepire diversamente. Lo si può pensare in modo pensare in modo polare ossia che vi sia una tensione tra individuo e comunità oppure si può ordinare oppure sottomettere il momento individuale a quello sociale. Per in nostro problema è secondario se ha luogo la prima o la seconda soluzione. In tutte e due i casi si può sostenere tutta la verità sociale del cristianesimo. Carlyle, Vinet, Tolstoi, Lagarde sostengono con uguale impeto sia i diritti e i doveri  dell’individuo che i diritti e i doveri della comunità.

Il socialismo religioso è una visione sociale di tutto il cristianesimo. Non è neppure, dunque, una certa modernizzazione che porterebbe via dal cristianesimo tutto ciò che potrebbe essere d’intralcio , per es. al socialista comune di tendenze moderne. Esso, in quanto tale, non è quindi razionalismo, liberismo, o modernismo. Per dirla paradossalmente il socialismo religioso accetta non solo la fede della nascita verginale da Maria di Gesù come la presenta il Nuovo Testamento (i teologi comprendono perchè parto proprio da questo esempio!) ma anche la confessione di fede atanasiana e tutto il dogma della Chiesa.  Si voglio parlare ancora più paradossalmente: esso presuppone tutto questo , tutto questo gli appartiene.  Se non vuole perdere qualcosa del suo senso pieno, non le può mancare nessun granello del tesoro autentico e originale della verità cristiana.

Certamente mi debbo affrettare a dire che esso rinuncerebbe anche a se stesso se volesse, per esempio comprendere il credo in senso dogmatico- intellettuale e renderlo suo centro d’interesse. Esso non può essere ortodosso se con questa parola si intende se la forma intellettuale del dogma oppure,  in generale, la comprensione intellettuale a una qualsiasi verità di fede sia essa desunta immediatamente dalla Bibbia, sia essa espressa dommaticamente,  fosse l’essenziale o la condizio sine qua non di tutto il resto. Esso verrebbe eliminato se la concezione verginale di Cristo o tutto il resto del credo atanasiano, in quanto formula, dovesse divenire il distintivo del discepolo di Cristo. Perchè verrebbe cosi eliminato il nocciolo e lo splendore del socialismo religioso: la comunità la cui ultima parola è l’amore per cui resta l’ultimo e il massimo distintivo del discepolo di Cristo. Ogni accentuazione unilaterale della formula allontanerebbe da esso  e porterebbe, in qualche modo, ad un individualismo religioso di falso genere.

Comunque sia – ritorno subito all’argomento – il socialismo religioso deve in ogni caso abbracciare tutto il cristianesimo. Esso si mantiene assolutamente fedele alle verità antiche, fondamentali del cristianesimo, le spiega solo diversamente, le comprende in maniera diversa da come per lo più le si è comprese finora. Da questo punto di vista esso non è assolutamente niente di nuovo, ma solo una spiegazione dell’antico e dell’antichissimo; sì come tutti questi movimenti  sentirà il bisogno e pretenderà di rifarsi proprio all’antico e all’antichissimo e concepirlo in maniera nuova. Il cristianesimo ha annunciato unilateralmente, per lunghi periodi, la verità individuale. Ha fortemente spinto verso il centro il suo annuncio fra Dio e il singolo, dal Dio al singolo e dal singolo a Dio. L’assioma di Agostino “Dio e l’anima, l’anima e il suo Dio” è stato addirittura superato dai riformatori e più ancora dai suoi successori. Il cristianesimo ha annunciato e rappresentato  profondamente, riccamente, e potentemente la redenzione e la salvezza individuale – la vittoria sul mondo, carne, morte diavolo ad opera della potenza di Dio e la sua Grazia apparsa in Cristo, la vita e la beatitudine che ne derivano  – ma quasi sempre con un forte accento sul singolo e uno molto più debole della comunità.  Detto più precisamente: la redenzione sociale, la redenzione del mondo, da peccato,  necessità e morte, il superamento della guerra, del mammone (denaro), della povertà, della malattia, dell’egoismo dell’ingiustizia, la promessa di un nuovo cielo e nuova terra, tutta una metà, forse la più grande dell’annuncio è stata ridotta, mutata, scolorita, è stata di gran lunga insufficientemente espressa nel suo impeto e nella sua pienezza, nella sua attualità, nella sua forza giudicatrice e beatificante.

Questo è ciò che il socialismo religioso deve mutare. E’ un correttivo contro una unilateralità vecchia e potente e perciò esso stesso deve essere unilateralmente. Deve espressamente porre l’accento in maniera diversa. Ma ancora una volta: esso non può tagliare e sfigurare l’annuncio. Esso studierà il senso sociale del vecchio annuncio senza diluirlo o accorciarlo. Sì, esso troverà il sociale nella sua forza nella sua profondità più intensa  del religioso. Parlerà di Dio in modo tale che sarà chiaro che Dio è anche il legame più stretto dell’uomo con l’uomo, l’obbligo più forte della società. Se esso concepisce Dio non come idea. Ma come il Dio vivente, forte personale, allora questi è il Dio che può e vuole giudicare e redimere la realtà del mondo, il Dio che non sopporta idoli si chiamino essi mammone o Marte, Baal o Cesare, il Dio per il quale l’anima è incomprensibilmente  più importante di oro o macchina. Esso a Natale non parlerà di un amore vago, o di una “scolorita pace sulla terra”, ma cercherà di comprendere tutte le profondità del messaggio natalizio che consiste nell’incarnazione di Dio, e poi di dimostrare come questa incarnazione deve portare in Cristo questa mondanizzazione, ad un mondo di Dio e dell’uomo. Il Venerdì Santo non “svuoterà” la croce ma la annuncerà in tutta la sua “stoltezza”, ma la spiegherà  come l’amore di Dio, che discende nella colpa della società, che scopre tutta la solidarietà della colpa sociale e, allo stesso tempo, la forza di questa grazia che annulla e annienta anche questa colpa. Proclamerà l’annuncio pasquale in tutta la sua magnificenza, ma non parlerà soltanto di una resurrezione che salva il singolo dalla tomba per un lontano al di là, ma di quella resurrezione che salva il singolo dalla tomba per un lontano al di là, ma di quella risurrezione che assoggetta nel mondo la potenza della morte ed eleva la potenza di Dio. A pentecoste renderà testimonianza dello Spirito Santo che procedendo da un Dio Santo e forte e dal Verbo incarnato è la forza del rinnovamento e della rivoluzione del mondo. Proclamerà l’annuncio della comunità come di una società che non si esaurisce in un culto con alcuni aderenti, ma è portatrice della causa di Dio nel mondo e per il mondo, in tutta la verità cristiana, tutta, renderà così vivo il potente senso sociale, senza toccare il senso individuale, anzi proprio così adempiendo lo; esso , se posso ora esprimermi così, farà erompere dalle stesse profondità della religione, l’onda del socialismo religioso.

Se dunque, il socialismo religioso è semplicemente una nuova comprensione di tutta la verità cristiana, si pone la domanda se questa nuova comprensione non richiede anche una nuova concezione di ciò  che viene comunemente detto essenza del cristianesimo, diciamo giungere semplicemente il sociale all’individuale, oppure è necessaria una nuova, radicale comprensione affinché esso acquisti la sua autonomia?

Io credo  che la seconda soluzione sia la migliore. Il movimento del socialismo religioso dovrà necessariamente operare  uno spostamento di comprensione di tutto il cristianesimo. Voglio subito toccare il punto in cui , a mio giudizio, ci si imbatterà. La comprensione del cristianesimo contro la quale si leva il socialismo religioso è statica. Proviene da quel pensiero secondo il quale il mondo è finito, secondo il quale le concezioni del mondo esistenti sono contemporaneamente ordine divino, certamente solo temporanee, tuttavia tali che per questo mondo non vi è speranza di un mutamento sostanziale. Per un’espressione forte: Dio è un Dio che riposa e il mondo è un mondo che riposa. Va da sé che la salvezza è una salvezza essenzialmente per il singolo e l’apertura verso l’al di là rafforza ancora questo individualismo. Si capisce da questa rappresentazione che su tutto questo quadro grava l’ombra paralizzante del pessimismo. Contrariamente, il socialismo religioso sostiene un modo di pensare dinamico. Esso crede al dio vivente che non solo ha creato, ma crea tendendo al futuro, che non conosce un mondo stabile, finito, ma vuol mutare, rinnovare il mondo al Dio che continuamente opera, che è l’eterna rivoluzione del mondo. Esso crede al “regno di Dio” che è espressione del Dio vivente nel mondo. La parola del regno diviene necessariamente la grande parola del socialismo religioso. Questo regno avanza vivacemente. Abbatte i regni del mondo; come ha abbattuto Ninive e Babilonia, così abbatterà Roma , come ha abbattuto Moloch e Baal abbatterà anche il capitalismo e il militarismo. E se necessario, può, alla stessa maniera, abbattere anche il tempio, religione, cristianesimi che diventano loro benedizioni e protezioni. Il Regno di Dio abbatterà  tutti gli altri regni e realizzando se stesso, realizzerà anche l’uomo. Come questo regno è passato da Mosé a Geremia, così da Cristo si estenderà nel mondo finché il mondo non gli appartenga. La parola dello Spirito Santo, la preghiera delle preghiere divenuta per Christoph Blumhardt, il più grande rappresentante del socialismo religioso, il terzo motto dopo quello del Dio vivente e del regno di Dio. Come con tutto ciò viene superato un certo individualismo , così viene anche superato quel pessimismo che escludeva ogni vittoria decisiva del regno sulla terra. Il socialismo religioso, fortemente antinomista, come esso è secondo la sua natura, non considera meno del cristianesimo agostiniano la potenza del male, ma crede molto di più che la potenza di Dio può vincere questa potenza del male, crede alla forza della resurrezione di Cristo nel mondo, in mezzo al mondo, crede alle vittorie di Dio operate insieme ad uomini e comunità di uomini che hanno veramente fiducia in lui. Perciò la sua ultima parola è la speranza – la speranza per il regno sulla terra; perciò il suo atteggiamento è rivolto in avanti , in attesa della venuta del regno sulla terra; perciò il suo atteggiamento è rivolto in avanti, in attesa della venuta del regno di dio e del suo Cristo ed è , in questo senso, orientato verso l’ultimo: escatologicamente . Ma il Dio vivente non può , tuttavia, stare solo alla fine della storia, egli che era e viene , e anche – è ora e qui il vivente che crea il suo regno.

Io credo che il socialismo religioso, non appena comprende se stesso rettamente, deve avviarsi sempre sulla strada di una tale comprensione del “messaggio”. Questo lo mostra chiaramente anche tutta la storia fino a questo punto. Gli sarà certamente proprio un atteggiamento rivoluzionario nel senso più profondo e da questo fuoco si dipartirà tutta l’irrigidita lava della verità cristiana in fiume vivente.

Certamente non se ne può sviluppare una nuova dommatica religioso-sociale. Piuttosto bisogna dire ora ancora una parola sul metodo del suo pensiero. Sarà possibilissimo che a volte prorompe la corrente infuocata del socialismo religioso senza che riesca ad esplicarsi tutta la verità alla quale esso appartiene fondamentalmente. Per ritornare ancora una volta al rapporto con gli altri partiti religiosi, esso può prorompere tanto dal liberismo quanto dall’ortodossia e precisamente così che tutte e due restino inizialmente immutati. Ma esso significherà certamente un cambiamento fondamentale del metodo. Poiché l’accento sarà ora posto in maniera diversa. Ho già accennato che porre l’accento su forme intellettuali, siano esse liberali od ortodosse, significherebbe mutare il centro del socialismo religioso : la comunità e l’amore. Non cambio punto di vista se ora dico: il centro del socialismo religioso è l’attenzione prestata all’agire del Dio vivente e la fede nel suo regno. Sottolineare formule, significa un ripiegamento nel modo di pensare statico. Formulato diversamente: il dogmatico subentrerebbe al posto del profetico (in senso lato) che appartiene al socialismo religioso e la filosofia al posto dello Spirito Santo. Perciò sarà cura del socialismo religioso non fissarsi su una controversia riguardante la Bibbia, il miracolo, la divinità di Cristo, ma indicare semplicemente il vivente , il suo regno e il suo Spirito. Chi lo lascia regnare, viene introdotto in ogni verità. Non già che il socialismo religioso riterrebbe superfluo il lottare per quei problemi – questo è un grave malinteso che non ha alcun fondamento nella realtà – esso vuole solo che questa lotta non abbia luogo in uno spazio privo d’aria, ma vuole che avvenga nel mezzo della lotta con quella realtà nella quale il regno irrompe combattendo e il Dio vero si annunzia. Così esso supera liberalismo e ortodossia senza opporre loro una nuova dogmatica. Conserva una grandiosa libertà di movimento nell’unione con il Dio vivente, senza doverla mercanteggiare con una diminuzione della profondità e serietà religiosa. Per dirla in breve, il suo metodo è: “cercate prima il regno e la sua giustizia , e tutto il resto vi sarà dato” – anche tutta la necessaria comprensione della Bibbia, di Cristo, degli uomini, delle opere di Dio. E credo che questo metodo ha dato buona prova!

3.

Volgiamoci ora a ciò che è socialismo religioso. Come ricordiamo, a questo punto predomina il sospetto da parte del socialismo che si tratti di un po’ di colorazione sociale del cristianesimo, di una appendice del cristianesimo forse molto indeterminata, solo socialriformista. Contrariamente, bisogna assicurare che il socialismo religioso abbraccia, come il cristianesimo, anche il socialismo totalmente. La definizione è analoga alla precedente: Il socialismo religioso è una comprensione di tutto il socialismo di cui mette in evidenza il senso religioso.

Vogliamo tentare di delineare a grandi tratti che cosa è contenuta in questa formula.

Il socialismo religioso abbraccia tutto il socialismo. Non prepara, dunque, un programma socialista caratterizzato, forse più riformisticamente, da aggiungere al suo cristianesimo, ma investiga semplicemente sul senso del socialismo. Per dirla in breve, esso è una spiegazione religiosa del socialismo. Ne riconosce il senso religioso. Scorge in tutto il movimento socialista un’irruzione di verità che propriamente avrebbe dovuto sostenere la comunità cristiana. Dato che questa non lo ha fatto, ora il socialismo appare in veste mondana, appare per lo più non nel nome di Cristo, ma spesso in contrasto con esso, anzi, forse, nel nome dell’anticristo, almeno sul continente europeo (in Inghilterra la situazione è notoriamente diversa). Il regno di Dio per la terra che costituisce il senso della Bibbia e del cristianesimo, questa corrente sotterranea che scorre attraverso la storia, prorompe nel socialismo naturalmente ora mischiata a molti detriti che non provengono dallo Spirito Santo, dato che scorre tra rocce estranee. Questo non deve impedire alla comunità di Cristo di riconoscervi una palese volontà di Dio e di riconoscere, umiliata in profonda penitenza, la propria colpa di omissione. E’ Dio stesso che nella necessità e premessa del fermento sociale bussa alle porte della cristianità come giudizio e grazia. Egli viene nel socialismo come giudizio della cristianità. Egli sta presso gli “atei” e di là rimprovera i “pii”. Ma questo giudizio ha il senso che esprime la parola di Blumhardt senior pronunziata prima di morire. “Il Signore aprirà a misericordia la sua mite mano su tutti i popoli”.

Questa spiegazione religiosa del socialismo è la sua fondazione religiosa. Così si è trovata un’altra definizione che è naturalmente solo un’interpretazione della prima più generica: Il socialismo religioso non crea forme speciali di socialismo, ma conferisce una fondazione religiosa a tutto il socialismo in quanto tale. In essa contenute due affermazioni:

Il socialismo religioso è convinto che il socialismo non può sussistere senza una fondazione religiosa. La scienza, per quanto gli possa prestare dei servizi preziosi, non può tuttavia fondarlo. Poiché esso è essenzialmente una fede, una speranza sul fondamento della fede, una spiegazione del senso della storia, più precisamente: una spiegazione messianica della storia. Esso presuppone determinate valutazioni etiche soprattutto la santità dell’uomo in ogni forma, il valore incondizionato e infinito della personalità, e si basa sulla certezza religiosa che il mondo appartiene alla Potenza che in esso si manifesta. Il materialismo marxista della storia, presentandosi come scienza, ha la sua anima in questa fede messianica. Il socialismo può vivere per lungo tempo inconsciamente a partire da questa fede, a scorno dei pii consapevoli, che sono morti nella loro pietà, ma non potrà non avvenire che un giorno la fede inconscia del socialismo diventi conscia – altrimenti la sua anima si rattrappirà e si sostituirebbero degli idoli e dei demoni al Dio onorato inconsciamente! – come non potrà non avvenire che il messianismo del regno di Cristo , questo fuoco che cova sotto la cenere, spunti come fiamma luminosa dal centro della comunità cristiana. E’ il compito primo e decisivo del socialismo religioso risvegliare la comunità cristiana, detto meglio : aiutare e risvegliare nella comunità cristiana la coscienza che essa deve pregare lo Spirito Santo in questo senso. Solo, poi, in seconda linea viene il compito nei riguardi del proletariato socialista. (E’ meglio che parli subito di esso).

Esso gli deve riconoscere il suo diritto, prima di tutto in nome di Cristo. Quando ciò si è verificato – e precisamente non solo a parole, ma anche coi fatti! – allora può anche mostrargli che la sua speranza trova il suo fondamento stabile, portante solo nella fede del Vivente e nel suo regno. Forse una volta, verrà anche il giorno – ma solo dopo molte prestazioni, sofferenze , sacrifici – in cui potrà predicargli la penitenza , quando non lo farà da solo. Ma il suo primo compito è di predicare questa penitenza al cristianesimo, a se stesso. Su questa strada reincontrerà ciò che Dio ha unito, il diavolo separato: cristianesimo e socialismo corrono verso la stessa corrente.

Ma questa fondazione religiosa del socialismo è anche concepita in modo tale che il socialismo costituisca a priori una parte essenziale dell’annuncio (Vangelo) della cristianità. Esso è già contenuto nel Vecchio Testamento ed è sviluppato e completato nel Nuovo. Questo non è naturalmente il socialismo dei programmi di partito e delle moderne forme economiche e politiche, ma il fondamento eterno del socialismo: Dio, l’uomo, l’anima, il fratello, la solidarietà nella colpa e nella grazia, l’immediatezza dell’amore e della comunità, il servirsi reciprocamente, la speranza nel regno e nella sua ingiustizia, in breve, tutto il mondo cui si accenna con queste parole. Questo è il socialismo della Bibbia, il socialismo della “Parola di Dio”, il socialismo del Nuovo testamento, come dice un grande specialista. Franz Overbeck, si potrebbe forse dire: il socialismo nella sua sfera puramente religiosa, nella sua sfera divina, che pure immediata ed eterna, il socialismo del regno di Dio che diviene sempre regno dell’uomo. Questo socialismo è più radicale di ogni altro. Poiché quale radicalismo potrebbe andare oltre l’umanità santa , la fraternità, il regno di Dio? Quale rivoluzione potrebbe essere più rivoluzionaria dell’incarnazione di dio nel mondo, della sostituzione della schiavitù del mammone con il regno di Dio, della spada con la croce, di Satana con Cristo, dell’animale con l’uomo? Il socialismo religioso non può esaurirsi in riforme sociali, esso è socialismo, cioè la promessa e la pretesa di una società ordinata fondamentalmente ed essenzialmente in maniera diversa e nuova rispetto all’attuale. E’ la promessa e la pretesa di una conversione piena, di una metanoia del mondo come dell’individuo, è l’annuncio della rivoluzione di Dio contro la signoria degli idoli di questo mondo. Nel messaggio del regno è contenuto tutto il socialismo : la vittoria sul peccato, la morte, sul mondo: Poiché naturalmente è una fiaba che il socialismo religioso voglia identificare il regno di Dio con il socialismo, forse addirittura con il programma del partito. Il socialismo nel suo senso puro, ultimo è un raggio del regno di Dio, una parte essenziale del regno di Dio ma non tutto il regno di Dio. Ma anche il contrario: è una promessa ed una esigenza del regno di Dio.

Ma ora questo socialismo della Bibbia o del regno di Dio deve scendere nel mondo, deve essere il socialismo immediato ed eterno in mezzo alla storia, al tempo e ai rapporti umani. Qui si pone una nuova tesi che è anche solo una spiegazione delle tesi fondamentale e che appartiene all’essenza di tutto il socialismo religioso: la verità apparsa in Cristo deve divenire l’ordine del mondo. Il socialismo religioso toglie la divisione tra il regno di Dio e regno del mondo che esiste in forma di ogni specie del cristianesimo e che lo ha portato, inoltre, ad una fissità statica, con la fede e l’esigenza che la forza e la verità del regno di Dio vince il regno del mondo e così redime e santifica la realtà. Quel che esso accentua in modo particolare, come correttivo, è che nel regno di Dio è contenuta la realtà materiale e sociale, la società e l’economia e la politica. E fa anche questo in un senso pienamente biblico. Poiché il santo materialismo appartiene alle sue caratteristiche più profonde. La redenzione sociale è, in un senso particolare, la continuazione dell’incarnazione di Dio di cui è stato detto: “E il Verbo si fece carne”.

Ma come deve avvenire ora più precisamente il passaggio dal “Verbo” alla “carne”?

Una cosa è verta: il socialismo religioso starà dalla parte del proletariato. Questa è la santa eredità di Cristo. Cristo appartiene sempre “ai poveri”, Gesù va dai “doganieri e peccatori”; il socialismo religioso combatte con e per il proletariato la battaglia della sua liberazione ad uomo e fratello. Esso, in questo senso, prende parte alla sua lotta di classe. E’ secondario se usa o meno questa parola. Può avere buoni motivi per non usarla troppo facilmente, ma la causa stessa, la lotta del proletariato per la liberazione di se stesso e contemporaneamente di tutta la società deve essere naturalmente anche la causa del socialismo religioso. Un socialismo religioso che stesse da parte in questa lotta o che la vorrebbe indebolire , sarebbe essenzialmente un fantasma . Ma di questa lotta di liberazione del proletariato fa fa parte pure tutto il movimento operaio. Questo è, per così dire, solo un altro termine. Anche esso, naturalmente, in tutte le sue forme deve essere la causa del socialismo religioso. Altrimenti esso sarebbe di nuovo qualcosa di totalmente irreale, campato in aria.

Il socialismo religioso è una interpretazione e fondazione religiosa del socialismo e del movimento operaio, considerati ambedue nel loro senso ultimo.

Per quel che riguarda, però, le singole forme che il socialismo e il movimento operaio debbono far proprie nella vita economica, politica e culturale, va da sé che il socialismo religioso non ha un programma particolare. Esso non è legato ad una dommatica etico-sociale; esso non vuole , e nessuno lo può, legare ad una tale dommatica il nome di Dio. Tali forme sorgono e passano col tempo. Esse sorgono dal materiale della creazione di Dio e tendono alla realizzazione, ma vanno anche incontro al tempo del loro scioglimento. In questo punto il socialismo religioso lavorerà e combatterà in libertà insieme a tutto il movimento sociale e socialista. Non creerà, come detto , forme particolari. Si può, forse dire, che esso ha predisposizione per quelle forme socialiste che si avvicinano di più alla figliolanza di Dio e alla fraternità, detto sociologicamente : che incarnano meglio il suo principio fondamentale: comunione in libertà , comunione sulla base di libero legame. Una tale comunità è secondo, la sua essenza , la cooperativa. In esso il socialismo religioso di tutti i tempi ha effettivamente visto la forma adatta per il suo contenuto. Ma la cooperativa è la forma fondamentale di tutto il socialismo (che in tedesco si dice appunto “cooperativa”), è per esso la forma, la forma delle forme e in quanto tale non solo una forma particolare. Tutte le sue forme debbono portare questo tipo. Resta comunque fermo che il socialismo religioso non deve e non può creare forme particolari di socialismo religioso. Esso coopererà piuttosto, depositerà il suo meglio nelle forme che il movimento socialista ha generato. Cooperativa, sindacato, comune, riforma del suolo, politica sociale che edifichi organicamente, fondi nuovamente, un lavoro di formazione socialista, una politica socialista mondiale, perché non potrebbero essere forme nelle quali esso potrebbe riversare la propria anima? Naturalmente senza legarsi ad esse, senza credere che esse costituiscano il regno di Dio.

Il socialismo religioso deve conservare la stessa libertà nei confronti di tutti i partiti e programma di partiti socialisti. Esso può accompagnarsi con ognuno di essi, ma non può legarsi a nessuno. E’ chiaro che il socialismo religioso è fondamentalmente accessibile sia all’anarchico e comunista che al socialdemocratico o socialista complementare senza partito. In realtà il rapporto si formerà praticamente così che le diverse specie o gruppi di socialismo religioso staranno presto in stretta relazione con questa direzione del socialismo, ma questo non potrà cambiare il fatto che il socialismo religioso in quanto tale non si identifica né col programma della socialdemocrazia, né con l’anarchia, Né con il comunismo bolscevico, che esso è qualcosa di molto più ampio al quale, allora, debbono poter andare, debbono poter accedere tutti coloro che lo vogliono . E così è anche chiaro che il socialismo religioso in quanto tale non si identifica con il marxismo, come, d’altra parte , non si identifica con il Proudhonismo o il Bakunismo. Anche all’interno del socialismo religioso deve potersi lottare per le forme migliori di socialismo; esso ha la sua unità solo nell’interpretazione e fondazione religiosa del socialismo.

Se, in questo senso, il socialismo religioso non crea, da una parte, un programma socialista particolare, e dall’altra, non è legato in quanto tale ad alcun programma, si pone naturalmente la domanda se, allora, l’interpretazione e fondazione religiosa del socialismo non ne debba influenzare anche la formazione. Noi ci ricordiamo di aver anche dichiarato che il socialismo religioso non vuole essere un cristianesimo particolare, ma semplicemente il cristianesimo, il cristianesimo compreso socialmente e di aver poi mostrato che questa nuova comprensione sociale crea una nuova comprensione del cristianesimo. Non dovrebbe essere così anche per quanto riguarda il socialismo?

Io credo effettivamente di sì. Certamente resta fermo: il socialismo religioso non crea da se stesso nuove forme socialiste (come neppure forma nuove forme cristiane), ma muterà tutta la forma del socialismo, studiandone dappertutto il suo senso religioso. Senza creare forme socialiste particolari, preferirà, tra quelle presenti, quelle che gli sembrano esprimere meglio l’essenza del socialismo, preferirà quelle organiche , e libere a quelle meccaniche e violente . Per quel che riguarda lo spirito di tutta la lotta per il socialismo, respingerà e lotterà tutte le teorie e i dogmi socialisti sulla violenza; poiché non si può edificare su Dio, Cristo, lo Spirito e poi aver fiducia nella violenza . Tuttavia questo rifiuto e questa lotta non debbono e non possono essere dottrinali e autogiustificanti. Respingerà e combatterà la degenerazione del socialismo in puro materialismo (materialismo non santo) e nel puro egoismo collettivo. Si sforzerà di accordare i mezzi della lotta socialista con l’essenza del socialismo. Rifiuterà una lotta di classe che respira spirito militarista e serve solo all’odio; respingerà ogni genere di militarismo socialista. Si sforzerà di render sempre più puri il senso e i fini del socialismo e di porli sempre più in evidenza. Non amerà un radicalismo rivoluzionario fatto di parole, ma sosterrà, invece, un vero radicalismo che comprende il socialismo dalla sua radice, non lo comprende solo come teoria di una convinzione politica per raggiungere il potere ma come convinzione e vita e lo rende così vera rivoluzione del nostro mondo. In questo modo imparerà che il socialismo si venda a successi esterni, lo proteggerà dal prevenire ad un nuovo piccolo borghesismo. Combatterà la demagogia socialista, ma se resterà puro supererà ogni altro socialismo nel rigore della testimonianza della verità e nella fedeltà al servizio e renderà così testimonianza allo spirito che in esso opera.

4

Il socialismo religioso non è un socialismo colorato religiosamente, né un cristianesimo colorato socialmente, ma una crescita del cristianesimo dal quale scaturisce il suo senso sociale e socialista, come il sole spunta da dietro le nuvole; non è un rattoppo,  un mosaico, ma una figura genuina, totale, organica, il figlio legittimo della originale verità cristiana e il rinnovamento del mondo attuale. Devono esser notati ancora due punti che possono spiegare il senso del movimento.

Si capisce chiaramente da quanto detto che possono darsi, anzi diverse forme di socialismo religioso. Queste differenze possono riferirsi ora alla religione, ora al socialismo, ora al loro rapporto reciproco (vi sono anche sfumature!) ora avranno il loro fondamento nel modo particolare dell’origine , nella situazione particolare, nei compiti particolari che derivano. Gli uni avranno un modo determinato e ricco di pensieri dietro di loro, gli altri si concentreranno di più su alcuni punti; gli uni andranno più con la socialdemocrazia, gli altri più con l’anarchia e degli altri ancora forse addirittura col bolscevismo. Tutto ciò è possibile e realmente succede.  Come socialista religioso si può provenire da un ambito prevalentemente religioso liberale oppure prevalentemente religioso –positivo e portar con sé i gusci d’uovo di questa esperienza. Si potrà aderire più strettamente al marxismo oppure esser più riservato nei suoi riguardi. Si può sottolineare la necessità della lotta di classe oppure combatterla, tenendo presente fin dall’inizio solo la sua forma militaristica, piena di odio. E così via. E’ stato già accennato all’inizio di questo saggio che vi può, inoltre, essere un socialismo religioso giudeo e cristiano, protestante e cattolico.

Questa diversità di forme del socialismo religioso ha naturalmente  il suo lato negativo. Essa può portare ad una confusione, ad una avversione reciproca, ad una guerra spirituale tra fratelli. Se ne hanno esempi funesti. E tuttavia non bisogna non bisogna turbarsi troppo per ciò. La primavera del socialismo religioso deve aprirsi in variopinta ricchezza di forme. E’ necessaria solo quella libertà e apertura di spirito che non si attacca alla diversità, ma vede l’unità oltre di essa e cerca l’unità. Solo un tale spirito corrisponde, del resto, all’essenza del socialismo. Il socialismo deve avere una fisionomia ecumenica, una fisionomia tendente al tutto, tendente all’unità. Per questo l’adesione al movimento operaio in tutte le sue forme gli sarà di grande utilità. Gli restituisce proprio quel che esso deve dargli. Lo preserva da frazionamenti settari. Il socialismo religioso non può escogitare teorie proprie nell’aria rarefatta di conventicole e accarezzare i propri sentimenti preferiti, ma deve lottare nel duro lavoro della formazione del mondo con l’avverso  materiale della realtà. Questo è per lui il mezzo migliore per superare il suo soggettivismo . Questo è per lui il mezzo migliore per superare il soggettivismo. Allora quelle forme che sono anche unirsi in una certa società esteriore che può anche esprimersi  nell’azione comune. Intono a questo nocciolo, tutto il ricco movimento diventerà a poco a poco un organismo.

Ma, alla fine, proprio questo compito indirizza il socialismo  religioso oltre se stesso. E questo è quel che io vorrei ancora dire a conclusione.  Come la parola “socialismo religioso” poteva essere solo indicazione di una realtà più grande, più profonda. Il socialismo religioso è solo una realtà passeggera. Entra in scena per il fatto che son qui necessità e promessa “sociale”, lo pone in relazione con il “religioso”. Ma il fine deve essere:  un risveglio della cristianità in tutto il suo senso nel quale è compreso anche quello sociale. Quando questo risveglio è avvenuto, il socialismo troverà il suo adempimento. La parola vivente di Dio entrerà  nella materia della questione sociale e diverrà una nuova forma della causa di Cristo. Ma in essa, insieme con il socialismo affonderà anche il religioso poiché adempiuti. Dobbiamo definire ciò che la nuova riforma della cristianità? Possiamo farlo nel senso che alla redenzione individuale di cui la riforma del sec XVI e quelle susseguenti hanno studiato così profondamente e chiaramente senso e iter , segue ora la sociale – e precisamente da Dio. In questo modo, però abbiamo davanti agli occhi il regno. Ad esso indica il socialismo religioso. E così intende anche il proprio tramonto quando prega per l’effusione dello Spirito Santo.

Niente da fare ... Nulla di scritto in Italiano su Ragaz ovunque e tantomeno sulla moglie Clara Nedig (nemmeno in francese!). C’è un pregiudizio ideologico antisocialista verso una persona che ha abbandonato la chiesa riformata in Svizzera e la cattedra Universitaria per dedicarsi all’apostolato popolare fra gli operai di Zurigo e l’amicizia con Buber e gli ebrei rifugiati in Svizzera dopo il nazismo in Germania. Nemmeno a casa sua oggi: i riformati svizzeri a Milano ove abbiamo chiesto un aiuto nelle traduzioni dalla loro lingua. Il pastore Maier non ha proprio considerato la e.mail nonostante nel 2001 dal 1997 ero membro di quella chiesa.
Vergogna!
I lavori di traduzione dal tedesco riprenderanno a gennaio 2016.
Solo sull’Enciclopedia del Protestantesimo in francese si trova alla pagina 1240 una nota di una decina di righe che traduciamo così:
“Teologo svizzero nato a Tamis (Grigioni) e morto a Zurigo (1868-1945). Figlio di contadini di montagna. Segnato da Crhristoph Blumhardt (1845-1919), Ragaz è una delle figure di combattente pacifista e del socialismo religioso (non statale), consegnante della sua Teologia del Regno e della sua Giustizia su tutta la terra. Ecologista   d’avanguardia, federalista, egli unisce la preoccupazione comunitaria (Tolstoj) e il personalismo (Vinet) e si oppose ai principi violenti del lennismo. E’ uno dei primi a reclamare, prima della Shoah, un dialogo autentico fra ebrei e cristiani, senza pensieri nascosti di conversione, apertura che riflette la sua prossimità e sua amicizia con Martin Buber (1878-1965) . Per 40 anni Ragaz commenta l’attualità politica nella sua rivista “Nuovi vie” (1906-1945). Egli abbandona la sua cattedra nel 1921 di Teologia all’Università di Zurigo in favore di una libera attività educativa di adulti nel cuore di un quartiere popolare. Fra le sue numerose pubblicazioni (nessuna edita in Italiano, ndT) i commentari delle parabole di Gesù e del Sermone del Monte e la sua imponente in 4 volumi “La Bibbia – Una interpretazione” (1947 – 1950) – Fribourg-Briue, Exodus 1990.

 

In breve sul socialismo religioso

Oltre le dichiarazioni di singoli socialisti religiosi, il movimento ha anche preso posizione collettivamente. Questo avveniva con i suoi programmi, manifesti, soprattutto in riferiemtno ad avvenimenti politici, e con le risoluzioni che vennero regolarmente approvate nei diversi congressi.

I congressi ebbero luogo:

  • 1919 raduno di Tambach
  • 1924 raduno di Meerburg
  • 1926 II congresso dei socialisti religiosi a Meerburg
  • 1928 IV congresso dei socialisti religiosi a Mannheim
  • V congresso dei socialisti religiosi a Stoccarda
  • 1931 conferenza religioso-sociale a Caub
  • 1932 conferenza religioso-sociale a Bad Boll

 

I congressi della federazione internazionale ebbero luogo:

  • 1910 a Besançon
  • 1924 a Barchem
  • 1928 a Le Locle
  • 1931 a Lievin
  • 1938 a Eptingen

Documentazione storica

 

APPELLO DELLA FEDERAZIONE DEI SOCIALISTI RELIGIOSI DI GERMANIA CONTRO UN CONCORDATO CON IL REICH

Le notizie e le voci sulla prevista conclusione di un concordato tra chiese cristiane e il Reich retto dal blocco dei possidenti borghesi si moltiplicano e non accennano a venir meno-. I socialisti religiosi hanno perciò tutti i motivi per dichiarare già da ora chiaramente che essi si impegnarono nella lotta contro la conclusione di un tale concordato.

I socialisti religiosi sono dell’opinione che le chiese debbono essere staccate dallo stato, che le chiese non possono assolutamente apparire come potenze che concludono concordati per assicurarsi vantaggi esterni e possibilità d’influsso.

Tutti i diritti delle chiese nei confronti dello stato basati su questi concordati e tutte le sicurezze della vita ecclesiastica ottenute in questa maniera non procureranno nuova vita e nuovo spirito alla mancanza di forza interna della chiesa.

La necessità delle chiese, e l’importanza delle forze religiose-morali non vengono messe in chiaro delle sicurezze giuridiche nei confronti dello stato, ma il fatto che le chiese proveranno a tutti la loro indispensabilità con il loro annunzio e le loro azioni. Le chiese di Gesù Cristo devono evitare anche la sola impressione di essere interessate alla potenza e all’influsso mondano. Deve essere scopo della chiesa, edificata sul vangelo dell’aiuto ministeriale, divenire una comunità di sofferenti e umiliati che combatte la lotta delle masse oppresse ed essere loro consolazione ed aiuto in tutte le necessità.

Quanto più insignificanti sono le chiese esternamente, tanto più esse sarebbero perseguitate ed oppresse dai potenti dell’attuale stato classista, tanto più esse avrebbero significato, tanto più starebbe sotto la croce di Cristo e tanto più si avvicinerebbe al loro compito di annunciare la parola e la volontà di Dio senza badare se piaccia o no agli attuali detentori del potere.

(Sonntagsblatts des arbeitenden Volkers, 1927, p. 39).

Sull’umanità di Dio

Predica di Leonhard Ragaz, digitalizzata per la prima volta su web

 

“Ci è apparsa la benignità e l’umanità di Dio, nostro Salvatore” (Tit 3,4)

Il messaggio natalizio sull’incarnazione di Dio è oggi più necessario e, in buon senso, più moderno che mai. Poiché l’uomo come uomo non ha vita facile nei nostri giorni. La parola umanità che, per intere epoche, in verità migliori della nostra, significava qualcosa di eccelso e che anche per i più vecchi di noi esprime ancora qualcosa di bello e di grande è divenuta quasi una parola di imprecazione, insieme con tutta la famiglia: pacifismo, democrazia, liberalismo, individualismo e altre, per intere grandi correnti e movimenti del presente. C’è un brulichio di libri, saggi, discorsi che sempre nuovamente dichiarano morta l’umanità, questa figlia dell’illuminismo , essi dicono, dove non mancano slogan dell’autonomia usurpata dall’uomo, “l’eritis sicut Deus, come senso di questa umanità e neppure la menzione di Rousseau, quale loro padre. In questo caso, però, la prassi conferma anche troppo bene la teoria, come ognuno sa. E’ un tempo di inaudita disumanità, così che propriamente appare un po’ superfluo scendere in campo così zelantemente e instancabilmente contro umanità e umanitarismo e colpirli ancora una volta, dopo che sono già stati colpiti migliaia di volta. Vien quasi voglia di pensare che ciò che viene così zelantemente perseguitato e così profondamente disprezzato dai portavoce di un tale tempo potrebbe, forse, essere qualcosa di molto buono e prezioso.

1.via

L’umanità in tutte le sue forme, tutta la sua famiglia, viene oggi particolarmente, fortemente osteggiata da due lati: dal lato mondano e dal lato spirituale.

Dal lato mondano. In questo campo soprattutto il fascismo e il nazionalsocialismo non potrebbero far di più per ridicolizzare l’umanità e i suoi parenti spirituali: pacifismo, democrazia, individualismo e così via.

Per il fascismo non vale l’uomo, ma lo stato. Lo stato è tutto, l’uomo niente. Precisamente l’uomo come singolo; ma il singolo è l’uomo – in ciò Kierkegaard e Vinet hanno eternamente ragione e stanno dalla parte del Vangelo. Con ciò non viene neppure lontanamente negato il diritto alla comunità. Questo significherebbe negare anche il Vangelo – ma la comunità ha solo valore se anche i singoli, da cui è composta hanno valore, altrimenti non è comunità, ma un meccanismo. Perciò lo stato fascista non è una comunità. E’ il generale impersonale che ingoia il singolo, che lo pretende “totalmente” per sé, lo adopera e usa a suo piacimento. Esso è la suprema istanza morale. Ma questo significa che non è affatto una istanza morale. Poiché altrimenti, dovrebbe avere qualcosa di più grande sopra di sé, vale a dire, lo stesso bene. La stessa verità immediatamente morale. Così , invece, esso è una suprema potenza mistica, una specie di divinità, e il “Duce” o “Fueher” di un tale stato, diciamo meglio “Cesare” è un Dio nel cui nome si vive e si muore. Ma è un Dio che non riconosce e non santifica l’uomo, bensì lo pretende e divora come vittima. Perciò è un Moloch. La sua più grande festa è la guerra. Sacrificarsi a questo dio del generale impersonale è la più grande gioia. La droga della morte ma anche la droga dell’uccidere! – è la più grande espressione della sua adorazione. Poiché ogni idolatria è spaventosa.

Molto simile è il rapporto all’uomo del nazionalsocialismo. Per esso al posto dello stato assoluto vale il popolo assoluto. Non lo spirito unisce ad esso, ma sangue e suolo, razza e provenienza. Nuovamente, il singolo vale niente come singolo: niente la sua coscienza morale, niente la sua convinzione, niente la sua vita: più di esso odia una convinzione che proviene dall’umanità e che si manifesta  come fede nella libertà e nella pace. Anche questo dio ammazza il singolo. Anche esso è Moloch, la sua più grande festa è la guerra e il suo salario più ambito è la morte. Non vi è santità di vita, un rispetto del diritto divino che è al di sopra dell’uomo  in quanto uomo e soprattutto proprio sull’uomo piccolo, povero, oppresso, umiliato. Dove l’assoluto non è Dio steso, lì esso ingoia e divora l’uomo soprattutto l’uomo come singolo e come debole.

Ma il disprezzo e il bando dell’umanità proviene stranamente anche dal lato spirituale e proprio da quella parte che, per il resto, si oppone o si dovrebbe opporre, nel modo più deciso, alla divinizzazione del mondo e delle sue realtà e quindi anche dello stato e della popolazione. Qui si sottolinea con estrema forza e passione la gloria di Dio che non vuole altri dei affianco a sé. Qui si fa proprio il motto del calvinismo: soli Deo gloria! Così ci si scaglia contro tutti gli assolutismi mondani di tutti i tempi, occasionalmente anche dei nostri giorni, che vogliono sostituirsi a Dio. Giustamente. Ma già quando parliamo di calvinismo ci ricordiamo subito che Calvino lasciò bruciare in onore di Dio Michael Servet, uno dei più zelanti cercatori di Dio di tutti i tempi e ci troviamo così di fronte alla realtà centrale, violenta del mondo dello spirito: che in nome di Dio e per il suo onore – anche del Dio vivente e del Padre di Gesù Cristo – l’uomo viene sottovalutato, l’uomo viene violentato, l’uomo viene annientato.  Poiché Dio è tutto e perciò l’uomo niente. Dio è “Infinitamente diverso qualitativamente” dall’uomo (come si dice con Kierkegaard, che però anche in ciò era un uomo superiore), Dio è il “totalmente diverso”. Davanti al Dio onnipotente , infinito, santo, l’uomo piccolo, peccatore, transitorio diviene polvere e cenere, verme e polvere. Non si potrà mai parlare con sufficiente disprezzo, tanto più grande, si crede, diventa Dio. Bisogna negare a quest’uomo, per l’onore di Dio, la capacità di operare veramente il bene come pure la capacità di riconoscere qualcosa di Dio ed è figlio di Dio viene completamente annullato dalla caduta del peccato. Si giunge qui, se così posso dire, ad una “Totalità” di Dio che corrisponde alla “Totalità” dello stato e del popolo. In realtà le due forme si corrispondono. Questa specie di ideologia è il fascismo in forma teologica. E’ presente in questa forma la stessa sopravvalutazione dell’autorità, la stessa svalorizzazione dell’uomo, in quanto uomo, la stessa brutalità. Poiché è incredibile come una tale teologia indurisce i cuori. Come, secondo l’insegnamento dell’antico calvinismo, ai salvati tramite il decreto assoluto di Dio, vale a dire arbitrario, completamente senza fondamento, è di edificazione il sapere dei tormenti dei dannati poiché costoro esaltano l’onore di Dio con la loro condanna, così, per gli uomini moderni, i gemiti dei campi di concentramento e l’orrore dei campi di battaglia sono di edificazione perché mostrano che solo Dio è grande. Che interessa a Dio questa merce umana? Un Credo del secolo XVI oppure il catechismo di Heidelberg questi sono “temi decenti”, come si espresso una volta il portavoce di questa corrente, ma che ci importa del 30 giugno? Che ci importano i campi di concentramento? Che ci importa una generale piccola guerra mondiale? Chi prende sul serio cose simili non conosce l’onore di Dio, si è prostrato a adorare gli idoli dell’umanità, è pervaso nascostamente dalla Hybris, dalla sfrontata presunzione dell’eritis sicut Deus. Così in un tempo di disumanità selvaggia e atea abbiamo una teologia “cristiana” che l’accompagna freddamente, fondamentalmente la giustifica e si mette in guardia solo dove un po’ del sangue di quel sacrificio di Moloch schizza sui suoi abiti sacri. Ma in questo modo essa stessa diviene Moloch-idolatria. Poiché un Dio che non si preoccupa dell’uomo che annienta solamente l’uomo, è anche un  Dio che l’uomo non può riconoscere, un Dio che è solo ciecamente, questi è proprio un Moloch, e ciò proprio secondo il pensiero biblico. Ma contro       questa disumanità di Dio si solleva l’uomo di tutti i tempi. Si giunge allora, sempre nuovamente, ad una umanità che si separa da Dio, si solleva contro Dio. Questa è, forse, la sorgente più profonda di ogni ateismo reale o supposto. E dunque L’Hybris e l’eritis sicut Deus? No, non sempre. Certo, alle volte, anzi spesso, ma questo anche in abiti pii, forse proprio in una teologia che si sostituisce a Dio, forse proprio in una teologia che vuole preservare con troppo zelo l’onore di Dio, mentre spetta soprattutto a Lui preservarlo, onore che una teologia confonde troppo, forse, con il proprio concetto di “onore”. Alle volte, anzi spesso, ripeto, succede veramente che l’uomo si solleva contro Dio per quella Hybris. Ma non sempre. Spesso si solleva conto un Dio che  vuole solo annientare gli uomini, spesso contro una religione che rimpicciolisce, opprime, svalorizza l’umano, si chiami esso natura, verità ragione, oppure giustizia, libertà, pace. Veramente la ribellione contro Dio non sempre, anzi per lo più non è fatta contro Dio, ma contro un Moloch cui è stato ridotto Dio.

Ma questa ribellione ha certamente anche la sua parte tragica. Una umanità lontana da Dio degenera prima o o poi. Una di queste degenerazione è la mollezza che non si vuol sottomettere alla legge, perché questa appare troppo dura e che nel nome della “pura umanità” benedice e coltiva tutte le debolezze, le avidità e le vanità della natura umana. Alla brutalità del fascismo politico e spirituale corrisponde il sentimentalismo degenerato. Siamo così arrivati al Liberalismo che può diventare libertinismo e che può apparire oltre che in forma mondana, anche in forma spirituale. Il diritto del singolo, che può divenire veramente l’eritis sicut Deus, può portare alla distribuzione di ogni comunità e ad una lotta generale di tutti contro tutti, può portare l’individualismo ad atonomismo. Siamo arrivati nuovamente alla brutalità – les extremes se touchent. Poiché è sparito nuovamente il santo diritto di Dio che regna su tutto e su tutti. Dio è sparito e l’uomo è restato solo. Intanto come prima Dio, ora l’uomo viene svuotato del suo senso. In questo senso la disperazione si impossessa di lui. Ed ora maledice Dio, ma forse quel Dio che è Moloch. L’uomo diviene egli stesso un dio-Moloch. Egli si divora in un culto demoniaco di ebrezza, violenza, affanno e sensualità e dietro a tutto ciò stan rigide le ampie fauci di Moloch del Niente e della Morte. Questa è la fine della borghesia puramente mondana e liberale.

Il comunismo, come la forma più radicale del socialismo, in concorrenze con il fascismo e il nazionalsocialismo vuole strappare il mondo da questo caos. Esso vuol edificare il regno di Dio come regno dell’uomo, secondo una misura e un senso puramente umano. In un improvviso rovesciamento contro l’atonomismo annienta l’individuo , le sue qualità, le sue convinzioni, la sua coscienza in favore del collettivismo. Qui la società assoluta (“totale”) è divenuta Dio e così, come divinizzazione di qualcosa di finito, Moloch. A lui, senza scrupoli, viene sacrificato il singolo e con quale brutale indifferenza! Non a caso il suo simbolo è la macchina; il suo credo è la scienza naturale meccanica; la sua idolatria è il lavoro socializzato. Ma, nonostante tutto il socialismo abominevole come in ogni luogo dove si serve a Moloch invece che al vero Dio e nuovamente, allora giustizia, libertà, pace, pacifismo e democrazia non valgono niente.

Così, nella grande corrente della storia, ma anche nella nostra propria vita siamo, sempre nuovamente, di fronte al diverbio: Dio o l’uomo. Da una parte solo l’onore di Dio che diviene adorazione di Moloch. E’ un abisso in cui minaccia di affondare l’umanità e l’umanesimo, un burrone in cui scompaiono ora Dio, ora l’uomo, ma in verità tutti e due insieme. Che dobbiamo scegliere? Dobbiamo abbandonare l’uomo per amore di Dio oppure Dio per amore dell’uomo? Tutte e due le soluzioni sembrano presentare uguale difficoltà. Dove è l’aiuto?

 

2

Gesù Cristo ha riempito questo abisso. Questa è una parte essenziale di ciò che significa la sua venuta.

Certamente non è primariamente Lui, come vita umano-divina, che elimina questo contrasto. Si comprende male il Dio che il Vecchio Testamento ci ha rivelato se lo si rende Moloch. Proprio i profeti di Israele hanno lottato in nome di questo Dio, fino alla morte contro l’idolatria. Proprio l’onore di Dio non sopporta alcun Moloch. Proprio questo Dio crea l’uomo . L’uomo è santo, perché c’è un Dio santo. Questo Dio allarga le sue mani in protezione sugli uomini e, in particolare, sugli uomini oppressi, violentati , la “vedova”, l’”orfano”, lo “straniero”. E questo è il paradosso: proprio perché è Dio, l’eccelso, l’infinito, l’onnipotente è – perbacco – non solo il “totalmente altro”, ma anche il Dio degli uomini, il Dio vicino agli uomini. Colui che separa l’onore di Dio dall’onore dell’uomo, spezza questa polarità e ne conserva solamente una metà , una mezza verità e un intero errore. Invece la verità fondamentale  di ogni genuina conoscenza di Dio come di ogni adorazione genuina di Dio è : Dio  e l’uomo si appartengono. Dio non è Dio senza  l’uomo. Non si può conoscere Dio senza rapporto all’uomo, non si può conoscere l’uomo senza rapporto a Dio. La conoscenza di Dio è conoscenza dell’uomo, servizio dell’uomo e viceversa; il “totalmente altro” è come noi.

Anche Gesù ha percorso fino in fondo questa strada. Bisogna, infatti ammettere che prima  vi era un resto di quell’”Altro” che poteva separare Dio e l’uomo e lasciar degenerare il Soli Deo Gloria in idolatria. Ma in Gesù Cristo Dio è venuto uomo. Questo è il mistero solenne grande , incommensurabilmente gioioso, manifesto di Natale. Gesù è il “Figlio dell’uomo”. Di lui si dice: Ecce homo – ecco l’uomo! E’ l’uomo, l’uomo perfetto. Nessuno è stato così totalmente, così puramente uomo come lui: Ma proprio perciò egli è “Figlio di Dio”. Proprio in questo umanesimo perfetto, o anche : umanità di Gesù, si rivela Dio. Perciò in Gesù Cristo Dio e uomo sono riconciliati, Dio e uomo una cosa sola: Dio-uomo. Egli, nella sua santità e nel suo amore che porta i peccati del mondo e adempie Isaia 53, dà a Dio tutto il suo diritto e può perciò darlo da Dio anche all’uomo. Senza di lui il rapporto tra  Dio e uomo oscilla sempre tra due estremi: o Dio sta così alto al di sopra del mondo che è irraggiungibile dall’uomo e così non può essere più Dio – ciò che compreso unilateralmente si può chiamare modello giudaico  – ; oppure si unisce così fortemente con il mondo che, nuovamente, non può essere Dio per l’uomo – ciò che si può chiamare modello pagano. In Gesù Cristo, invece, Dio resta il santo, la sua croce è una linea trasversale attraverso il mondo più forte di quella del Vecchio Testamento, l’amore di Dio rivelatosi in essa un giudizio più severo della sua santità e tuttavia proprio sulla croce egli è più vicino all’uomo che nel presepe. Ora l’abisso è coperto. Ora Dio è vicinissimo , è uomo, è figlio, è fratello. Solo ora l’uomo è totalmente santificato. Ora è messo da parte anche quel perenne oscillamento tra individuo e collettivo, tra falsa libertà e falso legame, tra democrazia e dittatura, poiché dio santifica sia il singolo che la comunità. L’uomo in Cristo è sia figlio che fratello, e tutti e due si appartengono nel modo più intimo e profondo. Ora è abbattuta ogni barriera di stato, di classe, di popolo, di razza tra uomo e uomo. “Non vi è un Giudeo, né Greco, né signore, né servo, né uomo, né donna, ma son tutti uno in Cristo Gesù”. Ora la gloria di Cristo si posa sui più deboli e poveri. Ora il figlio dell’uomo è il giudice che li protegge. Ora vale: “Quel che avete fatto ad uno dei più piccoli tra i miei fratelli, l’avete fatto a me”. Ora sgorga da Dio in Cristo, dal figlio dell’uomo la corrente di una umanità, libertà giustizia, gioia. Ora viene giudicata ogni disumanità. Ora viene Dio stesso come colui che vuole creare il regno dell’uomo sulla terra e per la terra. Ora è Lui che come giudice del mondo abbatterà quelle potenze di Moloch che, nei nostri giorni, in forma mondana o spirituale, disprezzano l’uomo, si, lo disonorano e annientano.

Esse o Lui! Ma egli vincerà. Credetelo con fiducia. Natale lo dice energicamente ed irresistibilmente. Solo lui può abbattere definitivamente Moloch, poiché solo in lui Dio è diventato totalmente uomo. Da quando Cristo è nel mondo, Cesare non può mai più diventare dio stabilmente. Lo stato assoluto e il popolo assoluto come società assoluta non possono svilupparsi contro quell’assolutezza del Dio vivente che si rispecchia nel valore infinito di ogni anima umana e nella quale si esprime la conoscenza del singolo uomo. Il bambino divino nel presepio ha fatto sì che ogni povero bambino sul quale si posa il suo splendore, rovesci il trono di ogni assolutismo di Moloch.

Così Gesù, compreso rettamente, è il rifugio dell’uomo. Così Dio diviene uomo in Cristo.

Ora egli viene a te come colui che ti comprende perché è uomo, è fratello. Ora niente ti può più dividere da Dio; poiché nell’amore di Cristo Egli è divenuto realtà incommensurabilmente reale. Anche la colpa non ti separa da Lui. Tu resti figlio di Dio e la casa paterna resta aperta per colui che vuol venire. Anche la croce appartiene al presepe – è l’adempimento dell’incarnazione di  Dio. Ora non c’è più profondità senza di Lui. Ora Egli entra nel tuo dolore nascosto, poiché lo conosce. Ora sei legato al suo cuore con tutta la tua intuizione, come diversamente , in nessun modo. Ora tu sei propriamente uomo quando comprendi rettamente Dio e lo servi rettamente, comprendi e servi rettamente l’uomo. Ora poiché l’umanesimo, sì l’umanità di Dio appare così meravigliosamente in Gesù Cristo il Figlio dell’uomo e il Figlio di Dio, che , solo, sta presso Dio e presso l’uomo al di là di ogni religione e teologia, Dio è divenuto amabile all’uomo in quanto uomo così che neppure religione e teologia lo possono separare da Dio.

Così la frattura tra Dio e uomo si chiude in Gesù Cristo.

Dove le religioni e le teologie vogliono separare Dio dall’uomo e i falsi umanisti l’uomo da Dio, li guardiamo a Lui. Il suo regno che proprio in quanto regno è pure il regno dell’uomo respingerà tutti gli altri regni, mondani e spirituali. Quelli che credono in Dio si apriranno anche alla fede nel suo regno è quelli che credono nel suo regno anche alla fede in Dio. Una religione che separa Dio dall’uomo., svanisce e una umanità che separa l’uomo da Dio, svanirà, ma allora più che mai risplenderà quell’umanità divina, quella umanità di Dio che è apparsa in Gesù Cristo.

Questo è il senso della grande lotta tra Dio e uomo che si compie nei nostri giorni. Essa verrà appianata da Cristo in quanto Dio apparirà nuovamente come Dio e l’uomo sarà così nuovamente unito a Lui. Il Moloch religioso e il Moloch umanista saranno abbattuti, essi già cadono e, al loro posto, si sostituirà la nuova alleanza fra Dio e l’uomo fondata da Gesù Cristo.

Così, nonostante tutto, ad ogni Natale, il mistero enorme, beato, dell’incarnazione di Dio scende sulla terra finché si manifesti completamente e si avveri: “In Gesù Cristo è divenuto uomo, perché noi divenissimo divini”.

 

Un resto rimarrà

Predica di Leonhard Ragaz – digitalizzazione a cura di Maurizio Benazzi per l’Italia

 

“Come un terebinto e come una quercia quando perdono la chioma, ma conservano il tronco; è un seme santo il suo tronco” (Is 6,13)

E’ un pensiero di consolazione che ritorna insistentemente presso i profeti: “Un resto rimarrà”. Può anche fallire tutto ciò in cui si era impegnati, può venire meno sotto i fulmini del giudizio divino ciò che era alto e rigoglioso: se in esso c’era qualcosa che proveniva da Dio, qualcosa in cui era riposta la speranza, la fede, la sofferenza dei suoi fedeli, qualcosa che era stato bagnato col sangue, allora ciò si rivelerà come “seme santo” da cui, a suo tempo, spunterà nuova vita.

Questo pensiero – che è più di un puro pensiero – è presente in maniera particolarmente insistente e commovente nel potente racconto della vocazione di Isaia. Egli viene chiamato. Tremante, profondamente spaventato per la sua insufficienza e indegnità per questo incarico, alla fine obbedisce: “Eccomi, sono qui, invia me”. Ma che cosa deve annunciare? Qualcosa di molto strano, di contradditorio: “Ascoltate con le vostre orecchie – ma senza capire ! Vedete coi vostri occhi  – ma senza riconoscere! Appesantisci il cuore di questo popolo, rendilo duro d’orecchio, acceca i suoi occhi, di modo che con i suoi occhi non veda e con i suoi orecchi non intenda e il suo cuore non comprenda ed egli si converta e viva”. Questo significa : “Tu nella tua predicazione, non puoi contare sulla comprensione per la volontà di Dio e obbedienza nei suoi riguardi, ma devi aspettarti  totale insensibilità e completo insuccesso. Ogni insegnamento pratico resterà incompreso, le tue parole si perderanno nel vuoto  dell’aria, i cuori  saranno solo induriti dalla tua predicazione di penitenza, ed essi scherniranno la tua promessa. Ci sarà solo scandalo, dispiacere”. Una visione veramente tetra, uno sprone per l’agire profetico! E’ come se un’esperienza fosse penetrata nel ricordo della vocazione ed abbia attribuito un ruolo maggiore a un elemento che inizialmente vi era presente solo a uno stadio germinale. Isaia risponde a Dio: fino a quando? E riceve la risposta: “fino a quando le città saranno devastate di modo che non vi si incontri più  abitante, le case vuote e i campi deserti, finché Jahve non ne avrà cacciato gli uomini e la solitudine sarà diventata grande nel paese. E se vi resta ancora un decimo anche questo sarà ancora votata alla spoliazione. Ma, come un terebinto e come una quercia quando perdono la chioma, ma conservano il tronco; così rimarrà un resto come santo”.

Ed è poi successo così. La quercia di Giuda cadde come il terebinto di Israele era già caduto prima. Il popolo andò in esilio, prima una parte poi un’altra. Il tempio di Gerusalemme divenne un cumulo di rovine e la città santa covo di sciacalli. Tutto sembrò finito e passato. Ma rimase un resto. Restò quel che i profeti avevano creduto, lottato, sofferto, predetto. Eran stati pochissimi coloro che lo avevano accolto in sé – ma cosa erano questo paio di persone senza influsso e rispetto nei confronti della schiera di politici, preti, falsi profeti e la massa cieca del popolo? Ma questi pochi, disprezzati e scherniti , diffamati come traditori della patria divennero il seme santo da cui Israele rivisse nuovamente. Anzi: le parole e l’azione profetica divennero questo seme santo da cui crebbe l’albero che è divenuto la vita dell’umanità. Da Israele è uscito finalmente Cristo e il suo regno; il regno di Dio sarà l’ultima parola della storia.

Questo motto: “Un resto rimarrà” mi è sempre nuovamente ritornato in mente nell’ultimo tempo , in connessione con la riflessione sulla situazione svizzera. Mi sembra anche per questa la nostra ultima e unica consolazione. Poiché per il resto va male. Tutto ciò che in questi tempi decisivi è stato intrapreso sia di singoli che da interi circoli per la salvezza e il rinnovamento della Svizzera, tutte le tendenze nuove che ci sono mostrate, tutte le forme di vita che sono state fondate, ogni fede, ogni speranza, ogni amore che sono stati difesi, ogni annuncio di giudizio e grazia – ammettiamolo francamente: ne è stato poco o niente.

Politici, preti, intellettuali hanno gli orecchi chiusi e i cuori induriti, mentre la massa, come se non avesse mai sentito parlare della parola di Dio, del tempo del giudizio e della salvezza, obbedisce al suo ritmo di vita sordo e selvaggio si lascia smuovere solo dalle parole della demagogia. Fiori e foglie sono caduti dall’albero della nostra speranza e chissà che un giorno un colpo di fulmine non causi una grave catastrofe anche al tronco? Il nostro popolo ha meritato ampiamente questo giorno di giudizio.

E che? Dobbiamo ritirare le mani dall’aratro? Dobbiamo disperare?

No! Poiché “un resto rimarrà”. Di questo possiamo esser certi. Fiori e foglie possono passare, molti, molti dei nostri sforzi potranno rivelarsi secondari e passeggeri, sì , può cadere il tronco, la catastrofe storica che, per così dire, viene tirata con la corda (un’altra immagine profetica!) da politici, giornalisti, preti e falsi profeti, industriali, letterati. Intellettuali ed anche dalla maggioranza accecata, può colpire il nostro paese devastandolo: ma resterà il ceppo santo, resterà ciò che il nostro cuore fertilizza con il suo sangue; crescerà a tuo tempo più bello, più glorioso di quanto noi l’abbiamo pensato. Resterà la Svizzera per quel che un piccolo gruppo di uomini disperso nel paese, proveniente da ogni genere di strato sociale e di partiti, ha creduto, sperato, amato. Sofferto per essa. Questa è la forza della resurrezione per la quale essa si solleverà dalla catastrofe. Continuiamo perciò a lavorare con fiducia in mezzo a tutte le delusioni, a tutti gli insuccessi, a tutte le miserie, lavoriamo sempre con maggiore fedeltà, maggiore sincerità e decisione purificati sempre dal fuoco del giudizio divino: niente, proprio niente sarà vano. “Un resto rimarrà”, e in mezzo a questo “Resto” vi sarà certamente conservato tutto, tutto quello che avremo fatto da Dio, sì, tutto quello che avremo fatto solo con il nostro debole cuore e turbidamente, ma in fedeltà, apparentemente ridotto, ma purificato, benedetto, santificato.

Sotto lo stesso punto di vista dobbiamo porre, credo, tutto il nostro agire nell’era attuale. Non neghiamo affatto che noi, a fianco dell’attesa della venuta dei giudizi e delle catastrofi, che ci hanno accompagnato attraverso la vita, abbiamo custodito generose speranze e abbiamo visto davanti a noi nobili fini per cui lavorare e lottare. La guerra ha incrementato tutti e due: l’atmosfera da giudizio come pure la speranza (I teologi la chiamano attesa escatologica- apocalittica)). La speranza era allora – ed è – non solo l’eccelsa, l’ultima speranza, lo stesso regno di Dio, essa aveva ed ha anche forme umane, temporanee , come sono democrazia, socialismo, superamento della guerra, nuova cultura. Quel periodo può durare a lungo, può anzi sopravvivere a coloro che ora sono ancora giovani. Quel che viene immediatamente è la progressiva desolazione della vita spirituale, il progressivo appianamento della cultura, la progressiva meccanizzazione, il progressivo imbruttimento e progressiva demonizzazione. Diverrà sempre più assurdo parlare ancora di cultura. Noi affondiamo ogni giorno più nella inciviltà di ogni specie. Democrazia? Socialismo? Nuova cultura? C’è da ridere! Dittatura del mammone e della violenza, pane et circensia, l’apparire del più selvaggio egoismo e brutalità atea  – questo si profila all’orizzonte immediato. Sì , questo quadro può divenire ancora più tetro. Allora, il mondo attuale, in blocco, avrà un futuro? Non è stato già suggellato il tramonto dell’Occidente ? Non lo indicano tutti i segni a colui che può vedere? E’ concessa ancora una delazione al mondo? Non si avvicina il grande cambiamento di cui testimonia la promessa del ritorno di Cristo? Non assisteremo in misura maggiore al sorgere e all’ascesa di tutte le potenze avverse a Dio, demoniache, sataniche? L’Anticristo non installerà sempre più chiaramente la sua signoria? E al contrario: non dobbiamo tendere con ogni sforzo ed ansia all’unico fine: la venuta di Dio con il suo regno per giudicare, ma soprattutto per giustificare? Perché in tempi simili, alla vista di tali segni, dovremmo ancora occuparci di cose umane e transitorie? Tutto è vano? Che cosa bisogna rispondere?

Di nuovo: in qualsiasi modo possano svilupparsi questi tempi: “un resto rimarrà”. Quel che noi oggi facciamo per questi scopi e speranze nobili ed umane, per democrazia, socialismo, pace, nuova cultura, può sembrare che sia come sperso nella sabbia e nel fango, può temporaneamente sembrare completamente senza senso – ma non sarà vano. E’ un seme santo per un futuro che è vicino, ma può essere anche lontano, che importa? Quel che oggi facciamo – lo sottolineo fortemente  – perché dobbiamo farlo , perché è oggi necessario , organico, richiesto, non solo sognato, questo è anche necessario per il futuro, lo prepara, ne conserva le radici. E questo rivivrà quando da queste radici, da questo santo ceppo crescerà il nuovo. Non vi è mai nella storia solo interruzione e rottura, vi è dappertutto connessione e continuazione. Quel che fecero i profeti in Israele apparentemente senza speranza – davanti alla rottura e alla interruzione  – era il futuro. Ad esso si rifecero i profeti della nuova era. Su Isaia edifico il Deuteroisaia e su Geremia i Salmisti finché dalla quasi avvizzita “radice di Isaia” spunto il pallone che divenne la salvezza del mondo. Quando tutto il mondo antico tramontava con il suo splendore; Agostino sentendo, per così dire, il rumore dei Vandali che assalivano la sua sede episcopale in Africa, scrisse il suo libro La città di Dio che, forse, un uomo poteva scrivere solo allora e che al di là di quel tramonto del mondo, indicò la nuova era.

Dunque continuiamo a lavorare con fiducia. Lavoriamo tranquillamente anche per democrazia, socialismo, pace mondiale, nuova cultura. Se non lo praticheremo come uno sport, ma come incarico, aderendo organicamente allo sviluppo di questi tempi voluto da Dio, allora lavoriamo nel modo migliore anche per il futuro e per tutti i tempi. E quand’anche i fini immediati del nostro lavoro fossero senza valore   un successo immediato un lavoro a così lunga scadenza, un lavoro nell’invisibile, dovrebbe essere privo di gioia senza la quale non si dà un operare proficuo; sarebbe troppo fortemente gravato dalla rassegnazione. Certo, questa considerazione non è del tutto falsa. La rassegnazione, sotto certi punti di vista, è sicuramente la sorte della nostra generazione. E la rassegnazione può paralizzare. Sì, ma essa può anche rafforzare, vivificare. Liberando da illusioni, essa può suscitare la speranza, sprangando false strade, può condurla a quelle più profondi sorgenti dell’agire che vengono dall’eternità, in cui ha vita e successo, e immediato, ogni azione che da essa proviene. Chi può comprendere comprenda! Ma io aggiungo che un nuovo mondo cresce proprio sulle rovine del nostro tempo, che sulle vette si affaccia l’aurora di un nuovo giorno e qua e là, nelle profondità , già splende un alcune delle più grandi esperienze sono unite con l’immagine di questa epoca, così la speranza nella raggio del nuovo sole. Proprio alcune delle più grandi speranze sono unite con l’immagine di questa epoca, così la speranza nella pace, la visione di una nuova unità dei popoli, anzi la promessa di un nuovo  tempo di Dio. Non dovrebbe essere questa una fonte di entusiasmo, sufficientemente profonda e potente? E se certi scopi, nelle forme attuali, dovessero essere veramente superati, non potrebbero rinascere rinnovati? Invece della democrazia non potrebbe affermarsi una nuova conoscenza di Dio, una nuova vita in Dio? Gli scopi per cui oggi noi lottiamo , non potrebbero essere delle figure mummificate che, gettando la loro maschera, sarebbero più splendenti di quanto noi le avessimo pensate? Proprio l’enorme indigenza di questo tempo – intendo adesso soprattutto indigenza spirituale – non potrebbe essere uno stadio preparatorio ed anche precondizione di un nuovo mutamento totale, un mutamento verso Dio e verso l’uomo? E non potrebbe essere che noi, a volte, proprio tramite il lavoro per fini superati giungiamo a quelli viventi ed oggi validi, mentre senza questo lavoro saremmo semplicemente affondati nella sabbia e nel fango?

Io metto tutto insieme! Se Dio vive e noi lavoriamo per lui, “facciamo opere” con lui, allora possiamo lavorare con gioia anche in questo tempo. Poiché dio è gioia in ogni tempo, ,e precisamente l’unica gioia. In ogni tempo egli ha per noi un lavoro che ha la sua gioia. Chi serve a Lui non lavora mai senza speranza, mai senza “successo”.

Tutto questo vale anche per il caso estremo, se così possiamo dire. Anche se la fine dei tempi fosse vicina, dovremmo lavorare e non lo faremo invano. Il Signore ci deve trovare lavorando quando viene. Poiché solo colui che lavora è sveglio. Chi non lavora, s’addormenta e sogna, come si addormentano le vergini  stolte. Ma possiamo lavorare solo per compiti umani, concreti, temporanei. In questi ci viene incontro Dio. Egli non reputa vile il far ciò  – questo lo credono solo i teologi e la gente pia, mentre la Bibbia insegna dappertutto il contrario – è , per dire così, la sua incarnazione generale che ci viene incontro in questo modo . Se , dunque, facciamo il lavoro che noi sentiamo necessario, se combattiamo per fini umanamente nobili ed elevati, siano anch’essi solo transitori, prepariamo così nel migliore dei modi il ritorno di Cristo, prepariamo noi stessi  ad esso nel modo migliore. Sì possiamo e dobbiamo dire : non nell’ambito privo d’aria della sola teologia e devozione, ma nella lotta con compiti affidati da Dio a questo tempo sentiamo l’alito che precede la venuta di Dio e il nostro cuore sarà pieno della più grande gioia che è appunto Dio steso . E in ciò possiamo anche avere la consapevolezza: Dio ha bisogno di noi! Poiché egli non può venire da oziosi, non può venire da addormentati, può venire solo da persone preparate, sveglie, aspettanti  e queste sono i lavoratori. Perciò, proprio in tempi simili, la nostra azione è necessaria e perciò , lo ripeto, più gioiosa che mai, se noi comprendiamo tutto giustamente.

Finalmente possiamo applicare questo punto di vista consolante anche alla nostra vita personale. Anche qui è lo stesso: molto, molto, forse la maggior parte di ciò a cui noi singolarmente tendiamo, avvizzisce. Fiori e foglie cadono. Quel che noi desideriamo non si realizza. Anche qui son possibili delle catastrofi. Fallimenti sia nel particolare che nel generale. Spesso questo si verifica in modo particolarmente tragico nella vita di coloro che definiamo grandi. Quale delle grandi speranze di Lutero, Zwingli, Pestalozzi, Wilson (oso nominare anche lui!) si è realizzata immediatamente? Tanto , andò storto. Zwingli cadde a Kappel sotto i colpi di un coltivatore di riso. Carlo V con l’arciduca Alba giungeva sulla tomba di Lutero, un anno dopo la sua morte, Pestalozzi, vecchio, abbandonato meditava in Neuhof sul tramonto della sua opera, Wilson morì dimenticato.

E tuttavia anche qui: “un resto rimarrà”. Dal ceppo dell’albero colpito dal fulmine è cresciuta nuovamente la riforma di Zwingli e Lutero e forse vedremo i giorni in cui opererà un nuovo sviluppo del bene e del fine ultimo che essi intendevano; dal canto del cigno del vecchio Pestalozzi è sorto il potente coro di un nuovo amore al popolo che diviene sempre più  forte; la società delle nazioni di Wilson vive. E così avverrà anche per noi, piccoli, piccolissimi . Può anche svanire tanto della nostra opera, fiori e foglie possono cascare, sì , si possono rompere anche interi rami , può anche succedere la catastrofe, l’insuccesso totale può essere la fine , la prima fine: “Un resto rimarrà”. Crescerà dal nocciolo più interno di ciò che noi abbiamo creduto e voluto, dalla sua radice santa, piantata da Dio, anche diversamente, forse, da come noi l’avevamo pensato, ma insospettabilmente bello e splendente. Crescerà proprio dalle più dure sconfitte , dalle peggiori delusioni, dal più amaro dolore. L’estremo insuccesso temporaneo diverrà forse condizione della riuscita finale. Consoliamoci e siamo sempre più fedeli, più perfetti, decisi, puri, soprattutto seminiamo di buona volontà il seme santo del dolore; la semina quando noi la vedremo più con gli occhi terreni, crescerà meravigliosamente sul campo di Dio. E’ bene , forse, che noi ora non la vediamo.

Ancora una volta per tutto e nel senso più forte e santo: “Un resto rimarrà”

 

IL PROGRAMMA DEI SOCIALISTI RELIGIOSI

https://ecumenici.wordpress.com/leonhard-ragaz/ e https://quaccheri.wordpress.com/la-fede-dei-socialisti-religiosi/

 

 

L’unità del movimento religioso-socialista non proveniva da una costitutiva, teologia comune, ma dal medesimo giudizio sulle questioni sociali. Questa era la conclusione della nostra ricerca sul significato e la portata della teologia all’interno del movimento. Abbiamo constatato uno spostamento, uno scambio di visuale e una dislocazione di funzione. Abbiamo ora descritto che cosa era concretamente che si era sostituito a un progetto teologico costitutivo. Che cosa significa la espressione giudizi simili su questioni sociali?

Per avvicinarsi al problema vogliamo dapprima tentare di studiare singolarmente questi giudizi politico-sociali.

Il primo dice: l’individualismo religioso deve essere superato a favore di un cristianesimo della responsabilità sociale. Tutti i socialismi religiosi erano convinti che la chiesa aveva commesso una colpa storica nei riguardi del proletariato , cui poteva rimediare. Ne derivano l’obbligo che la chiesa poteva mostrare che la religione non è oppio per il popolo solo attraverso posizioni attive, derivate dal Vangelo riguardo alle necessità presenti. Così si volevan prendere in tutta serietà i principi di Cristo non solo nella vita privata, ma anche in quella pubblica.

Non si voleva limitare la bontà che il Salvatore aveva predicato, come finora, solo al rapporto tra persona e persona. Piuttosto un cristianesimo dell’azione sociale doveva penetrare la vita economica e la vita dei popoli. Se l’individualismo religioso vuole essere superato, allora un socialista religioso deve poter dar prova con la sua esistenza che egli può essere contemporaneamente un cristiano vivente e un comunista o socialista religioso conscio della propria classe. Così si esige l’etica dell’amore di Gesù a norma fondamentale del vivere comunitario. Si vuol passare ad u8na nuova epoca di cui il socialismo costituisca il fondamento economico-sociale e nella quale il cristianesimo abbia il compito di dare forza etica e religiosa alla nuova comunità.

Nel cammino verso questa epoca la Chiesa, secondo i socialisti religiosi, deve far propria la causa degli oppressi. I socialisti religiosi vogliono stare dalla parte del proletariato, dalla parte degli oppressi e sfruttati in tutti i settori della lotta di classe.

Questo impegno politico-sociale porta al giudizio deciso: bisogna combattere il capitalismo e, al suo posto, deve subentrare il socialismo . Poiché un ordinamento sociale che è coscientemente fondamentale costruito sull’egoismo economico e politico deve essere respinto. Così devono essere attaccate situazioni economiche  che sono contrarie alla fede. Se ora si conosce che un determinato ordinamento sociale, cioè quello capitalista, causa situazioni tali, allora bisogna lottare perché finisca l’anarchia capitalista nella vita sociale ed economica. I socialisti religiosi sostengono la strutturazione socialista della vita. Vogliono preparare la vita della società per il futuro ordinamento socialista, secondo lo spirito di Cristo. Per loro esso è un ordinamento sociale in cui la coscienza della comunità è fondamento della costruzione sociale.

I socialisti religiosi sono uniti nel loro giudizio politico ancora in un altro campo: tutti rifiutano il nazionalismo e la guerra e tutti combattono per la comprensione dei popoli.

Lo spirito di Cristo li costringe ad opporsi impavidamente ad ogni meschino nazionalismo. Essi intravedono che il capitalismo porta al nazionalismo e poi all’imperialismo. Perciò essi predicano contro l’impenitenza nazionale egoista dei Tedeschi. Essi accusano l’egoismo fondamentale della politica nazionale di potenza che significa l’inganno e l’oppressione tramite l’idea nazionale. I socialisti religiosi si oppongono all’ordinamento capitalista e militarista soprattutto perché non hanno dimenticato come le loro conseguenze si siano rivelate nella guerra mondiale. L’insegnamento che ne traggono è l’esigenza che tutti gli stati debbano sottomettersi ad un ordinamento di diritto sovrastatale. Con ogni forza essi stessi lavorano per la comprensione e la riconciliazione internazionale dei popoli. Inoltre non dimenticano che non bisogna accontentarsi dall’appello alla buona volontà, ma che solo una organizzazione della pace può assicurare la pace.

Donde abbiamo derivato questi giudizi sulle questioni sociali? Li abbiamo tratti da 5 programmi rappresentativi che diversi gruppi di socialisti religiosi si sono proposti in tempi diversi. Questi programmi costituivano propriamente il movimento religioso-socialista. Abbiamo studiato il programma dei socialisti religiosi berlinesi del 1919, il programma dell’unione della Chiesa popolare di Baden, il programma elettorale della lega regionale di Turingia del 1932, lo scritto programmatico di Erwin Eckert; Che cosa vogliono i socialisti religiosi ? Del 1927 e infine lo scritto programmatico di Tillich: Il socialismo come questione ecclesiale  del 1919. Benché essi siano stati concepiti in luoghi diversi, mostrano una impressionante unità di intento fin nelle inessenziali sfumature della formulazione. Posti sinotticamente l’uno  affianco all’altro, essi rivelano una quasi perfetta conseguenza di intento.

Tanto erano disparati i termini teologici principali nelle loro inaccordabili rappresentazioni e diverse preferenze, tanto è unitario l’intento dei programmi. Essi  si differenziano solo nella formulazione e in questo o quel punto periferico, particolare , ma non nell’intenzione fondamentale. E queste intenzioni fondamentali vengono formulate in una concisione pubblicitaria:

  1. Il superamento dell’individualismo religioso in favore di un cristianesimo della responsabilità sociale. Ossia della solidarietà con gli oppressi.
  2. La lotta contro il capitalismo e per il socialismo
  3. 3 La lotta contro il nazionalismo e la guerra e per la comprensione dei popoli

Possiamo ora rispondere alla domanda , quali erano i medesimi giudizi sulle questioni sociali che nel movimento religioso –socialista si trovavano in primo piano al posto della teologia. Ciò che era fortemente nei programmi era il costitutivo del movimento religioso-socialista. Era il programma che dava impulsi e direzioni al movimento e lo teneva intimamente unito.

 

Le parti restanti storiche sono sul sito http://www.quaccheri.it pagina “La Fede dei socialisti religiosi”:

  1. Il movimento religioso sociale

 

  1. I socialisti religiosi svizzeri

Nel 1904 Herman Kutter, un parroco svizzero, raccolse i pensieri dispersi di Blumhardt nel suo libro  “Sie muessen” (essi devono), come in una lente focale. Con inaudita insistenza proclamò alla cristianità del suo tempo che era piaciuto a Dio mostrarsi nella socialdemocrazia atea e materialista, dato che essa compiva le opere che avrebbe dovuto compiere la cristianità. Così egli preparava il terreno per il movimento sociale religioso.

La conferenza che nel 1906 Ragaz tenne in Basilea, di fronte all’associazione dei predicatori, divenne il punto di partenza. Con la sua tesi: il Vangelo abbatte tutte le barriere e tende a rinnovare la vita, egli diede voce a una estesa volontà che creò la sua piattaforma in un movimento. Seguirono piccoli e grandi incontri di persone che la pensavano allo stesso modo e presto il movimento ebbe una larga base. Soprattutto le grandi riunioni erano molto frequentate. Vi partecipavano quasi tutti i circoli e per un certo periodo di tempo sembrò quasi che al movimento riuscisse di estendersi a tutta la Chiesa e gran parte del mondo operaio: Come organo venne fondato Neue Eege i cui redattori erano, oltre a Ragaz, Liechtenhan e Hartmann. Nei più diversi circoli ecclesiastici faceva sensazione ed operava da stimolo il fatto che esso sembrava superare i contrasti di parte esistenti, ecclesiastici e teologi. Si cercava di superare le parole d’ordine teologiche esistenti: Riformatori, Positivi, Conciliatori, con nuove parole d’ordine sociali. Si formarono dei gruppi in tutta la Svizzera. Numerosi parroci entrarono nel partito socialdemocratico e parteciparono in modo decisivo alla sua attività . Il Movimento tenne le sue conferenze a intervalli regolari. Si respinse una più rigida organizzazione poiché il movimento non voleva divenire né un partito politico, né partito ecclesiastico. Esso tendeva a un socialismo della “spontaneità”, verso le libere cooperative secondo l’esempio inglese, verso una società organizzata in libertà ed onesta che rende superfluo lo stato come istituzione esecutiva. Ed essi esigevano una grande comunità popolare, federale.

I socialisti religiosi agivano in parte all’interno, in parte in stretta relazione con il partito. A Zurigo ed altre località, soprattutto della Svizzera Orientale, si formarono comunità di socialisti religiosi –ecclesiastici. Si può avere un’idea dell’estensione del movimento dal fatto che alla terza conferenza religiosa-sociale dell’aprile 1909 parteciparono circa 200 teologi svizzeri, per lo più giovani.

Se Kutter aveva inizialmente esordito, per così dire, con squilli di tromba e aveva ricordato ai cristiani il diritto di Dio trascurato nei riguardi dei proletari, egli fu anche uno dei primi che si distanziò nuovamente dal movimento. Quanto più il movimento religioso sociale progrediva, tanto più egli se ne allontanava. Non volle mai comparire in pubblico. Voleva solo predicare e solo in Chiesa, a parte i suoi libri. Egli insisteva su questo punto: bisogna far agire solamente Dio e mettersi nell’attesa di Lui. E questo era il rimprovero contro gli altri, essi volevano agire da se stessi e, se possibile, anche con la politica. Così si rafforzò sempre più la divisione in un’ala attivista e un’ala quietista. Naturalmente ne risultava frenato lo slancio inizialmente così potente del movimento.

In occasione dello sciopero generale del 1912 a Zurigo, quando alcuni socialisti religiosi si opposero al bando militare e altre misure oppressive contro il mondo operaio e si impegnarono a favore degli operai, si giunse alla rottura. Kutter si distanziò pubblicamente dal modo di agire dei socialisti religiosi.

La prima guerra mondiale significò un grave disinganno per l’iniziale entusiasmo del movimento. Si estese, perciò, la coscienza di distanza tipica della futura teologia dialettica: il regno mondano e il regno di Dio stanno in rapporto di abissale opposizione l’uno all’altro.

Con il calo dell’elemento teologico, si compì una laicizzazione del movimento religioso-sociale. Rasgaz rinunciò al suo incarico per dedicarsi completamente a questo lavoro. Egli divenne la guida di Settlement , il “Gartenhof”. Questo, oltre che centro d’azione per il movimento sociale, divenne punto d’incontro del proletariato e una specie di scuola popolare. Il lavoro del movimento tendeva soprattutto al corporativismo. Inoltre faceva valere il suo influsso nel partito. Esso si oppose con tutti i mezzi al tentativo di legare il movimento operaio svizzero alla III Internazionale. Per poter combattere più efficacemente “la fede nella violenza” degli operai venne fondato accanto a Neue Wege la rivista Der Aufbau, specializzata in problemi socialisti.

Essa divenne anche il cnetro della lotta contro il militarismo nella Svizzera. Chiedeva servizio civile, disarmo e obiezione di coscienza. Quando nel 1935 il partito socialdemocratico assentì alla difesa militare del paese, Ragaz e alcuni suoi prominenti amici se ne staccarono.

Dopo la morte di Ragaz, nel 1948, si giunse ad una divisione sul modo di giudicare il comunismo e la politica sovietica. “La nuova unione religioso-sociale” (organo: Der Aufbau), è contrariamente alla “Unione religioso-sociale” (organo: Neue Wege), espressamente anticomunista.

 

 

L’appello del 1930 dei Socialisti religiosi contro il nazifascismo

Traduzione inedita per l’Italia a cura del prof. Carlo Nicola Colacino che arricchisce la pagina del sito https://ecumenici.wordpress.com/leonhard-ragaz/ e la pagina in Facebook https://www.facebook.com/leohnardragaz/?fref=ts

Unica nota di commento l’assenza di qualsiasi firma italiana e tedesca nel contesto europeo: i grandi assenti antifascisti nel panorama religioso-politico.

Come rappresentanti di un movimento, ai cui scopi appartiene un nuovo ordine sociale ispirato dallo spirito di Cristo e forgiato dalle forze del Regno di Dio, ci sentiamo profondamente turbati dall’ondata crescente di nazionalismo e fascismo nelle loro forme piu’ diverse e dal conseguente pericolo di guerra civile e tra i popoli e ci sentiamo obbligati nella nostra coscienza a rivolgere una parola di avvertimento e preghiera alla comunita’ cristiana.

Poniamo particolare attenzione a non disconoscere le ragioni ed il senso profondo del movimento nazionalista e fascista. Questo movimento e’ stato generato sia dal bisogno spirituale che dal bisogno materiale che si avvertono in tutto il mondo, ed e’ un nuovo sintomo dell’insostenibilita’ delle nostre situazioni. […] Sotto questo punto di vista, possiamo vedere anche in questo movimento un richiamo ad una riflessione piu’ profonda sul fondamento sacro ed eterno della societa’, come di tutta l’esistenza in generale.

Ma pur partendo da uno sforzo consapevole ed inconsapevole verso un rinnovamento spirituale della vita su queste fondamenta, deviano fascisti e nazionalisti verso una strada sbagliata, che li allontana dai loro scopi e li conduce proprio verso quel mondo, che dicono di voler abbandonare. Non sanno dare alcun aiuto concreto contro la poverta’ (necessita’) materiale. Le loro proposte economiche sono per la maggior parte immature e puramente demagogiche, in piu’, cosa di estrema vigliaccheria, il socialismo dei loro leader piu’ in vista non e’ altro che un’esca per intrappolare le masse verso altri scopi. Percio’ mancano loro per una costruzione organica della societa’ -meccanizzata, atomizzata, fondata dal sistema di vita capitalista solo sul denaro- anche i requisiti economici, cosi’ come quelli spirituali, e lo stato dei lavoratori, la societa’ dei popoli ed il superamento della lotta di classe sono su questo terreno pura finzione. La realizzazione violenta di cio’ che potrebbe crescere naturalmente spoglia l’ideologia fascista di ogni verita’. La democrazia viene depauperata ad una forma di demagogia, che nella sua unione di crudezza e di raffinatezza supera tutto cio’ che e’ stato finora. Anche la dittatura diventa il coronamento della demagogia. Nessun uomo serio e retto puo’ vedere in cio’ (nella dittatura) la soluzione al problema dell’autorita’ e della guida materiale e spirituale.[…] La dittatura poi non crea davvero ordine, ma solo ordine apparente, al quale segue inevitabilmente il caos. E ancor meno nazionalismo e fascismo desiderano superare l’imbarbarimento della moderna civiltà. A parte il fatto che la dittatura stessa, come insegna l’esperienza, è essa stessa una forma della peggiore corruzione, a questo movimento, che idolatra l’istinto primordiale, mancano le premesse spirituali per un rinnovamento del mondo. Così come mancano le premesse economiche, visto che tale movimento non vuole né può seppellire l’ordine capitalista, che è la causa principale di questo imbarbarimento. E in finale fallisce il fascismo proprio là dove ha il suo centro: il nazionalismo,che vuole preservare e liberare i popoli, li distrugge invece, secondo lo slogan che perde la propria vita che, egoisticamente la vuole mantenere. Alla fine la politica estera nazionalistica non condurrebbe i popoli europei alla liberazione, ma li farebbe piombare nel caos e nel declino. Il fascismo, visto dalla luce della realtà con la quale ci dobbiamo confrontare è un’utopia romantica, fondata sull’incerto, una pericoloso idea infantile, una demagogia senza scrupoli.

Quello che però ci preoccupa maggiormente è l’inostenibile contraddizione che si verifica quando questo movimento s’incontra con quelle forze spirituali che noi intendiamo quando pronunciamo la parola Cristo. Questo oggi vale in particolare per il nazionalismo. Questo diventa una religione fanatica di audoidolatria razzista e populista, che non solo contraddice la realtà storica nonché l’evidenza della scienza, ma che non ha davvero nulla a che fare con Cristo, anzi devia dal concetto di unico Dio e Padre di tutti gli esseri umani e riconduce alle molte pseudodivinità eroiche dei popoli nella loro forma peggiore e alla fine degenera in un culto demoniaco del Moloch. Ma il nostro Cristianesimo, le nostre chiese, si sono così allontanate dal sentimento della verità costituente del cristianesimo da non vedere una simile degenerazione? Se così fosse, sarebbe giunta l’ora del nostro inarrestabile declino. Come può un giovane cristiano identificarsi con un movimento razzista, che esclude i fratelli di altri popoli e razze dalla dignità e dalla cultura, come può identificarsi in particolare con la rozzezza del solito antisemitismo, quando la parola degli apostoli dice: “non c’è né Ebreo né Greco, né cavaliere né schiavo, né uomo né donna, ma siamo tutti uno in Cristo Gesù”? Sicuramente anche per un giovane cristiano la Natura, come creazione di Dio, ha il suo diritto, ma la natura dev’essere liberata dai biechi istinti tribali e dai demoni tramite forze che la trascendono e che trovano la loro massima espressione nella croce. Al di sopra di popolo e patria c’è il regno di Dio col suo ordine santo. Se obbediscono all’ordine divino, se si fanno servitori del Regno di Dio, crescono grandi e sani, se viceversa obbediscono solo a se stessi e ai loro istinti divengono preda del demonio, propagano la maledizione e diventano essi stessi maledizione.

Non ci si puo’ lasciare ingannare sul vero carattere del movimento dalla sua apparenza cristiana. Senza considerare, che la confessione cristiana nella loro bocca spesso e’ pura e bieca demagogia, cioe’ il peggior abuso del Sacro per scopi estranei, non si puo’ non notare che loro trasformano spesso la croce di Cristo nella croce uncinata (“Hakenkreuz: svastica, croce uncinata”), cioe’ trasformano il simbolo per eccellenza dell’amore gratuito e salvifico di Dio per tutti nel segno di un’esclusivita’ autoalimentantesi, arrogante, simbolo anche di odio e violenza. Non e’ questa il peggior abuso della croce cui si possa pensare? Voi rappresentanti della fede in Cristo, non lo vedete? Non vedete quale mostruoso pericolo per le cose di Cristo si celi in questa mistificazione? Quando il pensiero violento, strettamente legato a questa idolatria del nazionalismo con un’arroganza finora sconosciuta grida il suo credo al mondo, chi sarebbe cosi’ sedato, da non vedere cio’ come una totale assenza di Dio? Ed il despotismo cesareo, che trasforma in dio uno stato, che non lascia valere nulla al di fuori di se stesso, che non si concede alcuna moderazione della propria ideologia e che schiaccia i propri avversari con la violenza e l’omicidio, come puo’ esistere un tale despotismo accanto alla pretesa di liberta’ degli uomini in Cristo, che e’ il fondamento del protestantesimo, e accanto alla pretesa della signoria di Cristo su tutto il mondo e tutte le forme viventi, che e’ il significato piu’ profondo del cattolicesimo?

Svegliatevi, voi che vi siete fatto abbagliare dal fascino e dal fumo del nazionalismo e del fascismo, prendete coscienza del pericolo che sta di fronte a voi. Risvegliatevi alla verita’ di Cristo, ritornate da Cesare e Wotan a Cristo, ritornate dalla prosopopea accademica alla corona di spine del Figlio dell’Uomo, dalla svastica alla vera croce, che sola assicura la vittoria sul mondo. L’alleanza del Cristianesimo col nazionalismo ed il fascismo e’ una caduta verticale dalla verita’ di Cristo ed e’ un pericolo piu’ grande di quanto non sia un nemico dichiarato.

La giustizia e la verita’ di cui si fa portavoce questo movimento vengono persi in stoltezza, demagogia e in smarrimento demoniaco, pertanto sta a noi il compito, di difendere questi valori in modo migliore. Questa via migliore la vediamo in un ritorno dall’idolatria di un mondo che svanisce nel sangue, nel caos e nella maledizione verso quel Dio vivente, il cui cuore e la cui volonta’ si manifestano per noi in Cristo. Dio e’ l’autorita’ su cui deve fondarsi una societa’ che voglia avere un’ esistenza, lui e’ anche la liberta’. Il bisogno materiale e spirituale, la mancanza delle cose piu’ essenziali accanto al superfluo per i piu’ ricchi, la mancanza di lavoro accanto ad una grande quantita’ di compiti da svolgere, la razionalizzazione spietata e inumana del lavoro, la meccanizzazione, atomizzazione e la riduzione della vita al puro possesso materiale, che portano alla rovina, all’appiattimento, all’impaludamento dell’umanita’, possono essere superate solo tramite un ritorno da mammona a Dio, dai beni materiali all’anima, dal profitto all’uomo, dalla concorrenza alla solidarieta’, dalla degenerazione di tutte le forme di vita in un’idolatria all’ordine salvifico e primitivo della Creazione. In questo modo brillano di nuovo, come rinnovati, i veri obiettivi e scopi della vita, per cui vale la pena vivere. In questo modo si puo’ davvero realizzare una societa’ dei popoli, un lavoro pieno di significato, una cultura con un’anima. Sulle basi di un simile rinnovamento sociale e religioso, di una nuova fede ed un nuovo amore, che conducono alla giustizia, puo’ sorgere una nuova democrazia ed una nuova leadership. Qua si uniscono la vera liberta’ ed il vero ordine. Le forme della democrazia possono essere diverse, il principio rimane sempre la necessaria realizzazione del messaggio dell’amore di Dio e dell’uguaglianza e della fratellanza tra gli uomini. La via verso una nuova liberta’ dei popoli passa attraverso il rifiuto dell’esaltazione della violenza e dell’egoismo nazionalista e si manifesta nel credo in una societa’ dei popoli sulla quale il sacro diritto di Dio vale per tutti e nella quale regna un ordine pacifico tra i popoli, nella cui protezione ogni popolo puo’ fiorire. Questo cambiamento forma la premessa per una liquidazione definitiva delle guerre mondiali, per il superamento di ogni guerra, sia delle guerre civili che delle guerre tra nazioni. Non la repressione del movimento socialista dei lavoratori ed il ripristino di immagini superate di Dio e’ il senso del momento ed il nostro contributo, bensi’ una profonda unione delle forze del sociale con quelle del rinnovamento spirituale in una sola forza ed una sola corrente.

La situazione dell’Europa, che si caratterizza da una crescente lotta in particolare tra il fascismo ed il socialismo, implica anche un violento ammonimento alla Cristianita’ affinche’ prenda coscienza di se stessa, esca dalle false vie e torni all’azione utile anziche’. Soprattutto le orribili cose che sono la disoccupazione e la crescente miseria, mancanza di mezzi sussistenza di una sempre piu’ grossa fetta della popolazione ammoniscono e spingono a decisioni grandi e veloci. Altrimenti Natale diventa una bugia. Non con gli dei della semplice natura verso l’idolatria, ma con Cristo verso Dio e verso l’uomo va la strada della salvezza.

Der Internationale Ausschuß der religiösen Sozialisten. Der Präsident: Dr. L. Ragaz, Zürich.

Für Deutschland: Erwin Eckert, Pfarrer, Mannheim. Für England: Fred. Hughes, Parlamentsmitglied, London. Für Frankreich: Professor Paul Passy, Paris, Bourg‑la‑Reine, Seine. Für Holland: Dr. W. Banning, Barchem. Für Österreich: Otto Bauer, Redakteur, Wien. Für Schweden: J. M. Ljungner, Oerebro. Für die Schweiz: Dr. L. Ragaz; Hélène Monastier (Sekretärin).

Ignazio Silone (1900-1978), un esule cristiano – Un amico di Ragaz e moglier

Ignazio20Silone
Ignazio Silone è morto il 22 agosto del 1978, a Ginevra, così come è vissuto: quasi in esilio e certo in solitudine. Del resto Ignazio Silone ha sempre vissuto in esilio, nel senso più ampio del termine.
Nato a Pescina dei Marsi, in Abruzzo, il 1. maggio 1900, dopo il terremoto che distrusse la sua famiglia visse per collegi ecclesiastici. Durante il fascismo trovò rifugio in Svizzera: fu dapprima a Davos (dove curò la tubercolosi) poi ad Ascona e, dal 1942, a Zurigo (fu proprio in Svizzera che scrisse il celebre romanzo Fontamara).
Ma Silone fu “esule” anche a livelli più profondi: ben presto fuori dalla chiesa cattolica per gli inaccettabili compromessi che vi vedeva col potere e la società capitalistica, espulso dal Partito Comunista Italiano nel 1930 in quanto dissidente antistalinista, fu a lungo esiliato anche dagli ambienti letterari italiani (lui, uno dei più apprezzati e tradotti scrittori italiani in tutto il mondo).

Socialismo e libertà
Ignazio Silone – spinto verso il movimento socialista perché in esso scorgeva una tensione verso la liberazione della persona da ogni forma di asservimento – fu e rimase un ribelle, critico nei confronti di tutti i “poteri costituiti”.
Nei suoi romanzi si ritrovano, con grande lucidità ed efficacia, tematiche legate alla difesa della dignità dell’essere umano – e in particolare degli “ultimi” nella classifica sociale – e alla ricerca del nucleo autentico della predicazione cristiana delle origini.
Nell’opera di Silone la scelta dei poveri e degli “ultimi”, e la loro elezione a propri compagni, si presenta come scelta decisiva e costante della propria vita. Accanto a questa scelta c’è la riscoperta, nella lotta, di una più autentica fedeltà all’uomo e al vangelo (“Fortunatamente Cristo è più grande della chiesa”, dice); c’è il valore concreto dell’utopia; c’è la riscoperta di un “filo rosso” che attraversa non solo la Bibbia, ma tutta la storia del cristianesimo e che si traduce per lui in un atteggiamento critico nei confronti della chiesa che fonda il suo potere e la sua autorità appoggiandosi allo stato (tale atteggiamento sfocia nel rifiuto del concordato tra la Santa Sede e il regime fascista) e nell’appropriazione dell’amara e sarcastica saggezza della religiosità popolare.

Contrasto tra due chiese
In tutta l’opera siloniana è inoltre presente, costante, lo scontro, irriducibile e insanabile, fra le “due chiese”: quella che è del popolo e sta dalla parte del popolo, e quella che è del potere e sta contro il popolo, contro le sue lotte, contro le sue prese di coscienza, contro la sua liberazione.
Significative, a questo riguardo, le riflessioni autobiografiche contenute nei capitoli (“Quel che rimane”) che introducono il romanzo L’avventura di un povero cristiano. “Mi riferisco – scrive Silone – a quelli che dopo aver ricevuto la consueta educazione religiosa in qualche istituto o collegio di preti, si siano in gioventù allontanati dalla chiesa, non per la naturale indifferenza che sopravvive nella maggioranza dei maschi appena escono di pubertà, né per dubbi o dissensi intellettuali sulla sostanza della fede (questi sono casi rari), ma spinti da insofferenza contro l’arretratezza, la passività o il conformismo dell’apparato clericale di fronte alle scelte serie imposte dall’epoca”.
“Come si poteva rimanere in una simile chiesa?”, si chiede Silone, che “menava il can per l’aia”, parlando ossessivamente ai fedeli “dell’abbigliamento licenzioso delle donne, dei bagni promiscui sulle spiagge, dei nuovi balli d’origine esotica, e del tradizionale turpiloquio” in un’epoca “di confusione di massima, di miseria e disordini sociali, di tradimenti, di violenze, di delitti impuniti e d’illegalità d’ogni specie?”. È da questo “scandalo insopportabile” che la ricerca, umana, politica, religiosa di Silone prende avvio o si conferma.

Amicizia con Ragaz
L’irriducibile contrasto fra le “due chiese”, fra i due diversi modi di concepire il cristianesimo e di viverlo, si trova espresso soprattutto nel dramma L’avventura di un povero cristiano (1968) e in particolare nelle due figure che questo scontro personificano: Celestino V, il papa del “gran rifiuto”, che si dimise poco dopo l’elezione, e Bonifacio VIII, suo successore, il papa del rilancio del potere temporale della chiesa e del cinismo del potere stesso. Ma lo scontro era prefigurato già nei personaggi di don Benedetto (in Vino e pane) e fra Celestino (in Ed egli si nascose), indimenticabili figure di “preti del dissenso”, che vengono dal popolo e restano dalla parte del popolo, solidali, poveri, emarginati dalla chiesa e dal potere politico, spesso con gravi e tormentati conflitti di coscienza per questa loro difficile doppia fedeltà. In quelle figure e attraverso quelle narrazioni riemergono le radici di un cristianesimo “diverso”, di minoranza, rigorosamente contrario a ogni forma di compromesso.
Vale forse la pena ricordare, in questo contesto, anche l’amicizia, nata già nel 1935, tra Silone e il pastore protestante svizzero Leonhard Ragaz, promotore del “socialismo religioso”. Ragaz – col quale Silone rimase a lungo in contatto epistolare – appare nel romanzo La volpe e le camelie: “un uomo in gamba”, che “ha lasciato chiesa e università per la causa degli operai”.

(Per Ragaz Benazzi ha curato la migliore pagina italiana su web a questo link:

https://ecumenici.wordpress.com/leonhard-ragaz/)
Fedeltà a Cristo
Silone, nella sua ricerca, scava nelle vicende della sua terra per ritrovarvi i problemi e la storia di oggi. “Numerosi cenobi si formarono nelle montagne abruzzesi” – scrive nei citati capitoli introduttivi dell’Avventura, rifacendosi ai fermenti ‘eretici’ abruzzesi del Duecento – esperienze che “pur evitando l’aperta eresia” rimasero per molto tempo “al di fuori della vita ufficiale della Chiesa, accogliendo assai liberamente, e spingendo talvolta agli estremi, le ispirazioni benedettine, gioachimite e francescane” dell’attesa “di una terza età dello Spirito, senza Chiesa, senza Stato, senza coercizioni, in una società egualitaria, sobria, umile e benigna, affidata alla spontanea carità degli uomini”.
“La storia dell’utopia – continua Silone – è in definitiva la contropartita della storia ufficiale della Chiesa e dei suoi compromessi col mondo… L’utopia è il suo rimorso”.
Per Silone non è affatto strano che “gli uomini i quali una volta dicevano no alla società e andavano nei conventi, adesso il più sovente finiscono tra i fautori della rivoluzione sociale… Non esito ad attribuire ai ribelli – conclude Silone – il merito di una più vicina fedeltà a Cristo”.

 

Peter Bernhard. Leonhard Ragaz e la socialdemocrazia 
Il teologo grigionese rimase deluso dal militarismo socialista

24 Gennaio 2010

Il teologo evangelico grigionese Leonhard Ragaz(1868-1945, foto), è stato uno degli esponenti di spicco del movimento dei socialisti religiosi. Ma quale fu il suo rapporto con il partito socialdemocratico?

Già nel periodo in cui era pastore della Martinskirche, a Coira (1895-1902), Ragaz era impegnato sul fronte sociale. Si deve a lui la fondazione del Rätisches Volkshaus, un ristorante in cui non si vendevano bevande alcooliche e che fungeva da centro popolare di formazione. A Coira, Ragaz intratteneva contatti con gli operai, la maggior parte dei quali aderivano al Grütliverein. Per avere tenuto una relazione sul tema della questione operaia, Ragaz ricevette in dono, dal Grütliverein, due volumi del Capitale di Karl Marx.

 

Il periodo basilese

Pastore a Basilea (1902-1908), Leonhard Ragaz ebbe un ruolo di primo piano nella fondazione dell’Unione dei socialisti religiosi, un movimento impegnato a favore della realizzazione dell’evangelo nell’ambito della vita sociale. Isocialisti religiosi si distinguevano da altri movimenti, come ad esempio quello dei cristiano-sociali, per la loro aperta approvazione del socialismo quale manifestazione della volontà di Dio nell’epoca presente. I socialisti religiosiriconobbero i disagi economici e i contrasti sociali esistenti in Svizzera e cercarono, coscientemente e con tenacia, il contatto con gli ambienti operai.

 

Adesione al partito socialista

Nel 1913, un anno dopo lo sciopero generale di Zurigo, Leonhard Ragaz aderì al partito socialista. In questo periodo egli lavorava, in qualità di professore di teologia, presso l’Università di Zurigo. Nella sua autobiografia, intitolata Mein Weg, Ragaz scrive, a proposito dell’adesione al partito socialista: «Non andammo incontro al proletariato perché lo idealizzassimo, ma, al contrario, perché lo vedevamo piegato a causa delle proprie manchevolezze e peccati; in ciò avevamo individuato però una colpa della società, in particolare del cristianesimo e della chiesa. Ci sentivamo obbligati a caricarci di quella colpa e, nella misura del possibile, a portarla».

In seguito alle critiche espresse da Ragaz, all’indomani dello sciopero generale zurighese, sul comportamento dei borghesi, e alla sua adesione alpartito socialista, la borghesia zurighese si indignò contro di lui. «Da allora mi si ritiene colpevole per tutto ciò che va male in questo paese. Il fatto di avere compiuto questo gesto in qualità di professore di teologia ha reso il mio delitto ancora più grave; quando la teologia si schiera con gli agitatori ciò è considerato doppiamente grave; il pastore e il teologo sono, agli occhi di questa gente, essenzialmente tutori della tranquillità e dell’ordine».

L’impegno politico era, per Ragaz, prassi di fede. Ragaz condivideva e faceva propri la lotta del socialismo contro l’egoismo, il sistema violento e la sete di potere del capitalismo e del militarismo. Egli respinse presto il modello leninista di realizzazione del socialismo. Si creò in lui perciò un rapporto ambivalente nei confronti del partito. In una lettera del 1915, scrive: «Per quanto riguarda la socialdemocrazia, alle volte penso che ci sarà una nuova, imponente ondata democratica, socialista e antimilitarista, altre volte ho l’impressione… che i nostri ideali siano frantumati e che tutte le forze avverse rimarranno ancora a lungo saldamente in sella».

 

Delusione e rottura

Queste considerazioni lasciano trasparire la delusione di Ragaz per il fallimento della seconda Internazionale, allo scoppio della prima guerra mondiale, e per la politica di non-confrontazione adottata da quasi tutti i partiti socialdemocratici nei confronti dei governi dei paesi belligeranti.

L’esigenza assoluta del regno di Dio, da un lato, e i tentennamenti e cedimenti della politica di partito per la sua realizzazione, dall’altro, tormentavano sempre di nuovo Ragaz.

A partire dallo scoppio della prima guerra mondiale il superamento del militarismo divenne per Ragaz un motivo centrale. Dalla socialdemocrazia egli si aspettava «una posizione antimilitarista molto più decisa». La linea assunta dal partito socialista su questa questione portò infine alla rottura e all’uscita dal partito, nel 1935. Ragaz criticò il rifiuto opposto dal partito socialista alla Società delle Nazioni e il suo avvicinamento a posizioni che egli definì di “militarismo patriottico”. Una risoluzione, presentata dai socialisti religiosi in occasione del congresso di Lucerna, su questi temi, fu bocciata. Ragaz scrive, nell’autobiografia: «Questo è stato il peccato della socialdemocrazia svizzera, di aggrapparsi alle sottane degli ufficiali e mettersi così, senza rendersene conto, al servizio della reazione. A partire da questo punto è iniziato il suo declino. Si è trattato di un tradimento della causa del socialismo. La mia permanenza nel partito era conclusa».

Alla causa del socialismo Ragaz rimase tuttavia fedele. Nel centro di formazione per lavoratori “Gartenhof”, a Zurigo-Aussersihl, egli svolse, fino all’ultimo, un’opera per molti versi pionieristica nel campo dell’educazione popolare e degli adulti.

 

Opere di e su Ragaz in italiano

Il sermone sul monte, tradotto da Hedi Vaccaro e con una introduzione di Giovanni Miegge, edito da Comunità, Milano, 1963; Socialismo e violenza, Ed. Troesch, Olten, 1919; La nuova Svizzera, Ed. Grassi, Lugano e Bellinzona, 1919; La fede dei socialisti religiosi: antologia di testi, a cura di Wolgang Deresch, Jaca Book, Milano 1974.

Tra gli scritti in italiano su Ragaz, si possono segnalare: Il socialismo religioso svizzero: Leonhard Ragaz, di Maria Cristina Laurenzi, Ed. Cittadella, Assisi, 1976; i capitoli su Ragaz di Henri Roser e Willy Kobe nel libro Le chiese e la guerra, Ed. Napoleone, Roma, 1972; e le pagine che Paolo Ricca dedica inLe chiese evangeliche e la pace, Ed. Cultura della pace, S. Domenico di Fiesole, 1989, a Ragaz e al pacifismo del movimento del socialismo religioso.

 

Peter Bernhard

Non è logico definire utopico quello su cui non abbiamo ancora misurato le nostre forze.

Nuovo foglio della pagina di Leohnard Ragaz e Clara Nadig. Trad. di Carlo Nicola Colacino.
Buber era un amico di Ragaz e come ebreo teologo e filosofo oltre che pedagogista ha ritenuto di trovare essenziale il messaggio del Regno e fa parte del socialismo biblico. Tradotto oggi come socialismo religioso per includere anche altre religioni

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Le informazioni principali su Martin Buber le trovate su Wikipedia: la casa Giuntina, tramite il curatore di una collana a lui dedicata, mi ha chiesto di suggerirgli i testi in cui Ragaz parla di Buber ma non ho potuto dare risposte diverse dalla biografia perchè ho solo un livello scolastico del tedesco e nessuna opera del teologo fuori dalla chiesa è stata mai tradotta in italiano.
Ecco perchè siamo sempre in cerca di un traduttore che volontariamente possa svolgere il compito per almeno tre files che sono riprodotti nei siti ufficiali in lingua.
Una generosa pioggia di benedizioni dell’Eterno scenda su di esso/i per la Missione cristiana che è anche ecumenica e inter religiosa allo stesso tempo per le interdipendenze, direbbe un buddista.
Le raccogliamo non solo su Facebook ma anche sul nostro sito principale in un pagina dedicata, in attesa che un domani una Casa editrice possa dedicare l’attenzione.
Iddio ci assista.

Dalla pagina: https://www.facebook.com/leohnardragaz?fref=ts

Questo mio testo fu inserito dai nazisti nel 1938 in Germania nella lista degli “scritti indesiderati e pericolosi”. Inoltre fu emesso un divieto generale contro il libro dal capo delle SS e dal capo della polizia tedesca.

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La donna, che fin dalla più tenera giovinezza, viene tenuta in stato di subalternità all’uomo e che nel migliore dei casi si è appena conquistata un posto accanto a lui, guarda automaticamente a quest’uomo, che possiede così tante cose che a lei sono interdette, come a un essere di rango superiore e pertanto pone tutta la sua ambizione nel mostrarsi di pari valore rispetto a lui ed è tentata di affermare la propria uguaglianza di fronte alla legge cercando quanto più possibile di essere uguale all’uomo.
La stessa cosa succede con la socialdemocrazia. Anche in questo caso l’oppressione, la repressione, il disprezzo e la cattiva conoscenza di cui la socialdemocrazia ha sempre sofferto, hanno generato un complesso d’inferiorità che l’ha portata a rinnegare se stessa ed i suoi ideali, a rinnegare il sentimento di unione di tutti gli oppressi ed i sofferenti, a corrompersi dall’internazionalismo al nazionalismo. La socialdemocrazia, spesso accusata di rinnegare la patria, voleva dimostrare quanto ingiusta fosse questa critica. Tacciata di materialismo e accusata di fomentare l’odio di classe, ha perso slancio cercando di mostrare quanto patriottici e disposti al sacrificio fossero i suoi adepti ed i suoi ideali.
Ma non si rende affatto un servizio all’umanità nel momento in cui un genere rinuncia alle proprie specifiche caratteristiche a vantaggio dell’altro né nel momento in cui un partito rinuncia ai propri ideali a vantaggio di un altro.

Si ringrazia della traduzione dal tedesco di Clara Ragaz-Nadig il prof. Carlo Nicola Colacino

Manifesto contro la leva e il sistema militare, firmato anche da Ragaz e molti altri fra cui Einstein

Pubblichiamo la traduzione in italiano del ‘Manifesto contro la leva e il sistema militare’, un importante documento del movimento pacifista redatto nel 1992.

Fonte: Manifesto againts conscription and the military system

Nel nome dell’umanità,

per tutti i civili minacciati da crimini di guerra,
specialmente le donne e i bambini, e a beneficio di Madre Natura che soffre dai preparativi per la guerra e dalla guerra

Noi, i sottoscritti, richiediamo l’abolizione universale della leva quale passo importante e decisivo verso il disarmo completo.

Ricordiamo il messaggio degli umanisti del 20° secolo:

“E’ nostra convinzione che gli eserciti di leva, con i loro ampi corpi di ufficiali professionisti, siano una seria minaccia alla pace. La leva implica lo svilimento della personalità umana, e la distruzione della libertà. La vita in caserma, l’addestramento militare, la cieca obbedienza ai comandi per quanto ingiusti e assurdi, e l’addestramento deliberato a massacrare, minino il rispetto per l’individuo, per la democrazia e la vita umana.

Si tratta di svilire la dignità umana per forzare gli uomini a rinunciare alle proprie vite, o per infliggere la morte contro la loro volontà, o senza convinzione sulla giustizia delle loro azioni. Lo Stato che si pensa autorizzato a forzare i propri cittadini ad andare in guerra non osserverà mai un riguardo appropriato al valore e alla felicità delle loro vite in pace. Inoltre, con la leva lo spirito militarista dell’aggressività viene impiantato in tutta la popolazione maschile nell’età in cui si è più facilmente impressionabili. Con l’addestramento alla guerra gli uomini giungono a considerare la guerra come inevitabile e persino desiderabile”. (1)

La leva sottopone le personalità individuali al militarismo. E’ una forma di servitù. Che le nazioni la tollerino regolarmente, è solo un’altra prova della sua influenza debilitante.

L’addestramento militare è l’istruzione del corpo e dello spirito nell’arte dell’uccidere. L’addestramento militare è l’educazione alla guerra. E’ la perpetuazione dello spirito di guerra. Esso ostacola lo sviluppo del desiderio di pace”. (2)

Incoraggiamo tutte le persone ad emanciparsi dal sistema militare e, inoltre, a mettere in pratica tattiche di resistenza non-violenta, sulla tradizione del Mahatma Gandhi e di Martin Luther King, quali: Obbiezione di Coscienza (da soldati di leva e professionisti, in tempo di guerra e di pace), Disobbedienza Civile, Resistenza alle Tasse di Guerra, Non-Cooperazione con la Ricerca Militare, la produzione militare e il commercio delle armi.

Nella nostra era di guerra elettronica e manipolazione mediatica, non possiamo negare la nostra responsabilità di agire in tempo, secondo le nostre coscienze. E’ l’ultimo momento per demilitarizzare le nostre menti e le nostre società, per pronunciasi contro la guerra e i preparativi per essa.

Ora è tempo di agire, ora è tempo di creare e di vivere in un modo che salvi le vite degli altri.

Note:
(1) Manifesto contro la leva del 1926, firmato tra gli altri da Henri Barbusse, Annie Besant, Martin Buber, Edward Carpenter, Miguel de Unamuno, Georges Duhamel, Albert Einstein, August Forel, M.K. Gandhi, Kurt Hiller, Toyohiko Kagawa, George Lansbury, Paul Loebe, Arthur Ponsonby, Emanuel Radl, Leonhard Ragaz, Romain Rolland, Bertrand Russell, Rabindranath Tagore, Fritz von Unruh, H.G. Wells

(2) Contro la leva e l’addestramento militare della gioventù, 1930, firmato tra gli altri da Jane Addams, Paul Birukov and Valentin Bulgakov (collaborators of Leo Tolstoy), John Dewey, Albert Einstein, August Forel, Sigmund Freud, Arvid Jaernefelt, Toyohiko Kagawa, Selma Lagerloef, Judah Leon Magnes, Thomas Mann, Ludwig Quidde, Emanuel Radl, Leonhard Ragaz, Henriette Roland Holst, Romain Rolland, Bertrand Russell, Upton Sinclair, Rabindranath Tagore, H.G. Wells, Stefan Zweig

Il teologo grigionese rimase deluso dal militarismo socialista

(Peter Bernhard) Il teologo evangelico grigionese Leonhard Ragaz (1868-1945), è stato uno degli esponenti di spicco del movimento dei socialisti religiosi. Ma quale fu il suo rapporto con il partito socialdemocratico?

Già nel periodo in cui era pastore della Martinskirche, a Coira (1895-1902), Ragaz era impegnato sul fronte sociale. Si deve a lui la fondazione del Rätisches Volkshaus, un ristorante in cui non si vendevano bevande alcooliche e che fungeva da centro popolare di formazione. A Coira, Ragaz intratteneva contatti con gli operai, la maggior parte dei quali aderivano al Grütliverein. Per avere tenuto una relazione sul tema della questione operaia, Ragaz ricevette in dono, dal Grütliverein, due volumi del Capitale di Karl Marx.

Il periodo basilese

Pastore a Basilea (1902-1908), Leonhard Ragaz ebbe un ruolo di primo piano nella fondazione dell’Unione dei socialisti religiosi, un movimento impegnato a favore della realizzazione dell’evangelo nell’ambito della vita sociale. I socialisti religiosi si distinguevano da altri movimenti, come ad esempio quello dei cristiano-sociali, per la loro aperta approvazione del socialismo quale manifestazione della volontà di Dio nell’epoca presente. I socialisti religiosi riconobbero i disagi economici e i contrasti sociali esistenti in Svizzera e cercarono, coscientemente e con tenacia, il contatto con gli ambienti operai.

Adesione al partito socialista

Nel 1913, un anno dopo lo sciopero generale di Zurigo, Leonhard Ragaz aderì al partito socialista. In questo periodo egli lavorava, in qualità di professore di teologia, presso l’Università di Zurigo. Nella sua autobiografia, intitolata “Mein Weg”, Ragaz scrive, a proposito dell’adesione al partito socialista: “Non andammo incontro al proletariato perché lo idealizzassimo, ma, al contrario, perché lo vedevamo piegato a causa delle proprie manchevolezze e peccati; in ciò avevamo individuato però una colpa della società, in particolare del cristianesimo e della chiesa. Ci sentivamo obbligati a caricarci di quella colpa e, nella misura del possibile, a portarla”.

In seguito alle critiche espresse da Ragaz, all’indomani dello sciopero generale zurighese, sul comportamento dei borghesi, e alla sua adesione al partito socialista, la borghesia zurighese si indignò contro di lui. “Da allora mi si ritiene colpevole per tutto ciò che va male in questo paese. Il fatto di avere compiuto questo gesto in qualità di professore di teologia ha reso il mio delitto ancora più grave; quando la teologia si schiera con gli agitatori ciò è considerato doppiamente grave; il pastore e il teologo sono, agli occhi di questa gente, essenzialmente tutori della tranquillità e dell’ordine”.

L’impegno politico era, per Ragaz, prassi di fede. Ragaz condivideva e faceva propri la lotta del socialismo contro l’egoismo, il sistema violento e la sete di potere del capitalismo e del militarismo. Egli respinse presto il modello leninista di realizzazione del socialismo. Si creò in lui perciò un rapporto ambivalente nei confronti del partito. In una lettera del 1915, scrive: “Per quanto riguarda la socialdemocrazia, alle volte penso che ci sarà una nuova, imponente ondata democratica, socialista e antimilitarista, altre volte ho l’impressione… che i nostri ideali siano frantumati e che tutte le forze avverse rimarranno ancora a lungo saldamente in sella”.

Delusione e rottura

Queste considerazioni lasciano trasparire la delusione di Ragaz per il fallimento della seconda Internazionale, allo scoppio della prima guerra mondiale, e per la politica di non-confrontazione adottata da quasi tutti i partiti socialdemocratici nei confronti dei governi dei paesi belligeranti. L’esigenza assoluta del regno di Dio, da un lato, e i tentennamenti e cedimenti della politica di partito per la sua realizzazione, dall’altro, tormentavano sempre di nuovo Ragaz.

A partire dallo scoppio della prima guerra mondiale il superamento del militarismo divenne per Ragaz un motivo centrale. Dalla socialdemocrazia egli si aspettava “una posizione antimilitarista molto più decisa”. La linea assunta dal partito socialista su questa questione portò infine alla rottura e all’uscita dal partito, nel 1935. Ragaz criticò il rifiuto opposto dal partito socialista alla Società delle Nazioni e il suo avvicinamento a posizioni che egli definì di “militarismo patriottico”. Una risoluzione, presentata dai socialisti religiosi in occasione del congresso di Lucerna, su questi temi, fu bocciata. Ragaz scrive, nell’autobiografia: “Questo è stato il peccato della socialdemocrazia svizzera, di aggrapparsi alle sottane degli ufficiali e mettersi così, senza rendersene conto, al servizio della reazione. A partire da questo punto è iniziato il suo declino. Si è trattato di un tradimento della causa del socialismo. La mia permanenza nel partito era conclusa”.

Alla causa del socialismo Ragaz rimase tuttavia fedele. Nel centro di formazione per lavoratori Gartenhof, a Zurigo-Aussersihl, egli svolse, fino all’ultimo, un’opera per molti versi pionieristica nel campo dell’educazione popolare e degli adulti.

Opere di e su Ragaz in italiano

“Il sermone sul monte”, tradotto da Hedi Vaccaro e con una introduzione di Giovanni Miegge, edito da Comunità, Milano, 1963; “Socialismo e violenza”, Ed.Troesch, Olten, 1919; “La nuova Svizzera”, Ed.Grassi, Lugano e Bellinzona, 1919; “La fede dei socialisti religiosi: antologia di testi”, a cura di Wolgang Deresch, Jaca Book, Milano 1974

Tra gli scritti in italiano su Ragaz, si possono segnalare “Il socialismo religioso svizzero: Leonhard Ragaz”, di Maria Cristina Laurenzi, Ed.Cittadella, Assisi, 1976; i capitoli su Ragaz di Henri Roser e Willy Kobe nel libro “Le chiese e la guerra”, Ed. Napoleone, Roma, 1972; e le pagine che Paolo Ricca dedica in “Le chiese evangeliche e la pace”, Ed.Cultura della pace, S.Domenico di Fiesole, 1989, a Ragaz e al pacifismo del movimento del socialismo religioso

Qualunque socialismo i cui confini siano più stretti di Dio e dell’uomo, per noi è insufficiente. Leonhard Ragaz

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Il congresso mondiale dei socialisti religiosi in Austria dal 18 al 20 settembre “Un futuro di Giustizia e inclusione: combattendo discriminazione, austerità e indifferenza in un mondo frammentato” Per info scrivere a mblauer@web.de

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Contribuire a realizzare l’unità della famiglia umana, arricchita dalle diversità tipiche della nostra società multiculturale e multireligiosa. Questo è un impegno che possiamo condividere coi cattolici del movimento dei focolari, in un momento di crisi delle Chiese e delle Istituzioni in generali. Gesù può unire tramite lo Spirito Santo quello che la Storia umana ha diviso. L’impegno contro il razzismo deve vedere uniti tutti i cristiani di qualsiasi confessione religiosa, ebrei e le altre religioni impegnate nel Dialogo. Un compito non facile ma che deve essere testimoniato in un’epoca contrassegnata dall’intolleranza e disprezzo per il diverso. Gesù non ha distinto nella sua missione il colore della pelle, la razza, la nazionalità, l’orientamento sessuale, la cultura o lo stato sociale. Ha liberato dal male chi lo chiedeva. Ha pagato con la croce il prezzo per il riscatto dei suoi nemici. A noi è chiesto di seguirlo in questo Regno di Amore fra gli uomini e le donne. A noi tocca decidere da che parte stare. La Fede in Lui è una risposta concreta nella vita di fronte all’odio, il pregiudizio e l’ingiustizia. 4 gruppi sono attivati con il motto PIENAMENTE UMANI

https://www.facebook.com/events/462250697267665/permalink/469115466581188/

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“Dobbiamo lottare per un ordine economico che distribuisca di nuovo in maniera equa pane e terra, potenza e diritto, e non attraverso la concentrazione di ricchezze mostruose nelle mani di pochi, rendendo questi pochi i padroni dei mercati e di conseguenza del mondo.”

Fondò con altre donne del Circolo femminile socialista la rivista Friedens Warte che in epoca nazionalsocialista fece da custode del patrimonio federalista pacifista continentale. Propedeutici all’Unità europea.

Cent’anni di socialismo religioso nel 2006
Il movimento religioso sociale e la rivista “Neue Wege” sono nati nel 1906.
(Hans Ulrich Jäger-Werth) Nell’ottobre del 1906, a Degersheim, il pastore Hans Bader e il professor Johann Georg Hagmann indissero una conferenza di argomento pedagogico-sociale. Quella è considerata la data di nascita del movimento religioso sociale in Svizzera. I partecipanti alla conferenza di Degersheim si diedero appuntamento a Zurigo, nell’aprile del 1907, per un secondo incontro, dal titolo “Socialismo e religione”.
In Svizzera molti pastori avevano già da tempo preso atto della difficile situazione in cui versavano gli operai. Quando, nel 1888, gli operai diedero vita al sindacato e al partito socialdemocratico, rivendicarono i loro diritti e ci furono i primi scioperi, molti cristiani si ritirarono. Altri invece decisero di impegnarsi. Tra questi, alcuni partecipanti alla conferenza di Degersheim: Hermann Kutter (“Le promesse si Dio si compiono nei socialdemocratici”) e Leonhard Ragaz (un cristiano non deve essere per forza un socialdemocratico, ma un socialista sì).

Nel 1906 un gruppo di amici, legati allo storico basilese della chiesa Paul Wernle, decise di pubblicare una rivista dal titolo (suggerito da Ragaz) “Neue Wege”. I redattori intendevano rivolgersi “a chi è in ricerca, essendo noi stessi dei cercatori”. Col tempo il movimento religioso sociale e la rivista “Neue Wege” subirono sempre di più l’influsso di Leonhard Ragaz e di sua moglie, Clara Ragaz-Nadig. E ciò soprattutto a partire dal 1921, quando Ragaz lasciò la cattedra universitaria e andò ad abitare nel quartiere operaio di Zurigo-Aussersihl.

L’epoca d’oro del socialismo religioso durò fino alla fine della Prima guerra mondiale. Quando allo scoppio delle ostilità la solidarietà internazionale dei socialdemocratici andò in pezzi, i religiosi sociali divennero relatori molto richiesti. Il sostegno da essi dato agli operai in sciopero, nel 1918, attirò su di loro l’odio dei borghesi, ma impedì che la classe operaia si allontanasse definitivamente dal cristianesimo.
Alla fine della Grande guerra, l’influsso di Lenin e della sua dottrina della rivoluzione violenta aumentò. Nel 1919 il partito socialista decise di aderire alla Terza internazionale leninista. I socialisti religiosi, contrari all’adesione, chiesero di poter votare: l’adesione fu bocciata a larga maggioranza. Si trattò di una decisione importante per la salvaguardia dell’unità nazionale svizzera.

I socialisti religiosi furono antinazisti, e contrari al riarmo della Svizzera (e questo secondo aspetto spesso non fu capito). In quegli anni alcuni ebrei si avvicinarono al movimento (Ragaz si era schierato già negli anni Venti a favore degli ebrei) a cui aderì, per un tratto, anche Martin Buber. A seguito della condanna vaticana del socialismo, solo pochi cattolici aderirono inizialmente al movimento.

Dopo la morte di Ragaz i socialisti religiosi si spaccarono in due fronti: uno, composto dalla famiglia Ragaz e dai vecchi amici, condannò lo stalinismo e diede avvio alla pubblicazione della rivista “Aufbau”; l’altro continuò a pubblicare “Neue Wege” e assunse una linea moderatamente pro-sovietica.

Negli anni Settanta “Neue Wege” arrivò a un passo dalla chiusura. A quel punto giunse un inatteso aiuto da parte del movimento dei “Cristiani per il socialismo” (nato in seguito ai fatti del Cile, del 1973) e Willy Spieler, un cattolico socialista, ne divenne il redattore. Spieler ha guidato fino a oggi la rivista “Neue Wege” ridandole l’antico smalto.
Nel 1989 le due anime del movimento religioso sociale si sono riunite. Le guerre mondiali e le vicende storiche hanno smorzato l’ottimismo degli inizi, ma la sensibilità sociale coltivata dal movimento è stata largamente recepita dalle chiese (Kirchenbote St.Gallen, trad.it. e riduzione P.Tognina)

Il sito di Neue Wege
http://www.neuewege.ch/

Ragaz [-Nadig], Clara
nascita 30.3.1874 Coira,morte 7.10.1957 Zurigo, rif., di Coira e Davos. Figlia di Johann Josua Nadig, cancelliere del tribunale, e di Christina Plattner. Sorella di Eva Nadig ∞ (1901) Sposata con Leonhard R. ( -> 2). Dopo aver concluso la scuola magistrale di Aarau (1892), fu precettrice in Inghilterra, in Francia e in Engadina e poi insegnante a Zurigo. Nel 1913, poco prima del marito, aderì al partito socialista; ne uscirono entrambi alla fine del 1935, dopo che il PS si era pronunciato a favore della difesa nazionale. R. considerò tuttavia legittima una resistenza armata a difesa della libertà e della democrazia (ad esempio nella guerra civile spagnola). Nel 1902 fu tra le fondatrici della Lega sviz. delle donne astinenti a Basilea e, dopo aver aderito nel 1907 all’Unione per le rivendicazioni femminili, si impegnò nella Lega sociale dei consumatori (1908-15). Nel 1909 diresse l’esposizione sul lavoro a domicilio di Zurigo. Oltre all’impegno a favore delle lavoratrici del quartiere di Aussersihl e all’attività di docente alla scuola sociale femminile, dal 1929 al 1946 fu vicepres. della Lega intern. delle donne per la pace e la libertà; nel 1915 fu cofondatrice della sezione sviz. di quest’ultima, che presiedette fino al 1946. R. fu una delle più importanti pacifiste e femministe sviz. della prima metà del XX sec. Per R. il precetto dell’etica cristiana significava impegno per la pace e la giustizia sociale e per il diritto delle donne alla partecipazione politica; quest’ultima rivendicazione era a suo avviso motivata dalla natura dolce e devota che caratterizzerebbe le donne e che le predestinerebbe a lottare contro la guerra e le ingiustizie sociali.

Opere
– Die Frau und der Friede, 1915
Bibliografia
– I. Wohlgemuth, C. Ragaz und der feministische Pazifismus (1915-1946), mem. lic. Zurigo, 1991
– L. Stamm, C. Ragaz-Nadig (1874-1957), 1996
– T. Weinhandl, C. Ragaz-Nadig (1874-1957), 20002
– P. Aerne, Religiöse Sozialisten, Jungreformierte und Feldprediger, 2006
– AA. VV., Für die Freiheit des Wortes, 2009, 219 sg.

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Sono molte le citazioni riportate sul Bund dei socialisti religiosi di Facebook, prima segnalato, su Leohnard Ragaz, data la imponente opera di scritti religiosi, ma non mancano i riferimenti all’intenso lavoro della moglie. Se conoscete il tedesco grazie per passarci la traduzione che diffondiamo. li trovate sul link in Facebook collegato alla pagina https://www.facebook.com/BRSD.eV?pnref=story del Bund der Religiösen Sozialistinnen und Sozialisten Deutschlands (BRSD)

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E ancora contro altri dei dobbiamo combattere: contro lo stato, che esiste solo in funzione di se stesso, per uno stato che sia lì per gli uomini; contro uno stato, in cui una manciata di uomini in un attimo di difficoltà diplomatiche può portare morte e fame su milioni di uomini, per uno stato, che prenda le sue decisioni con occhio al benessere e alla sofferenza dei suoi cittadini; contro uno stato, che conduce le sue relazioni con le potenze straniere in segreto, per uno stato, che garantisca trasparenza nei suoi affari ai suoi cittadini, sulle cui spalle ricadono i rischi di tali affari; contro uno stato che affida onore e diritto alle armi, per uno stato che affidi onore e diritto alla saggezza dei suoi leader spirituali.

Clara Nadig

Per gentile traduzione di Carlo Nicola Colacino

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Ragaz, Leonhard
Tratto dall’enciclopedia storica svizzera

nascita 28.7.1868 Tamins,morte 6.12.1945 Zurigo, rif., di Tamins. Figlio di Bartholome, contadino, e di Luzia Färber. ∞ (1901) Clara Nadig ( -> 1). Dopo le scuole a Tamins e Coira studiò teol. a Basilea, Jena e Berlino. Fu poi pastore rif. sull’Heinzenberg (1890-93), a Coira (1895-1902) e presso la cattedrale di Basilea (1902-08); dal 1893 al 1895 insegnò inoltre alla scuola cant. di Coira. Di orientamento teol. liberale, già a Coira sviluppò una sensibilità per la questione sociale. Influenzato da Christoph Blumhardt, l’annuncio del regno di Dio in questo mondo divenne per lui una sfida sul piano teol. e politico. Nel 1906 partecipò alla creazione del movimento religioso-sociale e alla fondazione della sua rivista, intitolata Neue Wege, che curò come redattore principale dal 1921 alla morte. Dal 1908 fu professore di teol. sistematica e pratica all’Univ. di Zurigo. Si avvicinò al movimento operaio e compì i passi decisivi in questa direzione esprimendo solidarietà agli operai edili in sciopero a Basilea nel 1903 e sostenendo lo sciopero generale di Zurigo nel 1912. Divenuto una figura centrale del movimento intern. del socialismo religioso, R. si batté per un socialismo federalista, cooperativista e pacifista, opponendosi alle tendenze marxiste e stataliste. Nel 1921 si ritirò dall’insegnamento univ. per dedicarsi al lavoro di formazione nel quartiere operaio zurighese di Aussersihl e nel movimento religioso-sociale. Pres. del Centro sviz. di azione per la pace, nel periodo fra le due guerre fu uno degli esponenti del movimento pacifista e antimilitarista in Svizzera. Quando il partito socialista nel 1935 si pronunciò a favore della difesa nazionale militare, uscì dal partito, cui aveva aderito nel 1913. R. cercò presto il dialogo con il mondo ebraico, rifiutando l’antisemitismo e il nazionalsocialismo con lo stesso vigore con cui combatté ogni tendenza accomodante nei confronti del nazismo in Svizzera; levò la voce della critica profetica contro tale atteggiamento. Non disposto a sottomettersi alla censura preventiva obbligatoria, tra il 1941 e il 1944 pubblicò illegalmente il periodico Neue Wege. La sua teol. basata sul concetto del regno di Dio, sempre associata all’impegno politico, anticipava i principi della teol. della liberazione.

 

Leonhard Ragaz, per un’etica della politica e un giornalismo profetico

ragaz

Quasi dimenticato in Svizzera, pressoché sconosciuto all’estero, solo il movimento del ‘68 e la teologia della liberazione hanno riscoperto il significato dell’opera del teologo svizzero Leonhard Ragaz, nato a Tamins, nei Grigioni, il 28 luglio 1868

(Markus Mattmüller) Il villaggio di Tamins, nel quale Ragaz è nato, figlio di una famiglia modesta di contadini, gli fornisce una buona illustrazione delle strutture politiche e sociali: il sistema delle cooperative nel villaggio montano, in cui gran parte del suolo è di proprietà pubblica, dove molti compiti vengono svolti in comune, in cui annualmente ad ogni famiglia – anche a quella più povera – viene assegnata una parcella di terreno. Tutto ciò rafforza in Ragaz la convinzione delle possibilità inerenti a un socialismo istituzionalizzato, a una democrazia comunitaria viva e al federalismo.
Spinto a studiare teologia solo per la facilità d’accesso a una borsa di studio, dopo alcuni semestri a Basilea, Jena e Berlino, a 22 anni diventa pastore di tre villaggi di montagna. Successivamente è primo pastore a Coira e nel 1903 viene chiamato alla cattedrale di Basilea. Fino a quel momento non si distingue in nulla dagli altri teologi liberali del suo tempo, coronati da successo e popolarità.
Nella città industriale di Basilea però, la lotta sociale, che sta raggiungendo il suo culmine, lo costringe a una presa di posizione. Nella quaresima del 1903, nasce un conflitto operaio tra i mastri costruttori edili da una parte e muratori e manovali dall’altra. Questi ultimi rivendicano una riduzione dell’orario lavorativo e un aumento dello stipendio. Uno sciopero di grandi dimensioni viene sciolto dall’intervento delle truppe cantonali e gli operai devono arrendersi. La domenica dopo Pasqua, Ragaz sale sul pulpito della cattedrale di Basilea e predica su Matteo 22, 34-35, il doppio comandamento (“Ama il Signore, tuo Dio, con tutto il tuo cuore… Ama il tuo prossimo…”). In quella occasione dichiara la questione operaia come problema più urgente del suo tempo: “Il cristiano deve sempre schierarsi dalla parte del debole, dalla parte di coloro che nella lotta sociale tendono verso l’alto. Il cristiano deve sapere che siamo fratelli, … non deve solo guardare a se stesso e pretendere che Dio guardi a tutti ‘gli altri’, ma riconoscere che come figli di Dio siamo responsabili gli uni degli altri.“
Per la prima volta Ragaz esprime la sua convinzione che nel movimento operaio si manifesti una forma di cristianesimo inconsapevole, istintiva. Nello stesso anno, Ragaz definisce il contrasto tra “,…la religione statica, immobile, quieta e quella che invece si muove dinamicamente in avanti. Il primo tipo vede nella religione un luogo di riposo, dove coltivare una pietà individualistica, …facendo del cristianesimo un potere conservatore fino ai nostri giorni. “I rappresentanti della seconda forma invece “sottolineano non la fede in Cristo, bensì la sequela di Cristo… Invece della chiesa come istituzione salvifica essi rivendicano il regno di Dio.“ Chiamato a Zurigo, nel 1908, come professore di teologia sistematica e pratica, Ragaz tiene una serie di corsi sulla filosofia della religione, sull’etica, sul cristianesimo e la questione sociale.
L’inizio del primo conflitto mondiale nel 1914 è considerato da Ragaz come il giudizio sulla società capitalista e militaristica, ma anche sulla chiesa imborghesita e troppo leale verso lo stato. Da quel momento in poi, l’ex comandante dei cadetti e cappellano militare diventa uno dei capi principali del movimento pacifista svizzero.
Gli anni 1914-1918 rappresentano un momento importante nell’opera politica e teologica di Ragaz. Nella discussione sulle origini della guerra, condotta anche da molti profughi socialisti, il movimento dei socialisti religiosi ha richiesto un ancoramento intellettuale più profondo del socialismo.
Gli anni della guerra hanno impresso al pensiero teologico di Leonhard Ragaz l’impronta definitiva (la stessa impressa anche al pensiero di Karl Barth): il regno di Dio non è interiore o trascendente, ma vuole trasformare la nostra società e liberare i poveri.
La sua critica alla chiesa, alla teologia e a un cristianesimo borghese, spingono ben presto Ragaz a percepire la contraddizione tra le sue convinzioni e il suo stato privilegiato di teologo accademico. Nel 1921, all’età di 53 anni, senza il diritto ad una pensione, dichiara le sue dimissioni dalla cattedra zurighese e si trasferisce alla Gartenhofstrasse, nel quartiere operaio di Zurigo-Aussersihl, dove fonda l’accademia popolare Educazione e formazione. Da allora in poi, si guadagna da vivere con le modeste entrate provenienti dal lavoro giornalistico.
Dopo questa grande svolta, Ragaz concentra le sue attività su tre argomenti principali, tutti di carattere “profano”: la formazione operaia, il socialismo e la pace mondiale.
Nel suo centro di formazione, Ragaz dibatte questioni sociali, giuridiche e politiche. In discussioni di gruppo vengono trattati libri e personaggi biblici, attualizzati nel contesto storico e contemporaneo. Dopo il 1921 non predica mai più in una chiesa.
Le sue considerazioni e disquisizioni nella saletta della Gartenhofstrasse e i suoi contributi pubblicati sulla rivista Neue Wege costituiscono, per molti anni, le sue uniche testimonianze teologiche.
L’approccio caratteristico ai testi biblici è quello di combinare la loro interpretazione biblica con quella contemporanea: soprattutto durante gli anni della seconda guerra mondiale questo modo di leggere la Bibbia conferisce a molti speranza e consolazione, ma mette anche in guardia di fronte ai pericoli politici negli anni bui della guerra.
In molti suoi articoli Ragaz prende posizione sul delicato argomento della “questione giudaica”. Ribadendo che la radice sia del giudaismo che dell’ebraismo è unica, rifiuta qualsiasi attività missionaria verso gli ebrei. Con lungimiranza condanna la notte dei cristalli, nel 1938, come atto barbarico di saccheggio del patrimonio degli ebrei. Riconoscendo già presto e condannando inequivocabilmente la “soluzione finale” nazista, Ragaz accoglie nel suo centro numerosi profughi ebrei e instaura con loro un rapporto di dialogo e amicizia.
Aderente all’ala sinistra del partito socialista, quella contraria alla guerra, Ragaz osserva accuratamente gli sviluppi in Russia e riconosce i pericoli totalitari: socialismo e violenza, nell’analisi ragaziana, si escludono. Nel 1919 con un gruppo di amici pubblica il programma socialista, nel quale prende posizione contro un socialismo totalitario, in favore del cooperativismo e della formazione. Nel 1935 il partito socialista, la cui esistenza, nella Germania nazista, è in pericolo, adotta una posizione favorevole al riarmo; Ragaz lascia allora il partito con le parole: “Resto socialista.“
Nel periodo tra le due guerre, Leonhard Ragaz è il principale esponente del movimento pacifista svizzero. Dopo avere giurato a se stesso, nell’agosto del 1914, un’impegno continuo per la pace, mantiene questa promessa fino alla fine. Il suo pacifismo è però tutt’altro che apolitico: lotta per istituzioni ancorate nel diritto internazionale e per garantire la pace a livello mondiale. Nel caso estremo, avrebbe anche acconsentito ad una polizia per la pace della Società delle Nazioni.
Sin dall’inizio del secondo conflitto mondiale, in Svizzera vige la censura di stampa, sottoposta al ministero della difesa. I commenti aperti di Ragaz alla situazione attuale nella sua rivista Neue Wege (Vie nuove, n.d.t.) non passano inosservati: le minaccie da parte ufficiale culminano presto nella precensura. Ragaz, irritato, interrompe la pubblicazione della rivista e spedisce d’ora in poi le sue riflessioni, meditazioni bibliche e commenti politici in busta chiusa al suo cerchio di lettori. Negli anni seguenti Ragaz scrive il suo commento a tutti i libri della Bibbia. Contemporaneamente (1944 e 1945) redige i due volumi sulle parabole e il sermone sul monte. Non esiste, tra le opere del nostro secolo, un’altra presentazione del messaggio di tutta la Bibbia condotta seguendo un unico filo rosso: “…il messaggio del regno di Dio e della sua giustizia per la terra.“
È assolutamente da rileggere, quest’opera monumentale (Die Bibel. Eine Deutung, Edition Exodus, Brig/Fribourg, 1990, ristampa in 4 volumi, n.d.r.), per conoscere e capire le posizioni teologiche di questa dottrina politica e sociale fondata sulla Bibbia. I rappresentanti della teologia della liberazione, nell’America Latina, hanno riconosciuto già presto in Ragaz un loro precursore.
Ragaz vede ancora la fine della guerra, la vittoria delle democrazie e la fondazione delle Nazioni Unite. Le commenta nella sua rivista ormai liberata dalla censura. Il 6 dicembre 1945 conclude la 39. annata della rivista Neue Wege. La sera del giorno dopo, all’età di 77 anni, soccombe a un arresto cardiaco.

Il socialismo alla Ragaz
L’alba di Friesenberg a Zurigo

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Ai piedi dell’Uetliberg, a Zurigo, c’è una grossa cooperativa edilizia con circa 2000 abitazioni, la Cooperativa di case per famiglie di Zurigo Friesenberg. Si tratta per lo più di case a schiera con giardino. Ci abitano, ancora oggi, operai, impiegati e insegnanti. Io stesso sono cresciuto lì conservo tra i miei ricordi più belli i rapporti di vicinato, i giochi di infanzia, la scuola quartierale e il cameratismo tra bambini e ragazzi.

La Cooperativa venne fondata nel 1926 da un gruppo di socialisti biblici che erano in stretto rapporto con Leonhard Ragaz. Accanto alle abitazioni, i fondatori hanno costruito, fin dall’inizio, anche una casa sociale con sale di riunione. Ogni anno organizzavano una festa sociale. Nelle sale sociali si svolgevano dei corsi. Si incontravano là, in modo particolare, i gruppi del movimento degli anti-alcolisti. Molti insegnanti della scuola quartierale erano socialisti religiosi, tra i quali militava anche il pastore della comunità di Friesenberg. Così la vita della Cooperativa è stata fortemente improntata sul socialismo biblico, sebbene non tutti gli associati fossero socialisti biblici. Le donne e gli uomini erano, comunque, personalità indipendenti con idee proprie.

In questa Cooperativa ha preso forma un’utopia di Leonhard Ragaz. Ragaz durante tutta la sua vita fu fautore di un socialismo a cui corrisponde, per quel che riguarda la forma organizzativa delle singole istituzioni, l’idea della Cooperativa. In questo egli concordò con la maggior parte dei socialisti biblici, come anche con Christoph Blumhardt, di circa una generazione più vecchio, o con Arthur Rich, più giovane. Le Cooperative sono state mantenute ottimamente in molti campi, tranne forse nella produzione industriale.

Esse non sono, però, un’invenzione del socialismo biblico, risalgono alle cooperative agricole e alpine medioevali.

Figlio di contadini

Leonahrd Ragaz nacque il 18 luglio 1868, quarto di otto figli di una famiglia contadina di Tamins, nel Canton Grigioni, ed è cresciuto in una comunità agricola organizzata a cooperativa. Suo padre ha rivestito diverse cariche politiche e per uesto anche Leonhard Ragaz si interessò di politica. Ha frequentato la scuola cantonale di Coira e –contro le sue inclinazioni – studiò teologia. Ha studiato a Basilea, Jerna e Berlino al seguito di insegnanti prevalentemente liberali. Nel 1890 divenne pastore di Heinzenber sopra Thusis, dove si occupò approfonditamente della Bibbia. Nel 1893, per motivi di salute, accettò un incarico di insegnante di lingua e religione, nella scuola cantonale di Coira. Due anni più tardi sposò Clara Nadig, che fu sostegno indispensabile nelle sue molte battaglie e che assunse un ruolo importante nel movimento delle donne e della pace.

Nel 1902 fu affidata a Ragaz la comunità della cattedrale di Basilea e nel 1906 fondò, con degli amici, il giornale Neue Wege (Nuovi sentieri), importante per il socialismo biblico svizzero, di cui fu contemporaneamente redattore e direttore. A 40 anni rispose all’appello dell’Università di Zurigo che lo voleva come professore di teologia pratica e sistematica.

Una vittoria

Nel novembre del 1918 fu soffocato, con un massiccio schieramento militare, uno sciopero generale in tutto il Paese. Precedentemente, a Zurigo, le truppe avevano sparato sulle masse inermi. Il comitato degli scioperanti venne arrestato e condannato. La classe operaia ne fu amareggiata e si sentiva rappresentata ancor meno di prima dal Governo. Nel Partito Socialdemocratico svizzero (SPS) i rappresentanti del potere rivoluzionario, quale era propagandato da Lenin e che aveva vinto nella rivoluzione di ottobre del 1917, tentavano di prendere il potere: la questione n gioco era se il partito doveva aderire o meno alla Terza Internazionale bolscevica, il Komintern.

La riunione di partito, il 17 agosto del 1919, su istanza di Robert Grimm e Ernst Nobs, decise per l’adesione, con 318 voti favorevoli e 147 contrari. La decisione finale decadde in seguito ad un referendum indetto fra i membri del partito. Ragaz combatteva, con tutte le energie, dalla parte degli avversari della violenza. Da allora aveva voce in capitolo nel Partito, Nel 1912, in occasione di uno sciopero generale limitato alla città di Zurigo, si impegnò coraggiosamente per la classe operaia. Di conseguenza fu attaccato nel peggiore dei modi dalla stampa borghese. Dopo ciò aderì, nel 1913, al Partito Socialdemocratico nel quale ebbe una grande influenza all’inizio della prima guerra mondiale, dopo il crollo della Seconda Internazionale. Spesso Ragaz e i pastori socialisti bibilici Bader, Matthieu e Tischhauser furono ingaggiati come conferenzieri dai gruppi del Partito.

Dal 1915 in poi, però Lenin e i suoi seguaci iniziarono le agitazioni per la necessità del potere rivoluzionario, il che condusse alla decisione della riunione di partito del 1919, di cui sopra.

Ragaz percepì questa discussione come una battaglia voluta da Dio contro il demonio della violenza, battaglia che egli combatteva con parole e scritti. In quel periodo produsse molti articoli: nel 1917 “La nuova Svizzera” , nel ’19 “Socialismo e violenza”, e sempre nel ’19 , insieme con la moglie e alcuni amici, “Un programma socialista”. I suoi amici fondarono, nello stesso tempo, il settimanale politico “Der Aufbau” (L’edificazione) che nell’area francofona trovò espressione nel periodico “Effort”, trovando entrambi alleati nei circoli sindacali.

La loro grande iniziativa ebbe successo: nel referendum del settembre 1919, che seguiva la riunione di partito, venne rifiutata, a grande maggioranza, l’adesione al Komintern; l’anno seguente il Partito comunista si scisse dal Partito.

Dall’Università ai lavoratori

Ragaz, come professore, ebbe un gran successo, e raggiunse anche uditori di altre facoltà. Diede poi le dimissioni dall’incarico, nel 1921, per dedicarsi alla formazione degli operai.

Fece costruire un centro di formazione, nello stile dei centri sociali inglesi (settlements dei quaccheri), nel quartiere operaio Aussersihl di Zurigo, e vi tenne regolarmente dei corsi. Particolarmente famose erano le sue “serate del Sabato”, con momenti di raccoglimento (esegesi e preghiera) e riflessioni finali sulla politica mondiale. Scrisse molti libri divulgativi e tenne conferenze in patria e all’estero. Il suo lavoro politico rispondeva alle sfide del tempo e si sviluppò dalle questioni sociali alla politica della Pace. Lavorando fin all’ultimo giorno al Newe Wege, morì il 6 dicembre 1945.

La preghiera

Ci domandiamo spesso quale sia il fine della preghiera e se possiamo pregare per noi personalmente ma anche per le cose. Nella preghiera che ci è stata trasmessa da Gesù che è la preghiera per il Regno per eccellenza includiamo tutto e tutti. Se cercheremo la giustizia del Regno che significa anche misericordia il resto ci viene dato semplicemente in più.

C’è nel Padre nostro una semplicità e una brevità stupefacente che racchiude un’infinita ricchezza e una profondità abissale. Era una preghiera di fatto già in uso nella spiritualità ebraica sia pur con forme diverse, più stringate ma ben radicate. Cipriano, teologo del III secolo, la definiva il riassunto della fede cristiana ma ignorava quanto ora qui ricordato. All’epoca la fase antigiudaica del cristianesimo era un elemento distintivo. I nostri peccati di cristiani contro l’ebraismo sono stati del resto sempre presenti e non solo nel secolo scorso. Peccati spesso anche di falsità o di omissioni nel dire la verità.

Nell’invocazione della preghiera del padre nostro ci si rivolge veramente a Dio, Padre (o meglio papà, traducendo il termine aramaico di riferimento) e Signore. Il suo Nome – ossia il suo Essere – deve essere santificato. Si prega quindi per il suo Regno e non meramente per cose puramente personali. Per questo si dice del continuo, non “mio” o “me” ma “nostro” e “noi”. Il nostro bisogno individuale è incluso nella richiesta del Regno di Dio e proprio per questo riceve il suo pieno diritto. Quindi prima viene la causa di Dio e non ad esempio quello delle religioni. E’ infatti il suo Regno che deve avvenire prima del giudizio finale e della risurrezione dei morti. Non è – come generalmente si pensa –  la terra a dover essere attirata su in cielo ma il cielo sulla terra.

In questo il Regno di Dio dice una cosa molto diversa dal cristianesimo tradizionale (cattolico, luterano o riformato conservatore) in cui si separa un settore interno e uno esterno, riservando il primo a Dio e il secondo al “principe di questo mondo”. Chi domandava a Gesù quando ci sarà il regno, lui rispondeva quando l’interno sarà come l’esterno e il visibile come l’invisibile. In Luca 17,20 e seguenti è scritto il Regno di Dio è in mezzo a voi e non dentro di voi! E la famosa frase detta a Pilato, espressione della realtà imperiale, “il mio Regno non è di questo mondo” non vuol affatto dire che il Regno sia nell’al di là ma che è il Regno del mondo “che viene” e che “verrà”, diverso da questo mondo.

Sembrano frasi apparentemente insignificanti ma proprio queste impediscono la fuga da questo mondo e la necessità dell’impegno nella realtà civile, politica e sociale. Il messaggio realmente cristiano non è spiritualistico ma possiamo dire materialistico, di un materialismo sacro, che attraverso la Parola rende il pane di domani ossia quello necessario un pane sacramento nel senso più ampio del termine ossia simbolico e universale. In cui la vera comunione con Dio è data da quella degli uomini nella solidarietà e nella mutua remissione delle colpe. Non si dice infatti nella preghiera noi “rimettiamo” ma “abbiamo rimesso” i peccati, le colpe dei nostri fratelli e sorelle. Solo dopo aver compiuto ciò è possibile vivere e riconoscere veramente il Padre e il suo ordine d’amore: non è quindi una questione di nozioni apprese a catechismo ma di vita vissuta e reale. Personalmente. La liberazione da ogni angustia (tentazione) di questo tempo in cui il Regno non è pienamente realizzato è quindi una messa in guardia dalle fughe verso lo spiritualismo o la complicità delle logiche imperanti di ingiustizia, di creazione di nemici, di idoli.

Certo sconfiggere le nostre paure umane non è semplice e non lo sarà nemmeno per le prossime generazioni. Basti pensare alla paura del bisogno, del vuoto, della morte, del destino… ma non è certo la sete di possesso che può o potrà colmare la nostra angoscia di sprofondare nel vuoto della distruzione fisica personale, di una guerra, della povertà, di una malattia.

La protesta credente davanti alla morte si radica in modo altrettanto chiaro nei Vangeli. A chi immaginasse una qualunque complicità di Dio con l’opera della morte i quattro testi dei redattori dei Vangeli (che non sono quattro ma si tratta di opere a più voci e a più mani) offrono una flagrante smentita. Gesù non scende mai a patti con la morte, non vi si arrende, la affronta. Dalla rianimazione della figlia di Iairo, del figlio della vedova di Nain, coi suoi pianti e la sua lotta di fronte alla morte di Lazzaro si mostra sempre da che parte sta: non già nella disgrazia o nella distretta ma nella lotta. Dio non è sovrano della morte bensì il maestro dei viventi. Figuriamo se il suo Regno possa essere confinato dopo la morte!

La menzogna di molti cristiani ( non di tutti)  continua anche in questo secolo che viviamo.

Ragaz ci ha insegnato che vivere il cristianesimo all’aria aperta significa liberarci da questi schemi o modi di pensare che rinunciano all’evangelo sociale e che si può e si deve non avere vincoli con lo Stato, la Chiesa e la società.

I teologi che sono venuti dal dopoguerra in avanti ci hanno fatto capire che la creazione continua ed è affidata anche nelle nostre mani. Lo Spirito non ha mai smesso di soffiare e si avvale anche delle nostre piccole mani.

Maurizio Benazzi

Il manifesto del 1926
L’impegno di Leonhard Ragaz contro il militarismo, schiavitù dell’essere umano,  in favore della Pace

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Ragaz fu influenzato dal pensiero teologico di Kierkegaard: criticò il clericalismo protestante, alleanza profana fra potere e religione e fondò un centro educativo. Subì la censura svizzera durante la seconda guerra mondiale per il suo pacifismo radicale e tenne fino alla morte relazioni proficue con amici cecoslovacchi, olandesi e scandinavi.

Dal Manifesto contro la Coscrizione del 1926, firmato fra gli altri da Henri Barbusse, Annie Besant, Martin Buber, Edward Carpenter, Miguel de Unamuno, Georges Duhamel, Albert Einstein, August Forel, M.K. Gandhi, Kurt Hiller, Toyohiko Kagawa, George Lansbury, Paul Löbe, Arthur Ponsonby, Emanuel Rádl, Leonhard Ragaz, Romain Rolland, Bertrand Russell, Rabindranath Tagore, Fritz von Unruh, H.G. Wells.

“Noi riteniamo che gli eserciti di coscritti, con i loro grandi corpi di ufficiali professionisti, siano una grave minaccia per la pace. La Coscrizione comporta una degradazione della personalità umana e la distruzione della libertà. La vita in caserma, le esercitazioni militari, la cieca obbedienza ai comandi per quanto ingiusti e stupidi possano essere e il deliberato esercizio per il massacro minano il rispetto per l’individuo, per la democrazia e la vita umana. È degradante per la dignità umana costringere uomini ad abbandonare la propria vita o a infliggere la morte contro la loro volontà o senza che la convinzione giustifichi le loro azioni. Lo Stato che ritiene sia suo potere costringere i suoi cittadini ad andare in guerra non darà mai la giusta attenzione al valore della felicità delle loro vite in tempo di pace. Inoltre, tramite la coscrizione, lo spirito militarista aggressivo è inoculato nell’intera popolazione maschile proprio nell’età in cui sono più impressionabili. Tramite la formazione per la guerra gli uomini arrivano a considerarla come inevitabile e perfino desiderabile”

Dalla petizione contro la coscrizione e la formazione militare della gioventù del 1930, firmata fra gli altri da Jane Addams, Paul Birukoff und Valentin Bulgakoff (segretari di Leo Tolstoy), John Dewey, Albert Einstein, August Forel, Sigmund Freud, Arvid Järnefelt, Toyohiko Kagawa, Selma Lagerlöf, Judah Leon Magnes, Thomas Mann, Ludwig Quidde, Emanuel Rádl, Leonhard Ragaz, Henriette Roland Holst, Romain Rolland, Bertrand Russell, Upton Sinclair, Rabindranath Tagore, H.G. Wells, Stefan Zweig.

“La coscrizione soggioga le personalità individuali al militarismo. È una forma di schiavitù. Il fatto che le nazioni la tollerino non è altro che un’ulteriore prova della sua influenza debilitante. La formazione militare significa preparare il corpo e lo spirito all’arte di uccidere. La formazione militare è educazione alla guerra. È la perpetrazione dello spirito di guerra. Minaccia lo sviluppo del desiderio di pace.”

Firma il Manifesto contro la coscrizione e il Sistema Militare al GANDHI INFORMATION CENTER

Ragaz attualizzato oggi 

Un episodio interessante nella vita di Ragaz che riguarda il suo impegno etico non violento è tratto da una vicenda molto personale ma oggi largamente diffusa, che narra di un suo viaggio in treno di seconda classe (all’epoca era la classe del ceto borghese), tra Berna e Zurigo. Il professore rimase scandalizzato dalla cinica confessione di un giovane nell’aver sedotto, a Zurigo, una giovane del cantone di Grigioni. Dal 2 febbraio 1903, tra le sei e le otto del mattino – scrisse Ragaz nel suo diario inedito (e la precisazione della indicazione ha la solennità del resoconto di una conversione) – faccio datare un nuovo periodo della mia vita. Pochi anni dopo lascerà il ministero pastorale. Gli storici ecclesiastici hanno difficoltà ad interpretare questi eventi. Sono convinti nel loro profondo che il restare dentro una chiesa e il frequentare ad esempio i culti sia il segno della cristianità di un uomo. Nulla di più parziale. Ieri a Milano i giovani omosessuali cattolici e evangelici che si sono incontrati al Guado partivano dallo stesso punto di osservazione del secolo scorso. Dobbiamo rimanere dentro le chiese per cambiarle e quando le chiese diventeranno effettivamente un luogo di accoglienza per tutti allora non avrà più senso costituire dei gruppi cristiani. Quasi che l’essere cristiano possa essere identificato con l’essere membro di una chiesa. Non a caso dei Valdesi mi chiedevano al termine dell’incontro a quale chiesa facessi ora riferimento. La risposta è stata chiara: nessuna. Il regno di Dio è il regno dello Spirito, che si contrappone all’Istituzione in senso stretto. Lo Spirito è libertà, autodeterminazione della persona autonoma. Vi sono infatti due forme di religione: la prima è la religione dei riti, delle istituzioni ecclesiastiche, con la loro staticità delle cose; potremmo anche dire che è la religione del dogma e della teologia asservita a giustificare quelle cose. L’altra è la religione dello Spirito o la religione etica: la Fede nei valori del Regno di Dio e il loro servizio nell’ambito della società umana, oltre i confini di ciò che si è convenuto di chiamare religione e chiesa. L’essere cristiani non dipende quindi dall’appartenenza alla chiesa o ai gruppi satelliti. Che siano omoaffettivi oppure no. Dipende esclusivamente dalle scelte di vita etiche compiute. Non dalle chiacchiere sul c.d. sacro. Che interessano solo il programma televisivo delle Iene di Italia 1, presente per l’occasione.  Non si tratta infatti di forme, di caselle ma di sostanza. Non di attaccamento alle sottane ecclesiastiche ma di responsabilità nella propria vita ogni giorno. Senza deleghe o paraventi.

Un altro evento interessante della vita di Ragaz che lo porterà poi all’iscrizione del partito socialdemocratico fu lo sciopero generale per 24 ore del 12 luglio 1912 incentrato sulle rivendicazioni di orario di alcune categorie di operaie. La manifestazione si svolse con perfetta calma e compostezza. E il professore svizzero scrisse su Neue Wege: “Davanti alla forza del pensiero etico, che il movimento operaio porta in sé, tutti i demoni si sono dileguati”. Ma il padronato rispose con una serrata di due giorni al termine della quale la Casa del popolo fu occupata dalle truppe federali. Questa reazione sproporzionata – ispirata dalla paura della rivoluzione – di fatto sancì la nascita del socialismo biblico. Scelta che Ragaz confermò abbandonando pochi anni dopo anche la cattedra universitaria per dedicarsi ad un’opera di educazione popolare e predicazione sociale, schierandosi apertamente contro il servizio militare. Egli scrisse in quell’occasione “la mia rinuncia al professorato – in un documento autobiografico – fu il frutto di tutta la mia evoluzione. Io dovevo personalmente uscire dalla Chiesa, dovevo servire Cristo all’aria aperta, senza vincoli con lo stato la chiesa e la società.

Da lì in avanti i suoi furono anni di lotta , di apostolato, di predicazione laica in cui l’attività politica è sequela di Cristo. E solo questo. Ogni sabato Ragaz riuniva intorno a sé un gruppo di discepoli per un’istruzione biblica. Era la parola di quest’uomo ad indicare nuove vie (neue wege) per il Regno di Dio e contro i travestimenti dello stesso.

Così si possono anche interpretare le sue azioni concrete di protezione e dialogo con gli ebrei fuggiti in Svizzera durante le persecuzioni italiane e tedesche. Di questo vorremmo parlarne a Nizza  in occasione della festività delle capanne, coi nostri amici dell’Albero azzurro. Chi vuole aggregarsi può contattarmi per concordare il da farsi.

E’ tempo di dialogo.
Maurizio Benazzi

Il socialismo biblico

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Il teologo svizzero Leonhard Ragaz (1868-1945), negli anni del primo conflitto mondiale, pone il sermone sul monte (capitoli 5, 6 e 7 del Vangelo di Matteo)  come programma di un nuovo ordine nonviolento, democratico e socialista: la “magna Charta del regno di Dio” dovrà essere realizzata nella lotta per il disarmo, contro il militarismo, il capitalismo e l’odio dei popoli. Scrisse: “Il sermone sul monte è il messaggio incredibile della rivoluzione del mondo da parte di Dio”.

Il socialismo biblico non è un socialismo con una tinteggiatura religiosa, ma vuole semmai un cristianesimo integrale, senza alcuna riduzione. Mette in rilievo il senso sociale dello stesso senza per questo negarne il senso individuale.Questo significa che il “socialismo religioso” (questa è la definizione normalmente usata in lingua italiana sebbene Ragaz preferisse sempre parlare sempre di socialismo biblico) non è un cristianesimo modernizzato, razionalista e liberale. Sottoscrive i dogmi della Chiesa universale senza farne delle forme intellettuali o la “conditio sine qua non” di tutto il resto. Il fatto centrale è semmai la comunione con gli altri e l’amore, in quanto segni del discepolo e della sequela. La salvezza individuale (secondo lo schema di Agostino) prende valore quando si mette al servizio della redenzione sociale, della liberazione di un mondo imprigionato nel peccato, nel pericolo, nella guerra, nella povertà ma ugualmente oggetto di una promessa di un cielo nuovo e di una terra nuova. In quanto correttivo di un individualismo troppo pronunciato, il socialismo biblico corre il rischio di diventare lui stesso troppo unilaterale. Ma scopre l’impegno sociale precisamente là dove il messaggio della Bibbia è più profondo, per esempio nel messaggio di Pasqua che abolisce la potenza della morte e stabilisce il potere di Dio. Il socialismo di Ragaz non vuole e non può proporre quindi un messaggio cristiano al ribasso! In altri termini il socialismo biblico non aggiunge il sociale all’individuale ma tende semmai proprio a una nuova comprensione del cristianesimo.Si tratta di passare da un cristianesimo statico, di un mondo finito e di un’attitudine pessimista, a un cristianesimo dinamico ove Dio rinnova senza far cessare il mondo, rivoluzionandolo in permanenza,verso un Regno di Dio che abolisce il capitalismo (Moloch) e il militarismo (Baal) nella prospettiva della Speranza che attende la venuta di Dio. In questo consiste l’attitudine rivoluzionaria del cristianesimo e la sua lotta contro la forma statica del religioso infavore di quella dinamica. Il socialismo biblico possiede dunque una sua dogmatica che è profetica e anti-intelletttuale allo stesso tempo ed è costituitadall’attenzione donata al Dio vivente e alla Fede nel suo Regno. Il metodo si ispira a Matteo 6,33: “Cercate prima di tutto il Regno e la sua giustizia”, la comprensione delle Scritture, di Cristo, dell’uomo,ecc. vi saranno date per conseguenza. Dall’altro lato il socialismo biblico vuole essere integralmente socialista, mettendo in evidenza il suo valore “religioso”. Egli riconosce nel movimento socialista (quello federalista, non violento e democratico, quindi non statalista, per meglio intenderci) un’irruzione della verità che la Chiesa riformata avrebbe dovuto difendere (ma non lo ha fatto né nel passato né lo fa oggi e molto probabilmente non lo farà neanche domani!). E’ per questo ragione che questa verità si manifesta anche oggi attraverso delle forme atee e anticristiane. Ragaz era del resto lontano dall’idea di un recupero dei socialisti (di diversa estrazione) nell’ambito della Chiesa stabilita o istituzionale. Il Regno di Dio sulla terra zampilla dunque dal socialismo che gli dà una portata o valenza c.d. religiosa alla quale le/i socialiste/i credenti cirendono attenti. Ragaz ha semmai la pretesa che il socialismo non può durare senzaquesta lettura c.d. “messianica”. Destinata a convincere sia i cristiani che i socialisti, la sua tesi principale è quella del fondamentobiblico del socialismo, elemento essenziale anche del messaggiodell’ebreo risorto.Ragaz lo chiama più precisamente il socialismo eterno che ha come base Dio, l’uomo, lo Spirito, il fratello, la Grazia, il servizio e la Speranza. Quale rivoluzione potrà infatti essere più radicale di quella che sopprime mammona col sevizio e la spada (le armi) con la croce? Una precisazione importante s’aggiunge: tutto il socialismo è contenuto nel messaggio del Regno di Dio. Ma c’è di più: c’è la vittoria sul peccato, sul mondo (questo mondo di mammona), sulla morte. Il socialismo biblico non identifica però il Regno di Dio col socialismo, come vuole la leggenda. La liberazione sociale viene indefinitiva con la venuta del Regno di Dio e non l’inverso. La redenzione sociale è un prolungamento dell’Incarnazione, l’ordine in Cristo deve divenire l’ordine del mondo nuovo. In altre parole il socialismo biblico non aggiunge un’altra forma di socialismo a quelli esistenti ma mira ad una comprensione adeguatadell’insieme del socialismo umano, pacifista, antimilitarista, fondato su un principio di giustizia e solidarietà sociale al tempo stesso. Se il socialismo biblico prende le parti dei più poveri, all’insegna di Gesù, propone dei modelli passeggeri: la cooperativa, la solidarietà col sindacato socialista, l’educazione pubblica. Il socialismo biblico è a ben vedere aperto allo stesso tempo agli ambientalisti, ai comunisti e ai socialdemocratici. Il dibattito su questo aspetto è e rimane aperto: il fine del socialismo vede una lotta dura contro tutte le degenerazioni del materialismo volgare, lo spirito della violenza e la demagogia populista. In conclusione potremmo dire che il il socialismo biblico non è un “bastardo” ma il figlio legittimo della verità cristiana e del rinnovamento del mondo attuale. Con molte nuances possibili. Esso non è che uno strumento provvisorio mirante a risvegliare i cristiani affinché realizzano la loro vocazione sociale. Il socialismo si compie in questo risveglio. Il socialismo di Ragaz rinvia al Regno ove né il socialismo né il socialismo biblico stesso saranno necessari, (si riferisce alla prospettiva escatologica dei tempi ultimi) sebbene cristianesimo e socialismo hanno una loro verità comune e profonda.

(Dalla conferenza del 1926 “Cosa è il socialismo religioso?” di Leonhard Ragaz, traduzione a cura di Maurizio Benazzi)

Il rinnovamento socialista non violento
Leonhard Ragaz (1868-1945) attraverso la rivista Neue Wege (Nuove vie) riuscirà a rinnovare lo scenario etico-politico e religioso non solo della Svizzera ma anche del socialismo europeo.  Ne tracciamo un primo ritratto per comprendere l’opera e l’insegnamento di questo gigante del socialismo cristiano.

(traduzione a cura di Maurizio Benazzi)

Nato nei Grigioni prima del fenomeno dell’industrializzazione, in un contesto socio-culturale segnato dalle istituzioni comunitarie tradizionali delle valli retiche, Ragaz ha concepito una forma di socialismo proudhoniano*, fondato sull’associazione di individui e sulle cooperative di produzione e di consumo. Il capitalismo è visto da lui come il regno di Mammona, conducente alla distruzione dell’attività creatrice di Dio, della vera libertà individuale ma anche delle antiche solidarietà comunali e federali.

E’ dal capitalismo che nascono a ben vedere le guerre, tutte.

Influenzato dal luteranesimo di Naumann, confuso dalla lentezza con la quale le chiese della Riforma protestante prendevano coscienza dell’importanza della questione sociale, non volendosi accontentare degli appelli ai padroni alla carità verso gli operai (e per gli operai all’obbedienza verso i padroni), Ragaz ha tentato dopo altri (Lamennais per esempio) una sintesi del messaggio evangelico e del progetto socialista. Logicamente, aderirà dapprima al Gruetli (organizzazione operaia patriottica) di cui condivide i principi di cooperativismo e mutualismo, per poi intraprendere un cammino del tutto personale e nuovo.

Allorquando diventa pastore alla cattedrale di Bale, entrerà in contatto con la popolazione operaia della città renana. Nell’aprile del 1903 uno sciopero di muratori lo vede intervenire pubblicamente a fianco del proletariato, che lui non dispera di riconciliare con l’Evangelo, allorquando l’Evangelo avrà ritrovato la sua vocazione originaria del messaggio rivoluzionario della chiesa delle origini.

Nel novembre 1906 fonda la sua nota rivista di fede socialista e cristiana, attraverso le pagine della quale preciserà il suo pensiero.

Dal 1908 insegna teologia all’Università di Zurigo ed esprime nel suo insegnamento alla Fede la sua sfiducia riguardo le istituzioni ecclesiali ma anche la sua attesa di un rinnovamento comunitario e sociale del cristianesimo (qui proprio nella città culla delle riforme zwingliane del XVI secolo). Ai suoi occhi cristianesimo e socialismo si “fondono” insieme come una forma di profetismo complementare l’uno all’altro.

Intellettuale nel senso pieno del termine, Ragaz sarà anche un attore politico, direttamente impegnato nei conflitti del tempo.

All’epoca dello sciopero generale zurighese del 1912 egli denuncierà l’intervento dell’esercito contro i lavoratori. Il suo articolo su Neue Wege è multicopiato nel partito socialista e gli vale violenti attacchi da parte della stampa c.d. “borghese”. Le sue scelte sono però fatte: Ragaz aderisce al PS nell’ottobre del 1913, facendo della sua adesione un vero atto di contrizione: “Entrare nel Partito socialista è riconoscere l’errore l’errore della società, del cristianesimo in particolare” . Ragaz non è il primo pastore a fare il passo dell’adesione al PS ( Paul Brandt e Paul Pfueger l’avevano fatto prima di lui) ma la sua adesione ha un’importanza e una visibilità politica che i precedenti casi non avevano avuto. All’epoca appariva scandalosa per un teologo riconosciuto, un universitario stimato e il redattore di una rivista rispettata.

Senza abbandonare la sua sfiducia verso le istituzioni (il PS finirà per divenirne una) Ragaz manifesta attraverso quest’ adesione la sua volontà di andare verso il popolo, un po’ come i populisti russi della seconda metà del 19° secolo, riprendendo – per descrivere questo popolo –  le parole dell’Evangelo delle Beatitudini ma anche quelle di Marx dell’ introduzione alla “Critica del diritto pubblico di Hegel”…  “la classe dei sradicati,  dei diseredati, dei rigettati, di quelli che sono disprezzati politicamente, religiosamente e moralmente…”  “Noi siamo entrati nel socialismo democratico e non violento perché pensiamo di trovare là qualche cosa del Regno di Dio”, scrive Ragaz nel 1917. Il Regno di Dio non può che essere quello della Pace; Ragaz sarà dunque pacifista e antimilitarista, poiché socialista e cristiano.

Dopo il congresso dei socialisti a Besançon del 1910, il pastore evangelico ha iniziato ad esprimere il progetto di un socialismo umano e fraterno, capace di restaurare una comunità cristiana delle origini. Ma fu proprio la prima Guerra Mondiale a mettere a dura prova la sua esperienza.  Come patriota svizzero fu molto preoccupato della rottura del “Consenso federale” e l’emergere delle solidarietà nazionali (di prossimità  culturale, linguistica e politica): ticinese e italofona, alemanna e germanofila,  romande e francofona. Contrariamente alla maggioranza degli svizzeri di lingua germanofila e senza dubbio di una buona maggioranza dei socialisti di quei cantoni, Ragaz denuncierà fin dai primi tempi della guerra l’imperialismo tedesco, la violazione della neutralità belga e la germanofonia dello stato maggiore svizzero, senza tra l’altro dimenticare di denunciare il delirio sciovinista della chiesa luterana tedesca (come in fondo anche alla chiesa cattolica francese…).

Ragaz vivrà i primi anni della guerra a Zurigo, ove la sinistra socialista è particolarmente attiva. Fu un luogo privilegiato per il dibattito e la messa a punto delle azioni all’interno del movimento socialista nel suo complesso, per il pacifismo e il movimento antimilitarista. Ragaz partecipa anche al dibattito anche con i lenisti, scontrandosi duramente sull’ipotesi di una guerra civile rivoluzionaria. La posta in gioco sarà a ben vedere anche il controllo della gioventù socialista, fra socialisti cristiani e marxisti. Il tema del dibattito sarà la violenza, il suo uso, la sua funzione ostetrica della storia. Non a caso Lenin quando sarà a Zurigo denuncerà quei pastori “piccoli corvi virtuosi”, che noleggiano il pacifismo di Tolstoj.  Ragaz condannerà da subito la teoria della violenza rivoluzionaria e prenderà le distanze dalla fraseologia, dal programma e dal suo fondatore (si parlò del ritratto di Gengis-Khan) della IIa Internazionale.

Ragaz teorico del movimento socialista cristiano, attraverso la sua storia personale mostrerà la storia collettiva del movimento operaio socialista in quel periodo. Si iscriverà ai Comitati per la Pace e aiutò gli obiettori sia politici che religiosi.

Sarà un convinto sostenitore  dell’adesione svizzera alla Società delle Nazioni, in favore del diritto e dei buoni propositi umani che sappiano respingere l’impero della violenza e del fanatismo.

Ragaz si ritirerà progressivamente dall’azione politica diretta e pubblica dal 1921 e si impegnerà quasi esclusivamente in un tentativo di impiantazione cristiana nel mondo operaio, a metà cammino fra evangelizzazione e azione culturale.

L’avvento del fascismo e del nazismo ma anche l’impotenza della Società delle Nazioni di fronte alle aggressioni italiane, tedesche e giapponesi mettono a dura prova la sua fiducia nell’Istituzione di Ginevra. Quello che non abbandonerà mai sarà il valore della non violenza anche di fronte alle dittature. Lascerà infatti il PS svizzero quando nel 1935 si accettò il principio della difesa nazionale. Ragaz si trova ancora una volta a discutere con la sinistra socialista di un tempo, ma questa volta come partner di un dialogo aperto, franco e ricco di frutti sul piano etico, umano, politico e sindacale.

La lotta di Ragaz e la sua svolta col sermone per lo sciopero dei muratori

Lo scrittore

Ragaz lasciò una grossa opera letteraria che comprende, senza i 49 volumi del “Neuen Wege”, 70 libri e scritti indipendenti, che sono stati tradotti ripetutamente. Come il suo compagno di lotta Hermann Kutter, qualche volta riusciva a scrivere in poche settimane un libro, su temi politici e religiosi, in modo talmente magistrale da meritarsi il premio per la letteratura della città di Zurigo.
Una particolare miniera di materiale è costituita dai circa 5000 manoscritti delle lezioni, pagine scritte, spesso,  in bianco e volta.
Del periodo basilese sono degni di nota il discorso programmatico pronunciato all’assemblea annua della società pastorale svizzera, “Das Evangelium und der soziale Kampf der Gegenwart” (L’evangelo e la lotta sociale del presente, 1909), i due volumi di prediche “Dein Reich komme” (Il tuo regno venga) e la raccolta di preghiere “Zuflucht zu Gott” (Rifugiarsi in Dio, senza anno). Durante i primi anni del suo incarico a professore, Ragaz potè pubblicare poco. Nel 1920 pubblicò la lezione “Die pädagogische Revolution” (La rivoluzione pedagogica), in cui presenta un modello permeabile di formazione con sostanziale partecipazione, tentando di unire la teoria e la prassi, l’università e la scuola professionale. Nel 1922 apparse la sua raccolta di articoli “Weltreich, Religion und Gottesherrschaft” (Regno terreno, religione e signorìa di Dio), e la sua esposizione della teologia dei due Blumhardt “Der Kampf um das Reich Gottes in Blumhardt, Vater und Sohn -und weiter!” (La lotta per il regno di Dio in Blumhardt, padre e figlio – eccetera!). Considerevole è anche il suo scritto “Die Abrüstung als Mission der Schweiz” (Il disarmo come missione della Svizzera, 1924), steso per il suo impegno per la pace nel periodo interbellico. Nel 1929 Ragaz tenne quattro conferenze sul ciclo di temi: marxismo, socialismo e la fede cristiana, che egli pubblicò sotto il titolo: “Von Christus zu Marx – von Marx zu Christus” (Da Cristo a Marx – Da Marx a Cristo). Su un discorso tenuto già nel 1931, si basa “Sinn und werden der religiös-sozialen Bewegung”  (Significato e divenire del movimento social-religioso, 1936) che riflette, tra l’altro, sul rapporto con la  teologia dialettica.
Tra gli scritti tardivi spicca “Die Botschaft vom Reiche Gottes, Ein Katechismus für Erwachsene” (Il messaggio del regno di Dio. Un catechismo per adulti, 1942), nel quale Ragaz sviluppa, ancora una volta, il rapporto tra i suoi interrogativi religiosi e politici. Un altro tema importante per Ragaz è quello definito “Israel -Judentum -Christentum” (Israele – Ebraismo – Cristianesimo, 1942). Furono ristampati diversi libri sui passi centrali della Bibbia: “Die Gleichnisse Jesu” (Le parabole di Gesù, 1944) e “Die Bergpredigt Jesu” (Il sermone sul monte di Gesù, (1945). Lo scritto “Die Geschichte der Sache Chisti” (La storia della cosa Cristo,1945) mostra la visione della storia di Ragaz. Solo postume apparvero le sue considerazioni sulla Bibbia, in sette volumi, “Die Bibel – eine Deutung”  (La Bibbia – Una interpretazione, 1947-50, ristampate in quattro volumi tascabili) e la sua biografia “Mein Weg” (La mia strada, 1952).  Nel 1966, 1982 e 1992 venne pubblicata, in tre volumi, una scelta di sue lettere e per i 50 anni della sua morte é apparso il libro: Leonhard Ragaz, Eingriffe ins Zeitgeschehen. Reich Gottes und Politik, Luzern 1995 (Leonhard Ragaz. Interventi nell’attualità. Regno di Dio e politica).

Sulla via verso il socialismo religioso
Autonomia e teonomia

A differenza dei pastori social-religiosi Hermann Kutter e Howard Eugster-Züst, influenzati direttamente da Christoph Blumhardt, Ragaz era impegnato originariamente con la teologia del suo tempo. La sua prima teologia è marcata dall’idealismo e lui credeva, inizialmente, in uno sviluppo morale dell’umanità verso il regno di Dio, nel quale essa avrebbe raggiunto la sua perfezione. I suoi pensieri ruotavano intorno al tema “Menschwerdung des Menschen” (il divenire umano dell’uomo). Questa mèta sarebbe stata raggiunta nella personalità libera e morale e la via per arrivarci sarebbe stata morale e descritta nell’etica. Le sue prime pubblicazioni, “Evangelium und moderne Moral” (Evangelo e morale moderna, del 1897) e “Du sollst” (Tu devi, del 1904) tentano di unire la fede cristiana e la filosofia idealista.
A partire dai primi anni di pastorato, Ragaz si è occupato sempre più intensamente della Bibbia sviluppandosi molto teologicamente.  Da una pietà panteistica si è spostato verso una completa teologia cristocentrica. L’iniziale ininterrotta fede dello sviluppo è venuta modificandosi attraverso delle crisi, ma lo scopo rimaneva la personalità perfettamente morale, “il figlio di Dio libero”. Il suo comportamento di vita è, pertanto, marcato da un  certo rigorismo etico. L’autonomia, così importante per l’idealismo, non è più imposta assolutamente; nella perfezione l’autonomia e la teonomia sono tutt’uno – Deo servire libertas -, ma l’autonomia, che si fondava nel divenire dell’essere umano come figlio di Dio, deve rimanere salvaguardata. Perciò Ragaz vedeva, da principio, una falsa via in ogni costrizione, in ogni determinazione estranea dell’uomo.  Addirittura Dio non può salvare l’uomo repentinamente e trasformarlo – annienterebbe la creaturalità dell’essere umano -, ma lo guida, passo dopo passo, verso di sè. Come già detto, questa è una via morale ed etica.
Ragaz riassume i suoi concetti, in accordo con Richard Rothe, in definizioni di rapporto tra natura e spirito: come un miracolo, lo spirito irrompe nella natura. Esso deve innanzi tutto liberarsi dalla natura, dominarla, riscattarla e infine riconciliarsi con essa, ad un livello più alto, nella vera figliolanza. Ma se esso ricade nella natura questa sceglie lo scopo e lo spirito si lascia dominare dalla natura e diventa demoniaco.

Il male strutturale

Attraverso un profondo esame, Ragaz estende molto presto la comprensione della libertà alle dipendenze sociali dell’uomo. Già quando era studente liceale, dai verbali dell’associazione studentesca “Zofingia”, di Coira,  è venuto a conoscenza delle idee di Lassalle e Bebel.  Nel periodo di studi è stato in diretto contatto con i laboratori social-cristiani e social-evangelici, e conobbe anche i Christian Socialists.  Quando era pastore a Coira visse in prima persona il potere dei rapporti sociali. Qui lo colpì particolarmente il contatto con abitazioni insalubri, lavori insani, rapporti famigliari spezzati, criminalità e alcoolismo. Scoprì la dimensione sociale e strutturale del male. Scrisse più tardi, nella sua lezione di etica: “C’è una onnicomprensiva solidarietà della colpa. Questa verità si presenta nuovamente alla nostra generazione, ed emerge proprio dagli studi storici, antropologici e sociali, ossìa in breve: la totalità delle linee e delle tendenze che in senso più ampio della parola formano il movimento sociale”. Agli studi suddetti appartiene anche “Il Capitale” di Marx, che gli è stato presentato in omaggio nel 1896 come ringraziamento per una conferenza al Grütliverein di Coira (un movimento sindacale).

Regno di Dio, regno del mondo

A Basilea, Ragaz, era in stretto contatto con il movimento dei lavoratori. Quando nel 1902 si trasferì a Basilea, sprofondò in una crisi. La sua visione del mondo ideal-ottimista venne scossa. La sua teologia della storia si frantumò con la sconfitta dei Boeri nella guerra. Da questo hanno acquistato importanza i primi principi cristologici, influenzati prima indirettamente e poi direttamente da Christoph Blumhardt. Ragaz vide in ogni settore della realtà una contesa tra il regno di Dio e quello del mondo. Il regno di Dio non si sviluppa dal mondo ma si pone in contrasto con esso. Dappertutto lottano le forze del regno terreno contro quelle del regno di Dio, e per lo più esse sono mescolate. Solo in Gesù il regno di Dio è apparso puro. Su di lui si fonda la speranza assoluta che Dio compirà il suo regno, la speranza relativa acquista in lui i suoi criteri, con i quali essa cerca nel presente il mettersi in moto del regno di Dio.
Accanto all’evoluzione c’è la rivoluzione. Il processo di sviluppo in seguito al regno di Dio non è più lineare. Alcune fasi dello sviluppo vengono interrotte da catastrofi, queste sono il giudizio sui falsi cammini e creano nuovi spazi. Ragaz tenta così di tener conto dell’apocalittica struttura del messaggio di Gesù sul regno di Dio, appena scoperta da Johannes Weiss.
Ogni uomo è coinvolto nella lotta tra regno di Dio e regno terreno, combatte fino alla fine in se stesso e prende parte a ciò anche nel mondo. Quando noi esseri umani, in particolare noi cristiani, rifiutiamo, la partenza del regno di Dio può essere compromessa; forze del regno di Dio possono scivolare nel demoniaco e, al posto di avanzare in un nuovo stadio, possono trasformarsi in giudizio. Perciò noi cristiani dobbiamo tenere gli occhi aperti per scoprire una nuova apertura del regno di Dio (ciò che Ragaz fa particolarmente in “Neuen Wegen”) e per porci al suo servizio.
Come possiamo riconoscere le aperture del regno nel presente? Non tutto ciò che si dichiara ecclesiastico o cristiano viene sempre da Dio. Ci sono molti altri criteri contenutistici da prendere in considerazione: la vera manifestazione del regno di Dio in Gesù Cristo è il metro di misura. Ciò che segue la sua linea viene da Dio e conduce a Dio, anche se ciò giunge forse in veste secolare o atea.
Il fondamento della nuova visione delle cose, che si era già preannunciata un decennio prima, legò Ragaz al socialismo con un rapporto più profondo, questo è, però, dialettico sin dall’inizio, perché Ragaz non si aspetta mai che le forze del regno di Dio, nei movimenti storici, si manifestino pure. Esse sono sempre mescolate con aspetti del regno terreno e minacciate dal rischio di scivolare nel male.

Il sermone per lo sciopero dei muratori

Ragaz si presentò una prima volta in pubblico, con la sua visione del socialismo, nella primavera del 1903, con il famoso sermone per lo sciopero dei muratori. Qui egli pretendeva che ogni cristiano dovesse partecipare al movimento sociale, precisando: “Non mi verrebbe in mente di sostenere che un cristiano deve essere social-democratico…ma ogni cristiano deve essere socialista”. Ragaz fa differenza tra social-democratico e socialista. Un social-democratico è membro del partito social-democratico e sostiene la sua politica.  Un socialista è spinto dai problemi sociali ed è pronto ad interrogarsi sull’ordine economico capitalista e a correggerlo.
Nella sua argomentazione “perché un cristiano debba essere socialista”, Ragaz cita le seguenti ragioni:
1. Nella sequela (di Gesù) un cristiano deve prendere la parte dei più deboli nella lotta sociale.
2. Nel movimento sociale si tratta di “una realizzazione dei pensieri che stanno al centro dell’evangelo: la figliolanza di Dio e la fratellanza dell’uomo.”
3. Il movimento sociale consiste fondamentalmente “in un enorme passo avanti nel divenire uomo dell’uomo”.
4. Il movimento sociale ha delle manifestazioni spiacevoli come la “lontananza da Dio degli operai” che deve “in parte la sua causa a orribili errori della cristianità ufficiale”.
“ Ma chi è comprensivo vede lo stesso, in tutte le ondate tempestose, il tessere e l’agire dello spirito divino creatore”.
Così il movimento sociale, per Ragaz, è una nuova rivelazione oppure un nuovo manifestarsi del regno di Dio.
5. Attraverso la partecipazione al socialismo, i cristiani devono salvaguardare lo stesso dalla deviazione. “Questo è un appello di Dio, beati noi se lo sentiamo, altrimenti andiamo incontro a grandi tempi di giudizio.”

La fondazione del socialismo religioso

Attraverso la sua predica per lo sciopero dei muratori, Ragaz è diventato noto come socialista. In quei mesi aveva letto il libro di Hermann Kutter “Das Unmittelbare” (L’immediato), e in seguito, quando apparse “Sie müssen” (Dovete), gli comunicò la sua adesione, puntualizzando che, secondo le sue esperienze con la classe operaia, la social-democrazia gli pare più un flagello divino che un portatore diretto dei suoi pensieri. Essa è per Dio quello che in epoca vetero-testamentaria erano per lui gli Assiri e i Babilonesi. Generalmente, però, Ragaz ha valutato molto più positivamente il mondo operaio.
All’inizio dell’ottobre 1906, Kutter e Ragaz si sono incontrati con dei simpatizzanti a Degersheim per una ”conferenza pedagogico-sociale”, dalla quale sono sorte le conferenze annuali del socialismo religioso. L’anno 1906 può, perciò, essere indicato come anno di nascita del movimento del socialismo religioso.

La priorità della domanda sulle strutture del potere

Negli anni seguenti la posizione di Ragaz nei confronti del socialismo non è più cambiata in modo decisivo. Secondo l’attualità politica, naturalmente, sono emersi temi diversi. Egli scorge il problema centrale nelle possibilità di sviluppo dell’uomo nel mondo del lavoro, perché per il  divenire uomo dell’uomo il lavoro è di importanza significativa. Ma proprio in questo campo l’uomo è messo in questione dalla suddivisione industriale del lavoro. Dall’inizio Ragaz è consapevole del fatto che un ritorno ai metodi di produzione pre-industriali non è possibile.  Si tratta di un “ordine economico migliore  ma non di una diversa gestione dell’economia. Non si può parlare di un ritorno all’antico artigianato”.  Ragaz  mette in guardia dal capitalismo di Stato centralistico e vede la soluzione piuttosto in forme cooperative di proprietà. Il problema centrale è per lui la strutturazione democratica dei rapporti di potere nell’economia. Questa per lui è collegata solo indirettamente con la struttura della proprietà. Seguendo Friedrich Naumann, esige in una lezione di etica del 1908/09, che l’operaio nella fabbrica da “suddito” diventi  “cittadino”, Ragaz può, perciò, essere considerato un precursore della partecipazione al potere decisionale.
La prima guerra mondiale e la rivoluzione bolscèvica hanno di fatto posto la lotta per le strutture dell’economia e del mondo del lavoro, a favore della problematica della pace.

Bibliografia

Cfr. R. Lejeune, Bibliographie von L. Ragaz bis 1951, in L. Ragaz,
Gedanken aus vierzig Jahren geistigen Kampfes, Berna 21951, 159 – 231.
completato in: M. Mattmüller, Leohard Ragaz und der religiöse
Sozialismus, Bd. I, Zollikon 1957, 11ff.

Ragaz-Reader:
L. Ragaz, Eingriffe ins Zeitgeschehen, Reich Gottes und Politik, Texte
von 1900 – 1945, hrsg. v. Ruedi Brassel und Willy Spieler, Luzern 1995

Letteratura  secondaria (scelta)
Cfr. Leonhard-Ragaz-Institut, Rathausstr. 7, D-6100 Darmstadt-12
A. Lindt, Leonhard Ragaz. Eine Studie zur Geschichte des religiösen
Sozialismus, Zollikon 1957
M. Mattmüller, Leonhard Ragz und der religiöse Sozialismus, Bd I,
Zollikon 1957, Bd. II Zürich 1968
H.U.Jäger/M.Mattmüller/A.Rich u.a., Beiträge zum 100. Geburtstag
von L.Ragaz, in ZEE 12 (1968)
H.U.Jäger, Ethik und Eschatologie bei Leonhard Ragaz, Zürich 1971
M.C.Laurenzi, il “socialismo religioso” svizzero, L.Ragaz, Assisi 1976
M.J.Stähli, Reich Gottes und christliche Revolution. Die Theologie des
religiösen Sozialismus bei L.Ragaz und die Theologie der  Revolution in
Lateinamerika, Hamburg 1976
G.Ewald (Hg.), Religiöser Sozialismus Stuttgart 1977
S.Herkenrath, Politik und Gottesreich. Kommentare zur Weltpolitik
der Jahre 1918 – 1945 von Leonhard Ragaz, Zürich 1977
A.Rich, Theologische Einführung in : Leonhard Ragaz in seinen  Briefen,
Zürich Bd. I 1966, Bd. II 1982, Bd. III 1992
D. Rostig, Reich Gottes und Welt. Eine religionssoziologisch-sozialethische
Studie zur Struktur und Funktion des Reiches Gottes bei Leonhard Ragaz,
Leipzig 1983
E.Buess/M.Mattmüller, Prophetischer Sozialismus, Blumhardt-Ragaz-Barth,
Fribourg 1986
M.Böhm, Gottes Reich und Gesellschaftsveränderung. Traditionen  einer
befreienden Theologie im Spätwerk von Leonhard Ragaz, Münster 1988

Clara Ragaz Nadig (1874-1957) : una giornalista contro la guerra e per la democrazia sostanziale

Donna impegnata in favore della Pace e della Libertà nel mondo; ha continuato intrepida la sua preziosa testimonianza anche dopo la scomparsa di Leonhard Ragaz, il suo compagno per sempre.

Pace e politica sono state per Lei il senso radicale di una vita contro l’ingiustizia, il militarismo e le guerre. Ha sempre concepito tutto questo come autentica sequela di Gesù.  I comitati femminili della Lega internazionale delle donne hanno sostenuto le sue lotte per tantissimi decenni. Studiò Letteratura e Teologia evangelica e a chi le chiedeva chi fosse, rispondeva secca:

„Ich bin was ich bin” (Sono ciò che sono)

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La critica alla religione
La nostra redazione precisa che è intervenuta in più riprese al fine di non oscurare le idee socialiste di Ragaz, talvolta incomprese dall’autore di quest’articolo, Hans Ulrich Jaeger-Werth, che ha invece una matrice di pensiero liberale e patriottica svizzera.  La struttura dell’intervento merita comunque di essere da noi segnalata… Ne siamo grati in ogni caso al pastore.

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Cristianesimo e socialismo

Ragaz ha ampiamente presentato la sua posizione sul socialismo nello scritto “Von Christus zu Marx – von Marx zu Christus” (Da Cristo a Marx – Da Marx a Cristo, del 1929). La tesi di fondo dei quattro discorsi contenuti nel libro sono: Socialismo e Cristianesimo sono veramente un tutt’uno.
Essi sono due metà di un anello. Il regno di Dio li comprende tutti e due. Esso comporta un nuovo cielo e una nuova terra nei quali abita la giustizia.
Il cristianesimo usuale, che vede solo il nuovo cielo e si accontenta della vecchia terra, è politicamente conservatore fino ad essere reazionario. Esso cerca Dio senza il regno, che viene visto puramente come al di là, diventando così oppio dei popoli. Esercita un’attività d’amore ma manca nella questione della proprietà e del potere. Dal flusso ardente del regno di Dio giungono sempre nuovi impulsi, che, però, vengono rifiutati dal cristianesimo ufficiale e si rivoltano contro questo, come, nel 1525, quando Lutero si pronunciò contro la rivoluzione dei contadini. Qui l’anello è definitivamente spezzato.
Il socialismo, al contrario, può volere il regno senza Dio, la nuova terra, in cui abita la giustizia, senza il nuovo cielo. Esso vuole liberare l’umanità dalla subordinazione alle cose e vuole creare una cooperativa solidale. E’ merito di Karl Marx quello di aver indicato, con vigore, il significato dei rapporti materiali. Deluso del quietismo del cristianesimo e dell’idealismo, il socialismo si collega con lo scientismo, la fede nella scienza del 18° secolo, con la sua visione meccanicistica del mondo. Il materialismo storico ha un’inclinazione verso il materialismo metafisico. La concezione secondo cui la storia si sviluppa dialetticamente verso una mèta razionale, produce l’idealismo hegeliano e acquista qui un fondamento religioso. Il “socialismo scientifico” di Marx e Engels ha, dunque, un fondamento solo fittizio; di fatto mescola analisi e interpretazione dei fatti, intraprende esplorazioni infondate rivelandosi, così, non scientifico. Malgrado le tinte scientifiche, il marxismo è ugualmente un tipo di religione messianica, per ciò che riguarda la sua attesa del futuro. “E’ stato questo messaggio messianico, in forma di speculazione filosofica o di fredda scienza, a afferrare e scuotere le masse come un evangelo e ad entusiasmarle e rinforzarle verso una nuova speranza e una nuova vita.”
Il bolscevismo ha superato poi la visione volgarmente darwiniana e cinica del mondo, con la quale la borghesia giustificava il suo colonialismo, il suo militarismo e il suo imperialismo, e ha sviluppato a sua volta una “forma imperialistico-militarista” di lotta di classe.

Di fronte a ciò, il reale cristianesimo e il vero socialismo devono unirsi in un socialismo etico, quali materialismo ed idealismo che si riferiscono l’un l’altro come due poli supplementari.
I mezzi devono corrispondere allo scopo. Chi vuole creare il socialismo con violenza e dittatura rimane piantato in violenza e dittatura.  Non si può creare la pace con la guerra, il socialismo può nascere solo dal socialismo. Di esso fan parte un particolare stile di vita e un corrispondente comportamento spirituale. Allo stesso modo, il cristianesimo deve rinnovarsi e riconoscere che il regno di Dio e la sequela appartengono a Dio. Così le due metà dell’anello possono ricongiungersi.

Critica della religione

Christoph Blumhardt, Kutter e Ragaz (e in accordo con loro la teologia dialettica) hanno distinto tra la fede nel Dio vivente, ossìa nel regno di Dio, e la religione. Essi hanno indicato il loro movimento come “social-religioso” perché “social-cristiano, ossìa “social-evangelico”, era un termine già impegnato. Dopo il primo conflitto mondiale, il concetto “social-religioso” costituiva sicuramente un vantaggio, poiché facilitò il contatto con il movimento a diversi ebrei, per esempio a Martin Buber.
Per Ragaz, religione può essere un concetto sovrastante ogni aspetto religioso. In accordo con Julius Wellhausen, distingue la religione profetica da quella sacerdotale. La prima è etica, l’altra appare come una religione estetico-mistica, ecclesiastico-cultuale o farisaico-moralistica. Ma Ragaz indica per lo più la prima forma come fede nel regno di Dio e la forma sacerdotale come religione.
La fede nel regno di Dio giunge dai profeti, soprattutto da Gesù e in parte dagli apostoli. In essa il servizio a Dio è sempre anche servizio al prossimo. La generale realtà è altrettanto coinvolta da Dio. La fede nel regno di Dio è laicità ed è riferita al mondo.. Le corrisponde un comportamento di vita etico, accentuato dalla volontà, spinto in avanti, rivoluzionario. Essa vuole cambiare il mondo, la sua visione del mondo è dualistica  (con un monismo per scopo), e procede da Dio.
Nella concezione di natura e spirito, intrapresa da Richard Rothe, nel regno di Dio lo spirito vuole dominare la natura per spiritualizzarla e, attraverso ciò, redimerla. Lo scopo è la figliolanza come riconciliazione tra natura e spirito.
Nella religione, lo spirito è un’apparizione della natura, viene da questa circondato e, attraverso ciò, demonicamente pervertito. La natura domina lo spirito. La visione del mondo della religione è monistica. La religione è il fiore più bello del mondo. In quanto grandezza mondiale si unisce volentieri alla potenza mondiale e diventa, così, clericale. Il servizio a Dio è relegato a particolari sfere. Sacro e profano sono separati e non si disturbano. Il mondo viene spiegato e trasfigurato al posto di essere cambiato. Il comportamento di vita della religione è intellettual-distanziato o sensibil-estetico. Esso ha un corso quietistico e fatalista, è imprigionato allo status quo e agisce in modo reazionario.
Il cristianesimo sta tra la fede nel regno di Dio e la religione. Ragaz ha spesso l’impressione che la chiesa ufficiale sia la decadenza della religione e che per essa ci sia poca speranza . Ciò fu per lui un motivo per rinunciare alla sua professione, che tra l’altro serviva anche alla formazione dei pastori. Egli non partecipò mai più ad un culto in chiesa pur rimanendone membro. Vedeva il regno di Dio forse realizzato nei gruppi più ai margini della chiesa di allora, come i Battisti o l’Esercito della Salvezza.

Attraverso la passione verso la resurrezione

Come la religione, così Ragaz, con il suo principio del regno di Dio, giudica il socialismo. Egli ha usato criteri etico-sociali, senza però elaborarli metodicamente e sistematicamente (come farà più tardi il suo allievo Arthur Rich), secondo i quali intravvede nella realtà sociale le forze del regno di Dio e sviluppa i suoi modelli per la configurazione sociale. Ragaz si ispira nei suoi criteri al messaggio biblico del regno di Dio, in modo particolare alla sua irruzione decisiva ed esemplare, a Gesù Cristo, come testimoniato dal sermone per lo sciopero dei muratori, citato prima.
Nel suo pensiero si trova, perciò, un criterio del modo, cioè il tipo e il modo in cui il regno di Dio viene. Esso arriva attraverso la passione, diretto verso la resurrezione. Solo attraverso sofferenza e sacrificio il singolo, ma anche il mondo, avanza. Questo criterio, però, contiene in sè delle difficoltà, perché la via attraverso la passione verso la resurrezione può solo passare, per coerenza, da quelli che credono nella resurrezione. Una società priva di violenza o di potere è una mèta escatologica che può essere raggiunta solo approssimativamente. Là conduce, tra l’altro, l’ “Höhenweg der Pioniere der Zukunft” (La somma via dei pionieri del futuro), i quali percorrono la via con rinuncia alla violenza e disposizione alla sofferenza. A partire da questo criterio, Ragaz è scettico di fronte a tutte le apparizioni di violenza e di potere esterno, e si rivolta energicamente contro l’inclinazione a trattare con leggerezza la violenza, come è successo nel bolscevismo e nel militarismo. Tuttavia non pretende la rinuncia totale alla violenza.  Accanto al diritto al rifiuto dell’obbedienza, Ragaz riconosce un diritto all’autodifesa e un diritto alla resistenza contro la violenza ingiusta, anche se questa appare legale. “ Poiché è tutto in ordine quando la violenza, che si cinge dell’aureola della giustizia, è sostituita dalla giustizia che in apparenza è violenta. Si pone semplicemente la verità al posto dell’inganno”.
Alla fine del primo conflitto mondiale, Ragaz si impegnò decisamente per la Società delle Nazioni e per il disarmo, e quando la Società delle Nazioni fallì, sperò in una coalizione delle forze antifasciste. Non sostenne più direttamente il disarmo ma continuò la lotta contro lo spirito non democratico del militarismo il quale distruggeva ciò che voleva proteggere.  Nello stesso tempo esortò i suoi amici cechi alla costanza contro le rivendicazioni di Hitler e mise in guardia dalla politica di concessione di un Chamberlain e dalla tendenza all’adattamento dei consiglieri federali svizzeri Giuseppe Motta e Marcel Pilet-Golaz: “In Svizzera – scrive il 22 febbraio del 1939 a Lina Lewy, a Israele – aumenta  continuamente il servilismo dei nostri “superiori” (autorità) verso l’ “asse” (Roma-Berlino). E inoltre la militarizzazione, che da questo viene resa ridicola”. Più decisiva della disposizione militare, per lui, era quella spirituale alla difesa contro il fascismo. Così lottò con energia contro la censura della stampa, causata dal riguardo alla Germania di Hitler. Prima rinunciò per un po’ di tempo alla regolare apparizione del “Neue Wege”, allorché venne sottomessa a censura.
Anche se Ragaz si impegnò per l’abolizione della violenza e vedeva in ciò l’unica strada per continuare, non fu un pacifista radicale, ha senz’altro difeso l’obiezione di coscienza ma non vi ha mai esortato. Sapeva che talvolta il male doveva essere tenuto entro i limiti con mezzi di forza, mentre per volgersi al bene non era certamente necessario. Ciò è possibile solo attraverso sacrificio e sofferenza, “Ma – ed è un Ma decisivo – ciò che io pretendo da me, il credere in Cristo nella debolezza e nell’impurità, non posso pretenderlo per tutte le Nazioni, di cui io so di preciso che mancano del presupposto spirituale”. Pare che Ragaz non abbia sempre tenuto conto di questa obiezione. Dopo il primo conflitto mondiale sperava che la Svizzera procedesse al disarmo. Nel 1935 si aspettava che il Partito socialista tenesse fede al suo antimilitarismo, malgrado il pericolo fascista e che venisse rifiutato il credito per il riarmo della Svizzera. Ma quando la riunione di partito decise il contrario, Ragaz si ritirò per protesta dalle sue file.
Polarità come struttura di base

Presso Ragaz si trovano, inoltre, dei criteri di rapporto e di struttura. Essi sono costruiti in modo polare il chè permette al suo pensiero etico una tensione produttiva. Nel sermone per lo sciopero dei muratori Ragaz definisce la figliolanza di Dio e la fratellanza dell’uomo come pensieri centrali dell’evangelo. Più tardi parlerà spesso dell’ individualismo e socialismo del regno di Dio.
Per descrivere l’aspetto individualista del regno di Dio adopera termini come figliolanza di Dio, dignità umana, valore assoluto dell’anima, libertà reale, autonomia e autenticità. Ragaz collega questi criteri soprattutto con l’aspetto soteriologico-indicativo del regno di Dio, cioè con il principio fondamentale dell’evangelo: Dio ama ogni essere umano e vuole che tutti siano salvati. Questi criteri sono influenzati anche dall’etica della personalità idealistica.
Dall’altra parte sta il polo opposto del socialismo del regno di Dio. Qui appaiono termini come fratellanza, amore, solidarietà, giustizia e – dopo la prima guerra mondiale – anche pace.
Questa serie di criteri deriva piuttosto dall’aspetto etico-imperativo del regno di Dio, cioè dal principio: Dio vuole che tutti gli esseri umani si amino a vicenda. Allo sviluppo di questi criteri hanno contribuito anche l’esperienza del potere delle condizioni sociali, l’antropologia sociale e il marxismo.
Presso Ragaz si trovano, inoltre, anche dei criteri del regno terreno come polo negativo opposto al regno di Dio. Anche questi, come i criteri del regno di Dio, emergono chiaramente nel vissuto del Cristo, cioè negli avversari di Gesù. Ne fanno parte menzogna, egoismo, violenza, cinismo, odio, infedeltà, ecc. E’ ovvio che Ragaz, partendo da questi criteri del regno terreno, ha dovuto giudicare a priori sia il leninismo sia il fascismo come deviazioni demoniache.

Esistenza correttiva

Nei suoi scritti teologici e nelle sue lotte e decisioni pratico-politiche, Ragaz tenta di mettere in evidenza i due poli del regno di Dio – socialismo e individualismo – in modo equo. Qui è radicata la sua preferenza per le strutture federaliste e di cooperazione. Dovunque venga dato troppo peso ad un polo, Ragaz appoggia, per ristabilire l’equilibrio, l’altro polo, spesso in modo unilateralmente correttivo – simile a Kierkegaard, di cui si era occupato intensamente già durante il suo primo pastorato. I suoi criteri polari lo portano ad una posizione critico-non conformista.
Spesso Ragaz ha fatto grandi sacrifici spirituali e materiali per il movimento delle donne, il socialismo e il movimento della pace. Nonostante tutta la solidarietà, però, non è mai riuscito ad identificarsi completamente con tali movimenti. Si è sempre sentito spinto ad impegnarsi per quell’aspetto del regno di Dio che al momento era trascurato, fatto che lo ha reso impopolare. Anche i suoi amici talvolta hanno faticato a capirlo. Così si è impegnato presso i liberali per il socialismo e presso i socialisti per la libertà. In Svizzera era portavoce dell’antimilitarismo; ai suoi amici cechi ha consigliato la resistenza armata. E’ comprensibile che molti scuotessero la testa di fronte a lui e gli rimproverassero mancanza di coerenza. Ma Ragaz ha sottomesso anche la sua esistenza personale al criterio secondo cui il regno di Dio può arrivare soltanto attraverso sofferenze e sacrifici. Così ha sacrificato la sua reputazione negli ambienti borghesi quando, nello sciopero generale zurighese del 1912, si è messo dalla parte degli scioperanti e, nel 1913, è diventato membro del partito socialista; ha sacrificato il suo influsso nella guida del partito quando, nel 1919, ha combattuto con successo contro l’adesione alla Terza Internazionale leninista; ha sacrificato la sua popolarità quando, contro la maggioranza del partito, si è impegnato per l’adesione della Svizzera all’Unione delle Nazioni; ha sacrificato la sua carriera accademica e lo stipendio sicuro quando, nel 1921, si è dimesso dall’incarico perché, da un lato, credeva di non poter più caricare gli studenti di teologia della difficile problematica di chiesa e ministero pastorale e, dall’altro lato, voleva diventare del tutto solidale con il proletariato. Ragaz ha compreso tutti questi passi, fino alle sue dimissioni dal partito, nel 1935, presentate come protesta contro l’appoggio dei crediti per l’armamento, come atto di sequela a Gesù e collaborazione politica al regno di Dio. E’ addirittura stato disposto ad essere incarcerato, quando, nel 1937 per protesta contro il fatalismo nei confronti della guerra, si è rifiutato varie volte di oscurare la casa durante le grandi esercitazioni di protezione dello spazio aereo, fino a quando la polizia è intervenuta, togliendo i fusibili elettrici della sua casa.

Più noto tra laici che tra teologi

Ragaz era una personalità nota e discussa in tutta la Svizzera, prima a causa del suo socialismo, poi a causa del suo antimilitarismo. Il suo influsso emerge particolarmente nel movimento degli antialcoolisti,  poi anche tra gli insegnanti e gli assistenti sociali. Nel campo teologico-accademico, fra le due guerre, il socialismo religioso è stato concorrente della teologia dialettica. Nella sua epoca Ragaz ha avuto, accanto a quella politica, anche una grande ripercussione teologica. Si è dedicato molto al rapporto tra fede e scienza e ha indicato all’uomo moderno delle strade verso una pietà profonda e, nello stesso momento, aperta al mondo. Attraverso la loro solidarietà con gli operai, Ragaz e i suoi predecessori, amici e allievi hanno contribuito ad impedire in gran parte lo staccamento del proletariato da fede e Chiesa, come è avvenuto in altri paesi.
Senza un’organizzazione rigida, il socialismo religioso ha agito in un campo molto vasto. Oggi non è più possibile determinare la fonte del suo influsso, sia essa Christoph Blumhardt o Hermann Kutter, Leonhard Ragaz e altri combattenti. Tutti questi si trovano, inoltre, nella tradizione riformata, ossìa includono nella motivazione dell’etica sociale degli aspetti escatologici. Questo modo di argomentare risale allo scritto di Zwingli “La giustizia divina e la giustizia umana” (1523). Contrariamente alle idee di Lutero e alla maggior parte di quelle cattoliche, ciò permette un’etica sociale critico-rivoluzionaria e non solo conservatrice. Si ritrovano degli influssi social-religiosi fino a Martin Luther King, che è entrato in contatto con il socialismo religioso attraverso Tillich, oppure anche nelle espressioni sociali e politiche dei fratelli di Taizé. Non da ultimo molte dichiarazioni del Consiglio Ecumenico delle Chiese contengono pensieri social-religiosi e, se c’è una certa parentela spirituale con la teologia della liberazione latino-americana, con i cristiani per il socialismo e con la teologia minjung coreana, ciò è dato dal fatto che il loro contesto contiene paralleli a quello del socialismo religioso nascente.

Politica e regno di Dio

Chi si occupa oggi di Ragaz deve prima superare delle differenze di concezione della vita e di stile linguistico. Oggi non è facile parlare di una salvezza graduale che si estende come lotta del regno di Dio contro quello terreno, attraverso tutti gli aspetti della realtà, e trova la sua continuazione nell’al di là fino alla totale riconciliazione. L’esperienza dei conflitti mondiali e le crescenti crisi di popolamento, alimentazione e ambiente fanno sì che la i cristiani scorgono, tra il mondo odierno e il compimento del regno di Dio, un abisso che non può essere forse superato attraverso passaggi di evoluzioni e rivoluzioni. E’ assurdo ma sembra che questo sia l’orientamentointerpretativo dei più. Sarebbe comunque sbagliato vedere nel regno di Dio soltanto un’entità dell’al di là, senza significato per la vita terrena, o limitare il suo significato al fatto che la certa  speranza nel compimento ci permette una vita fiduciosa, ci dà sostegno e ci libera dalla paura paralizzante, per quanto questo aspetto possa essere importante. Il regno di Dio, invece, comincia già qui, è presente in mezzo a noi ovunque venga realizzata la volontà di Dio. Ragaz sottolinea spesso il fatto che, nel Padre Nostro non preghiamo: “Prendici nel tuo regno!” ma “Venga il tuo regno!”. Non basta perciò lasciarci confortare dalla speranza del regno di Dio nella fede interiore; dobbiamo anche orientarci, nel comportamento, al regno di Dio futuro e già presente in Gesù.
La fede chiama alla sequela e la sequela rinforza la fede.
Nell’unione di fede e sequela, Ragaz ha trovato, attraverso gravi crisi, la strada verso una fede liberatrice, aperta e non dogmatica ma profonda, e ha così aiutato molti in crisi di fede.
Leonhard Ragaz ha avuto una ripercussione sorprendente fin nella teologia contemporanea. Non solo sono state rièditi molti dei suoi scritti ma è anche stata pubblicata tutta una serie di studi e dissertazioni – tra gli altri anche di un teologo cattolico – su di lui e sulla sua opera. Nel movimento del ‘68 è stato perfino rrivisitato da una corrente missionaria fra studenti, di stampo piuttosto fondamentalista, guidata da G. Ewald, a Bochum, fatto che ha generato un rinascimento del movimento social-religioso in Germania.  Nel 1984, a Darmstadt, è stato fondato un Istituto Leonhard Ragaz con l’intenzione di una pubblicazione completa delle sue opere. Nelle loro dissertazioni con J.M. Lochman, a Basilea, i due teologi coreani CHUNG Kwun Mo e KIM Won Bae si sono riferiti in modo approfondito a Ragaz.
Il suo tentativo di tracciare le linee dal regno di Dio fino alla politica  – dialogando con Zwingli – viene oggi considerato un passo fondamentale della teologia moderna. Ragaz continua a interpellarci oggi.

Ragaz a Cuba


Sulla rivista teorica e politica “Cuba socialista”, edita dal Comitato Centrale del partito comunista cubano, Leonhard Ragaz fa testo e viene colto per ciò che ha pensato effettivamente. In Italia è invece ancora ampiamente frainteso; me ne rendo conto dalla posta che ad es. ricevo da parte soprattutto dai clericali, cattolici e protestanti poco importa: a Cuba si parla correttamente di socialismo biblico e non religioso. Il Regno di Dio ha infatti a che fare con la nuova creazione, il nuovo mondo e non certamente col dio della religione o di quello tappabuchi citato da Bonhoeffer.

Il linguaggio nell’articolo mi sembra comprensibile. Chi lo ha scritto è il Presidente della Conferenza cristiana per la Pace nell’America latina e nei Carabi, dr. Sergio Arce Martínez.

…Para clarificar toda nuestra argumentación, que arranca de la postura profético-bíblica, citemos, por ejemplo, a Leonhard Ragaz, profesor de Teología de la Universidad de Zurich, el socialista cristiano más prominente de finales de la segunda mitad del siglo pasado y principios de este. Decía Ragaz que “el Reino de Dios no es religión, si no más bien la abolición de toda religión”, y añadía, “Jesús no sólo no trae una nueva religión, si no que no trae ninguna religión.[…] No quiere una religión, sino más bien el Reino, una nueva creación, un nuevo mundo. Jesús quiere a Dios, al pueblo, al hermano, a una nueva justicia, la liberación del mundo del temor y la sensualidad, del Mammonismo, de la desesperación, de la muerte y de la religión.”
Il link è http://www.cubasocialista.cu/texto/cs0029.htm

Nell’intervento si rivaluta tra l’altro anche il Lutero rivoluzionario (non certo quello poi asservito ai prìncipi) del “Conoce mejor a Dios quien lo niega, que quien lo afirma” e si ricorda che i cristiani primitivi venivano accusati di essere dei non credenti dell’idolatria imperiale, forse quella che in Italia possiamo chiamare oggi la religione civile o quella “delle radici” (sigh!). Attenzione è dedicata anche alla figura di Karl Barth e alla sua monumentale “Dogmatica della Chiesa”, più precisamente alla sezione che parla della rivelazione di Dio come abolizione della religione.

Christian T. Collins Winn
“Leonhard Ragaz”
ragaz
Leonhard Ragaz (1868-1945)
Leonhard Ragaz was the founding editor of the primary organ of Swiss ReligiousSocialism, Neue Wege , and along with Hermann Kutter (1863-1931), was a central figurein the development of Swiss Religious Socialism which reached its high point in the earlytwentieth century just prior to the First World War.Born in the small Swiss village of Tamins in the vicinity of Chur, Ragaz wasdeeply affected by the communitarian and cooperative aspects of village life. His later understanding of Socialism was indelibly colored by this early experience. Ordained in1890, Ragaz held a series of pastoral positions before receiving a call to the cathedral of Basle in 1902. In Basle, his engagement in social issues turned more decidedly towardthe left and by 1903 his identification with the workers movement was solidified throughinvolvement in the Basle Bricklayers Strike.In that same year he came into contact with the thought of Christoph Blumhardt(1842-1919) as mediated by Hermann Kutter. Kutter’s 1903
Sie Müssen
marked the beginning of the Swiss Religious Socialist movement in earnest and gave decisiveorientation to Ragaz’s early thought. Though unbalanced, the work opened up a wholenew world to Ragaz and introduced him to the theological interpretation of Socialism thathe had been searching for: Socialism is a sign of the coming Kingdom of God. ThoughRagaz would later distance himself from Kutter (the two would unfortunately becomerepresentative figures for opposing groups within the Religious Socialist movement) theinfluence of Blumhardt would persist up to Ragaz’s death in 1945 and Ragaz would playan important role in seeing Blumhardt’s thought get a wide audience.
In 1906 Ragaz founded
 Neue Wege
, the primary organ of the Religious Socialistmovement in Switzerland. Through this journal Ragaz would shape the ReligiousSocialist vision, influence Socialist and Marxist party politics and give commentary onworld events from a Religious Socialist perspective. In 1907, while at a conference inAmerica, Ragaz met Walter Rauschenbusch and in 1908 was invited to become professor of Practical Theology at the University of Zürich, a position he would later resign (1921)to work in the slums of Zürich.The First World War was a shock for Ragaz. In the face of the collapse of international Socialism he began to withdraw himself from Socialist party politics,though he remained vigorously involved in the broader movement of ReligiousSocialism. Ragaz turned more toward pacifism as he believed that the war was God’s judgment on the nations. This new orientation also guided his earliest evaluation of Fascism. As early as 1923, Ragaz recognized Fascism as a brutal and growing menacewhose core was fundamentally anti-Christian. In 1926 he published a full-scale analysisof Fascism and in 1930 he was the primary author of a warning put forth by theInternational Union of Religious Socialists on the danger of National-Socialism. Thiswas sharpened by a 1933 declaration that explicitly attacked the Anti-Semitism of the Nazi’s. Though forbidden to publish his journal by the Swiss authorities, for fear it wastoo critical of the Nazi’s, Ragaz remained engaged by working with Jewish refugees,continuing his lively correspondence with Martin Buber (1878-1965), and writing on the“Jewish Question.” His thought on Judaism and Christianity was ahead of its time.Ragaz died on December 6, 1945.
Bock, Paul, ed. Signs of the Kingdom: A Ragaz Reader. Translated by Paul Bock.Grand Rapids: William B. Eerdmans Pub. Co., 1984.Ward, W. R. Theology, Sociology and Politics: The German Protestant SocialConscience, 1890- 1933. Bern: Peter Lang, 1979.Christian T. Collins Winn

 

Una risposta a “Leonhard Ragaz e Clara Nadig

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