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Bruno Segre, Shoah (gli ebrei, il genocidio, la memoria)
(Giorgio Chiaffarino/VE) L’autore, Bruno Segre, ripercorre le premesse, la svolta del 1933, le leggi, gli aguzzini, i conniventi, i resistenti, le omissioni e le amnesie, tutto per “una delle pagine più infamanti della storia dell’umanità”. Un testo accurato, dotato di mille riferimenti che chiariscono anche fatti poco noti o sconosciuti ai più, note utili anche per ordinare tante altre letture.
Tra le pagine che più mi hanno colpito il capitolo intitolato “Omissione di soccorso” ma soprattutto quello sul “Silenzio delle Chiese”. Nel primo caso nessuno può dire “non sapevamo”, non gli inglesi, non gli americani, nemmeno gli enti o le organizzazioni internazionali, ad esempio la Croce Rossa o le potenti comunità ebraiche americane. Almeno dalla fine del ‘42, certo dal 1943, rapporti circostanziati e sicuri erano arrivati agli Alleati. Nessuna ragione riesce a giustificare una assoluta inerzia. Eppure gli alleati non hanno risparmiato aerei e bombe, anche su obiettivi ingiustificati… Niente per i campi, per i forni, per le stazioni e le ferrovie delle linee per lo sterminio, tanto per fare un esempio.
Pagine dure, difficili, quelle sul silenzio delle chiese, in particolare di quella cattolica. Il dibattito è tuttora aperto, come spesso leggiamo sulla stampa. Nuoce anche qui, si può dire, l’ossessione del segreto che lascia presagire verità inconfessabili ed è così contraria a quella pagina della Scrittura che ci chiede di dire si, se è si e no, se è no (Matteo 5,37).
Gli interrogativi sono innumerevoli e tutti senza risposte, se non pigliamo per tali le difese, più o meno d’ufficio, talune addirittura goffe, che troviamo spesso negli spazi deputati. Se sapevano gli stati, figuriamoci la chiesa. Perché allora il blocco dell’enciclica di Pio XI? Perché il silenzio dopo “la notte dei cristalli”? Perché tanto antisemitismo cattolico di chierici e di laici, in tanti paesi europei, senza reazioni apprezzabili? Sappiamo che un atteggiamento risoluto, anche in qualche paese occupato, ha ostacolato se non interrotto le deportazioni e ha salvato tante vite. Più difficile pensare a una possibile risposta positiva dei nazisti nei confronti di una iniziativa del papato. Certo avrebbe incoraggiato ancora di più i tanti cattolici, i cristiani che si sono così spesi per salvare gli ebrei. Ma è il Vangelo che chiede di schierarsi per i perseguitati, così come Giovanni Paolo II che ha letteralmente gridato contro la mafia.
A pag.168 è citata una dura espressione di François Mauriac,: “… non abbiamo avuto il conforto di sentire il successore del Galileo, Simone Pietro, condannare con parola netta e chiara, e non con allusioni diplomatiche, la crocifissione di questi innumerevoli fratelli del Signore”. Infine sembra conclusiva e condivisibile la parola del grande teologo, Dietrich Bonhoeffer che, dopo la più nota frase sul canto “gregoriano” (pag. 106), ha aggiunto: “Pio XII nei riguardi degli ebrei è stato un buon cristiano, salvandone, accogliendone, nascondendoli. Ma a un papa si chiedeva molto di più. Si chiedeva che dopo secoli e secoli di grida contro gli ebrei, gridasse per gli ebrei. Ed egli non ha gridato” (la recensione è tratta da “Il Gallo”, marzo 2005).
Bruno Segre
Shoah (gli ebrei, il genocidio, la memoria)
Il Saggiatore, 2003
Intervento di Claudio Giusti
Aux martyrs de l’Holocauste.
Aux révoltés des Ghettos.
Aux partisans de forêts.
Aux insurges des camps.
Aux combattants de la résistance.
Aux soldats des forces allies.
Aux sauveteurs de frères en péril.
Aux vaillants de l’immigration clandestine.
A l’éternité.
Inscription at Yad Va-shem Memorial, Jerusalem
Michael Walzer, Just and Unjust Wars, Basic Books, 1977
La visione temporale dei forcaioli.
La teoria della deterrenza della pena di morte è semplice:
la gente ha paura di morire e non commette certi crimini, o ne commette molti meno, se questi sono passibili di pena capitale. La scomparsa di questa minaccia causa un aumento dei delitti, in particolare dell’omicidio, e un gran numero di vite innocenti sono sacrificate dalla criminale stupidità degli abolizionisti.
La dimostrazione di questa teoria si basa sull’oculata scelta dei dati da usare e nell’ignorare quelli che non collimano con i propri presupposti ideologici. Tutto quello che non coincide con il mantra “più esecuzioni uguale meno omicidi” non è preso in considerazione. Soprattutto ci si rifiuta di guardare alle esperienze dei paesi abolizionisti e a quelle degli stati americani.
Gli hangman-friends fingono di non sapere che, negli anni ’30, a un alto tasso di esecuzioni corrispondeva un altrettanto alto tasso di omicidi e non spiegano la rapida diminuzione di entrambi negli anni ‘40 e ‘50. Però attribuiscono l’aumento degli omicidi degli anni sessanta alla sospensione delle esecuzioni nel periodo 1967-1977, evitando di notare che la pena di morte è scomparsa solo nei pochi mesi successivi alla sentenza Furman. Salutano entusiasticamente il ritorno del boia (17 gennaio 1977) e il crescere delle esecuzioni, correlandolo al contemporaneo calo degli omicidi; senza però spiegare come mai, fra il 1986 e il 1991, crescono sia le esecuzioni che gli omicidi.
Qualcuno fa addirittura i conti e pretende di dimostrare che ogni esecuzione salva la vita di almeno 18 innocenti (ma c’è chi offre molto di più).
Dall’anno 2000, inspiegabilmente, il trionfalismo forcaiolo si arresta e sembra che in America, dalla fine del millennio, non accada più nulla di interessante. La ragione è semplice: i dati successivi sono l’esatto contrario di quello che ci si dovrebbe aspettare (nel caso ovviamente che uno sia così stupido da credere a questa teoria)
Questa sorta di millennium bug della deterrenza ha le sue buone ragioni per esistere.
Nel 1999 abbiamo visto il record delle esecuzioni (98) e delle condanne (circa 300) mentre il tasso di omicidio scendeva al 5,7 per centomila che, pur essendo quasi sei volte il nostro, era un tasso estremamente basso: quasi la metà di quello di vent’anni prima.
E vissero tutti felici e contenti ?
No, tutt’altro.
Negli anni successivi abbiamo assistito, attoniti, non solo al vertiginoso calo del numero delle condanne a morte e al precipitare delle esecuzioni (sospese fra il 25 settembre 2007 e il 6 maggio 2008), ma anche alla stupefacente stabilità del tasso di omicidio che, alla faccia della deterrenza, è rimasto incredibilmente stabile.
Le condanne a morte sono passate dalle 300 l’anno a poco più di cento, mentre le esecuzioni, dopo il picco di 98, sono scese a 53 del 2006, 42 nel 2007 e 37 nel 2008 (complice la moratoria dovuta alla sentenza Baze) e me ne aspetto un massimo di 40-50 nel 2009, in gran parte in Texas.
Allo stesso tempo il tasso di omicidio restava incrollabilmente bloccato fra il 5,5 e il 5,7.
Quindi, o gli americani non sanno che ora è ancor più difficile e raro essere condannati a morte e uccisi, oppure i forcaioli ci hanno raccontato delle balle.
Propendo per la seconda ipotesi.
Gli Americani forcaioli soffrono di insularità e si rifiutano di prendere in considerazione le esperienze del resto del mondo. Evidentemente sanno che Italia e Canada sono la dimostrazione vivente che la pena capitale non è un deterrente.
Il 14 luglio del 1976 il Canada sopprimeva la pena di morte. Da allora il suo tasso d’omicidio si è continuamente ridotto fino a diventare un terzo di quello precedente l’abolizione: cosa del resto già avvenuta in Italia nei vent’anni che seguirono la fine della pena capitale. L’esempio canadese è particolarmente interessante perché, proprio in quello stesso luglio, con la sentenza Gregg, la Corte Suprema degli Stati Uniti dava il via libera alla “new and improved” pena di morte. Al contrario di quanto avvenuto in Canada il tasso d’omicidio americano è prima cresciuto, poi diminuito, poi di nuovo cresciuto e solo successivamente abbiamo assistito ad una consistente diminuzione del numero degli omicidi. Diminuzione avvenuta anche in Italia dove, nel 2002, abbiamo avuto 638 omicidi contro i 2.000 del 1991. In quello stesso anno gli americani ne avevano contati 25.000 e hanno attribuito alla pena di morte la diminuzione ai 16.638 nel 2002.
Gli hangmanfriends non tengono in considerazione nemmeno le esperienze nazionali. Peccato, perché lo studioso Thorsten Sellin mezzo secolo fa, confrontando le varie giurisdizioni degli Stati Uniti, scoprì che “in generale gli Stati con il boia avevano tassi di omicidio significativamente più alti di quegli Stati che non uccidevano gli assassini.”
A questo riguardo il forcaiolo Lott ha avuto l’impudenza di scrivere che:
“This simple comparison really doesn’t prove anything. The 12 states without the death penalty have long enjoyed relatively low murder rates due to factors unrelated to capital punishment.”
Forse pensa che siamo tutti stupidi
Bibliografia
Homicides in U.S.
http://www.ojp.usdoj.gov/bjs/homicide/tables/totalstab.htm
murders rate
http://www.deathpenaltyinfo.org/murder-rates-1996-2007
sentences
http://www.deathpenaltyinfo.org/death-sentences-year-1977-2007
executions
http://people.smu.edu/rhalperi/
La citazione di T. Sellin è in Mark Costanzo, Just Revenge. Costs and Consequences of the Death Penalty, New York, Saint Martin’s Press, 1998, pagina 97
John Lott: Death as Deterrent.
Fox News Wednesday, June 20, 2007
http://www.foxnews.com/story/0,2933,284336,00.html
Crimini in Italia
http://www.cittadinitalia.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/14/0900_rapporto_criminalita.pdf
http://www.interno.it/mininterno/export/sites/default/it/assets/files/14/0902_ABSTRACT_rapporto_sicurezza_2006.pdf
Eexecutions and Homicides in USA
Executions death homicide homicides
sentences rate
1973 42 9.4 19.640
1974 149 9.8 20.710
1975 298 9.6 20.510
1976 233 8.8 18.780
1977 1 137 8.8 19.120
1978 185 9.0 19.560
1979 2 151 9.7 21.460
1980 173 10.2 23.040
1981 1 223 9.8 22.520
1982 2 267 9.1 21.010
1983 5 252 8.3 19.308
1984 21 284 7.9 18.692
1985 18 262 7.9 18.976
1986 18 300 8.6 20.613
1987 25 287 8.3 20.096
1988 11 291 8.4 20.675
1989 16 258 8.7 21.500 Italian
1990 23 251 9.4 23.438 homicides
1991 14 268 9.8 24.703 1901
1992 31 287 9.3 23.760 1441
1993 38 287 9.5 24.526 1065
1994 31 315 9.0 23.326 938
1995 56 315 8.2 21.606 1004
1996 45 317 7.4 16.645 945
1997 74 275 6.8 18.208 864
1998 68 298 6.3 16.974 879
(500) (6406) (539.396)
1999 98 277 5.7 15.522 810
2000 85 232 5.5 15.586 749
2001 66 162 5.6 16.038 707
2002 71 167 5.6 16.229 642
2003 65 153 5.7 16.582 719
2004 59 138 5.5 16.137 711
2005 60 128 5.6 16.692 601
(1004) (7633) (652.182)
2006 53 115 5.7 621
2007 42 110 593
2008 37
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