Giuseppe Barbaglio, Gesù ebreo di Galilea. Indagine storica
Per Giuseppe Barbaglio, biblista tra i più noti e letti in Italia, l’uomo dei vangeli è un ebreo figlio del suo tempo e della sua terra, presenza scomoda, ieri come oggi.
Professor Barbaglio, perché sottolineare l’ebraicità di Gesù?
Direi per tre motivi distinti. Primo: Gesù era un ebreo, non un cristiano, e un ebreo di Galilea, un uomo cioè di villaggio e di cultura contadina. Secondo: per rendere giustizia alla sua collocazione reale: Gesù di Nazaret non è stato un’isola; la sua crescita e socializzazione è avvenuta nel mondo ebraico del primo secolo. Terzo: per amore ecumenico, in quanto egli è veramente colui che uno studioso ebreo, Ben Chorin, ha messo come titolo di un suo libro: “Gesù nostro fratello”.
Che cosa ci può dire oggi la ricerca storica, onestamente condotta, di Gesù?
Essa non pretende di dirci in modo esaustivo chi è stato realmente Gesù; ci permette invece di rispondere a questa domanda: che cosa possiamo dire noi oggi di lui, sulla base delle testimonianze antiche in nostro possesso, criticamente vagliate, cioè valutate sulla loro attendibilità storica.
Quali sono gli aspetti storicamente più certi della figura di Gesù?
Potrei parlare delle certezze della sua esistenza, della sua morte in croce per iniziativa del prefetto romano di Giudea, Ponzio Pilato, nel decennio 26-36, del fatto che egli apparve allora come un esorcista e un guaritore, e questo a detta di amici e nemici, ma anche che fu un parabolista eccezionale, cioè un creatore abile di brevissime fiction narrative, e un saggio che si è espresso sovente con proverbi, aforismi, sentenze, detti icastici. Ma vorrei insistere su ciò che, a mio avviso, più caratterizza la sua immagine storica: è stato l’evangelista, cioè il portatore della lieta notizia al popolo; con lui e attraverso la sua azione è sorta l’alba della regalità divina, capace di dare una sterzata alla storia.
Le ragioni della storia e quelle della fede certo non devono sovrapporsi, ma nella sua ricerca è emerso qualche conflitto?
Sì, in due casi abbastanza chiari. Anzitutto il dato storico altamente probabile, se non certo, che Gesù è nato a Nazaret; non per nulla è stato chiamato il nazareno e il profeta di Galilea. Ma la fede cristiana, a partire dai Vangeli dell’infanzia di Matteo e di Luca, lo ritiene nato a Betlemme, la città di Davide. In secondo luogo, la famiglia di Gesù era numerosa: quattro fratelli, Giacomo, Giuda, Simone, Giuseppe, e delle sorelle. Ora la tradizione cristiana, che parte da Girolamo, ha trovato l’escamotage di ritenerli dei cugini e, strano a dirsi, non si parla delle sue sorelle come cugine, per salvare la verginità perpetua di Maria. Ma si tratta di una spiegazione che ha poche possibilità di essere buona.
Come si può stabilire se le testimonianze antiche meritano credibilità nei dati che ci trasmettono?
Le testimonianze antiche su di lui sono molte: di lui ci parlano autori romani, come Tacito, Svetonio e Plinio il Giovane, scrittori greci, come il filosofo Celso, lo storico ebreo Giuseppe Flavio, la tradizione rabbinica del Talmud babilonese, soprattutto scritti cristiani, cioè Paolo, gli evangelisti canonici, ma anche i vangeli apocrifi. La difficoltà sta nella valutazione dell’attendibilità storica degli scritti cristiani che sono libri di fede, non storia propriamente detta. Ma non mancano criteri rigorosi in proposito; accenno a uno solo, quello dell’imbarazzo della comunità cristiana davanti ad alcuni dati, che tuttavia non può fare a meno di tramandare. Così è del battesimo di Gesù per mano del Battista: un battesimo di penitenza per un Gesù che la fede cristiana già nei primi anni riteneva senza peccato; altrettanto del tradimento di Giuda Iscariota: uno dei dodici scelti da Gesù come rappresentanti del popolo di Dio delle dodici tribù d’Israele, che egli è venuto a riunire.
Ma per un credente la ricerca storica riveste un particolare interesse?
Sì, perché mette in chiaro lo spessore umano e terreno di colui che il credente ritiene il figlio di Dio. Se i cristiani avessero specificato meglio la loro credenza nel figlio di Dio fattosi uomo, confessandolo appunto figlio di Dio fattosi ebreo, diventato un galileo, forse, o senza forse, le responsabilità cristiane circa l’antigiudaismo secolare sarebbero state minori.
Giuseppe Barbaglio
Gesù ebreo di Galilea. Indagine storica
Edizioni Dehoniane, Bologna 2002, pp. 670
Speciale Axteismo
Axteismo ha diffuso le sue rimostranze a Tiscali per la chiusura del nostro account di posta elettronica in seguito alla protesta contro quella che loro hanno definito una “canzoncina satirica e sarcastica da Zecchino d’Oro”.
Ringraziamo veramente tutt* per le tantissime e-mail spedite che hanno creato “forti disagi e notevoli fastidi” a questi signori che pretendono di fare critica storica; riportiamo integralmente il testo della corrispondenza intercorsa con Ecumenici in data 7 gennaio 2008 con una delle menti dell’organizzazione: il sig. Ennio Montesi.
Poche settimane dopo quella data quel sito chiedeva al sig. Minoli della Rai un pubblico confronto con Ravasi e Messori sul cristianesimo delle origini. Nessun ulteriore commento se non la constatazione della miseria intellettuale nell’abbandono del criterio scientifico nella ricerca anche da parte di chi si dice “a difesa della ragione”…
Buonasera sig. Montesi,
circolano in internet diversi suoi articoli e – se non vado errato – sono stato destinatario anche di alcune e.mail di Mailing List che dirige o di cui è ospite: conosco le sue tesi e opinioni e Le sarei grato se volesse indicarmi anche le fonti da cui attinge le info relative ai diversi messia di cui fa riferimento… Dionisio, Attis, Mitra, Krishna,
Dalle informazioni raccolte ad es. su Horus ho pensato di sistematizzare così le info –prive di fonti – fin qui da me raccolte su axteismo.
Il “sole di Dio”, Horus, era visto prima del 3000 a.C. dagli egiziani come un salvatore dell’umanità, un messia: ne abbiamo ampie testimonianze dai geroglifici. Il suo antropomorfismo veniva ricavato dai suoi movimenti nel cielo. Più precisamente nel movimento nella c.d. croce nei 12 segni dello Zodiaco, quella croce dei 12 segni zodiacali rappresentava la sua vita e non era solo un’espressione artistica. Horus era la luce del mondo, che dava calore e sicurezza contro il freddo, ma soprattutto pane (attraverso il grano). Il termine orizzonte viene dalla frase “il sole è risorto”, Lo stesso temine ore deriva anch’esso da Horus e indica il percorso del giorno nel corso della giornata. Anche il termine “sunset” (oscurità) ha origine in questa mitologia in quanto Horus aveva un fratello malvagio di nome Set che riusciva a sconfiggere ogni giorno. Solo la sera Sunset riusciva a sconfiggere Horus cacciandolo negli inferi. La dicotomia mitologica “l’oscurità contro la luce” e quella de “il bene contro il male” sono onnipresenti. Horus nacque il 25 dicembre dalla vergine Isis – Meri. La sua nascita era accompagnata da una stella dall’est, che i tre re seguivano per portare doni al neonato salvatore. All’età di 12 anni era un prodigo insegnante bambino. All’età di 30 anni venne battezzato da una figura nota come Anup e dal quel momento iniziò il suo ministero. Horus aveva 12 discepoli che lo accompagnavano (il riferimento all’astrologia è evidente e rappresentava il viaggio stesso); compiva miracoli (come a guarigione dei malati) e camminava sulle acque. Gli venivano attribuiti i nomi di “la verità”, “la luce”, “il figlio eletto di Dio”, “il buon pastore”, “l’agnello di Dio” ed altri ancora. Dopo essere stato tradito da Typhon venne crocefisso, sepolto per tre giorni dopodiché è risorto. La stessa struttura mitologica – non reale dunque – è comune o meglio permea quella di altre divinità in altre culture.
Nel tempio di Luxor vi sono le immagini dell’annunciazione, dell’immacolata concezione, della nascita e dell’adorazione di Horus. Le immagini iniziano con Thaw che annuncia alla vergine Isis, che concepirà Horus. Dopodichè il fantasma sacro Nef’ ingravida la vergine e abbiamo il parto della vergine e l’adorazione.
Ma perché proprio il 25 dicembre?
Il 24 dicembre una stella dell’est, Sirio, si allinea con le tre stelle più brillanti della cintura di Orione. Queste tre stelle in antichità venivano chiamati “i tre re”. Esse si allineano il 25 dicembre col punto in cui sorge il sole. Al mattino dunque “i tre re” si trovavano con la nascita del sole.
Le costellazioni fin dall’antichità era suddivise in 12 sezioni o segni dello Zodiaco. E il geroglifico più antico per Virgo (la costellazione rappresentata dal segno della Vergine) era la M modificata. La madre di Adone (Mirra) e la madre di Budda (Maya) iniziavano con la lettera M ed erano definite vergini. La costellazione della vergine era definita altresì come “la casa del pane” ed era raffigurata da una donna (che si diceva vergine) che teneva un covone di pane. Rappresentava i mesi di agosto e settembre. Quelli della mietitura del grano. Betlemme è tradotto letteralmente come la casa del pane. I commentari cattolici sono pieni di questi riferimenti. Betlemme è in realtà un riferimento alla costellazione della vergine e non un paese della terra d’Israele.
Sempre in antichità verso il solstizio d’inverno si osservava la morte del sole. Le giornate diventavano più brevi e il 22 dicembre la morte del sole si realizzava col raggiungimento del punto più basso del cielo. Quello che osservavano gli antichi per i tre giorni successivi al 22 dicembre era che il sole smetteva di muovervi verso sud. E per quei tre giorni il sole rimaneva in prossimità della croce del sud, la costellazione Crux. Il sole solo il 25 dicembre sembrava muoversi di un grado verso nord, dopo sei mesi di movimento verso sud, alimentando le attese di giorni via via più lunghi, maggiore calore e il ritorno della primavera (la salvezza). E’ per questo che venne detto che il sole è morto sulla croce, una morte che durò tre giorni dopo la quale è risorto o nato di nuovo. Ci troviamo di fronte al brevissimo periodo in cui termina il periodo di transizione e gli umani assistevano al cambiamento visibile di direzione del sole verso l’emisfero nord. La resurrezione del sole non veniva comunque festeggiata fino all’equinozio di primavera ossia a Pasqua. E’ solo in quel momento che il sole supera la forza dell’oscurità: il giorno supera la notte e le condizioni rivitalizzanti della primavera emergono con potenza nella natura.
Le sembrerà strano ma Le scrivo non in veste di ateo ma di credente sostenitore delle tesi di Bultmann sulla demitizzazione del Nuovo Testamento. I racconti della nascita a mio modesto parere si prestarono a influenze religiose dell’epoca ossia alla cultura mitologica fondata sull’astrologia, che in quell’era rappresentavano la cultura di un popolo e di uno stato.
Gradirei – se non la disturbo troppo – un cortese cenno di riscontro.
Cordialmente
Maurizio Benazzi
Gentile Sig. Benazzi,
la mole di documentazione e di fonti che lei richiede è enorme e comunque se cerca bene riesce a trovare su internet strade e sentieri e da lì può risalire a testi cartacei editi e altri non facilmente rintracciabili. Alcuni molto rari ma direi introvabili, li sto cercando da anni all’estero avvalendomi anche dell’aiuto di ambasciate e comunità autoctone varie. Mi è impossibile accontentarla poichè occorrerebbe molto tempo per assemblare il tutto e non posso dedicare tempo a questa cosa essendo impegnato a scrivere un libro che mi assorbe tempo e a volte mi rilasso scrivendo qualche articolo sui temi che, mi pare di capire, anche lei segue. La cosa che posso fare per lei è farle inviare da Axteismo una serie di email con ducomentazione varia dalla quale se ha la pazienza, con riferimenti a libri e altro riuscirà a scavarsi da solo le sue piste storiche, culturale, sociali dentro alle quali tutte le religioni restano impigliate. Mi dica lei se posso farle inviare queste mail.
Cordialità,
Ennio Montesi
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